L’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti delle donne, il gruppo femminista “Non una di meno” ha invitato a scioperare le lavoratrici nel pubblico e nel privato perché “esiste la copertura sindacale generale”. Il movimento ha sottolineato che si poteva aderire pur non essendo iscritti ad un sindacato e non comunicando preventivamente l’adesione. Le donne che per un motivo o per un altro non avrebbero potuto scioperare, sono state invitate a vestire di nero o di fucsia o “praticare forme di sciopero parziali” come “non rispondere al telefono, fare solo ciò per cui sei effettivamente pagatə, non inviare dati riguardo al lavoro che svolgi, fare tutto con estrema lentezza e applicare alla lettera tutti i regolamenti in modo da lavorare il meno possibile”, come si legge nel comunicato. Ma non finisce qui.
“Non una di meno” ha invitato le donne ad attuare anche altre forme di sciopero: nel dettaglio, ad astenersi dai consumi per dare un segnale “sul piano economico e politico”, a “non acquistare prodotti di origine israeliana e di aziende complici del genocidio in Palestina e dell’apartheid israeliana”, ad “evitare mezzi di trasporto inquinanti e non utilizzare gli elettrodomestici”. Altre due forme di sciopero proposte dal movimento, ancora più peculiari, riguardano quello “riproduttivo” e “dal genere”. Proposte che hanno fatto storcere il naso a più di qualcuno e che oggi Libero analizza sulle proprie pagine.
Sciopero femminista. “Non una di meno”: “Rifiutati di fare lavori domestici”
Il movimento femminista “Non una di meno” ha proposto di attuare lo sciopero “riproduttivo” il giorno della Giornata internazionale dei diritti delle donne. Ma cosa vuol dire? “Chi ha sulle spalle il maggior carico di lavoro domestico, si ferma e si astiene rendendo visibile il proprio contributo e le proprie rivendicazioni, verso una più giusta considerazione e collaborazione” si legge. Ma non solo. C’è anche lo sciopero “dal genere”. Il movimento scrive: “Rifiutati di fare tutto ciò che ritieni ti sia imposto sulla base del tuo genere, a casa e sul lavoro”. Proposte, quelle arrivate da “Non una di meno“, che hanno lasciato sbigottite anche le stesse femministe.
Sotto il post Instagram non sono mancate le critiche al movimento per quelle idee strampalate. “Ma che senso ha mischiare femminismo, lavoro, guerra in Israele (perché poi solo questa?????), inquinamento…?” si chiede nei commenti una donna. Un’altra ancora scrive: “Onestamente – da femminista – trovo tutto un po’ un mischione confusionario. Non sono peraltro d’accordo con il suggerimento circa rallentare il proprio lavoro. O scioperi o non scioperi. Se lavoro, lavoro come so fare e faccio sempre, cioè nel rispetto della professionalità mia e degli altri”. C’è poi anche chi avanza proposte: “Invece di fare post dove buttate in mezzo eventi mondiali che non hanno alcun collegamento con la festa della donna, perché non protestate e basta per tutte quelle donne che si trovano in difficoltà?”.