Certamente lo sciopero del 17 novembre – grande esibizione muscolare di Cgil e Uil – si farà. Rimane un solo interrogativo: vi sarà una revisione delle modalità d’esercizio come chiede la Commissione di garanzia oppure si arriverà a un conflitto che riguarderà non solo un disegno di legge di bilancio che non merita tanta attenzione, ma produrrà uno strappo nell’ambito delle regole previste dalla legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali?



Ambedue le parti in conflitto devono fare bene i loro conti, allo scopo di non incorrere in una guerra per errore. Da parte del Governo c’è il rischio di sparare a palle incatenata da oggi a giovedì, minacciare precettazioni, denunce, sanzioni e quant’altro, per poi abbozzare se le confederazioni tengono duro sulla loro posizione e lo sciopero ha un esito corrispondente alle attese (prudenti) dei sindacati. Mentre Cgil e Uil potrebbero trovarsi nei guai sul versante giuridico a fronte di un’astensione dal lavoro sostenuta in prevalenza dai pensionati nel ruolo di “truppe cammellate” per la riuscita delle manifestazioni.



Purtroppo – al di là della guerra delle percentuali – nei settori dei pubblici servizi, uno sciopero determina comunque dei problemi. E proprio qui sta il nodo del contendere. La Commissione di garanzia, già l’8 novembre scorso, aveva chiesto la rimodulazione dell’astensione dal lavoro in alcuni settori tra cui i trasporti. E ha confermato questa direttiva anche dopo l’audizione dei vertici delle confederazioni promotrici. In particolare, la Commissione di garanzia sugli scioperi ha invitato la Cgil e la Uil a escludere dallo sciopero nazionale indetto contro la Legge di bilancio i settori del trasporto aereo e dell’igiene ambientale, a rimodulare l’orario dell’astensione per il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e a ridurre la durata dell’astensione nel trasporto ferroviario, nel trasporto pubblico locale e merci su rotaia, circolazione e sicurezza stradale ed elicotteri.



La Commissione ha sottolineato, infine, il mancato rispetto delle regole della rarefazione oggettiva e della durata massima della prima azione di sciopero. Di cosa si tratta? La regola della rarefazione oggettiva riconosce agli utenti il diritto di usufruire con relativa continuità del servizio, imponendo di conseguenza ai soggetti sindacali di distanziare le azioni di sciopero che incidono sulla funzionalità di quel servizio in modo tale da non ledere quel diritto. Ciò significa che non è consentito di bloccare contemporaneamente tutte le forme di trasporto pubblico, consentendo agli utenti che non possono prendere l’aereo di viaggiare in treno, magari modulando gli orari delle astensioni. Inoltre nel settore dei trasporti – per un motivo o per un altro – a livello nazionale e/o locale si sciopera da mesi quasi tutti i venerdì, per iniziativa ora del sindacalismo confederale ora di quello di base. Quanto alla durata massima della prima azione di sciopero la regola la limita a 4 ore; le azioni di sciopero successive relative alla stessa vertenza hanno la durata massima di una giornata solare (dalle ore 0 alle 24).

Anche l’anno scorso allora il Garante degli scioperi richiamò le due sigle sulla regola della rarefazione degli scioperi: troppe proteste in pochissimo tempo. Un copione che si sta ripetendo in questi giorni con il nuovo sciopero generale Cgil e Uil di venerdì 17 (evidentemente né Landini, né Bombardieri sono superstiziosi) contro la manovra. Non tanto per ciò che contiene, ma per quello che manca. Intervistato sul tema da Rita Querzè sul Corriere della sera Pietro Ichino conferma la tesi per cui il Garante, in realtà, eccepisce soprattutto lo stillicidio di scioperi in settori di servizi pubblici essenziali, come i trasporti, l’igiene ambientale e i vigili del fuoco. Il che contrasta con quanto prescritto dalla legge. E mette il dito nella piaga di un comportamento sindacale che sta svuotando di significato questo strumento di lotta.

A questo punto il giuslavorista cita Giuseppe Di Vittorio, leader storico della Cgil, che alla Costituente definì lo sciopero un atto grave e solenne, da usare con grande parsimonia per difenderne il valore civile e morale. Lo sciopero – secondo Ichino – perde questo carattere, e dunque la sua efficacia, se diventa una routine, come è diventato oggi. In Italia lo sciopero dei trasporti del venerdì (la questione che Salvini ha stigmatizzato con maggiore durezza e che Elly la rossa non prende nemmeno in considerazione) mira ad avvalersi dell’adesione opportunistica di chi vi partecipa solo per aggiungere un giorno di vacanza al fine-settimana.

Lo sciopero – aggiunge Ichino – avrebbe molto più valore, prestigio, peso politico, se fosse fatto nei giorni centrali della settimana, ma chi lo proclama sa che avrebbe molta meno partecipazione. Secondo il giurista, «lo sciopero deve poter essere proclamato anche da un sindacato minoritario. Nel settore dei servizi pubblici essenziali, però, si potrebbe introdurre la regola che si applica in molti grandi Paesi europei per cui la proclamazione deve essere approvata da una certa percentuale dei lavoratori interessati».

«Occorrerebbe inoltre – conclude alla grande – applicare correttamente una regola che c’è già, quella che obbliga tutte le parti, imprenditori, sindacati e lavoratori, a preavvertire gli utenti di ciò che funzionerà e ciò che non funzionerà durante lo sciopero. Oggi i lavoratori del settore vengono indebitamente esonerati dal dichiarare, con l’anticipo previsto dalla legge, la propria adesione o no allo sciopero». La conoscibilità preventiva dell’adesione delle singole persone consentirebbe di rispettare il diritto dei cittadini a conoscere almeno con cinque giorni di anticipo i treni che viaggeranno, le classi di una scuola i cui insegnanti saranno al lavoro, e così via. Questi principi erano inseriti in generale in un progetto di legge che presentò a suo tempo Maurizio Sacconi.

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