Elly Schlein e Giuseppe Conte sono spariti. Nelle piazza rossa dello sciopero generale della Cgil e della Uil manco li aspettavano. Una giornata come quella di ieri, immaginata come un primo assaggio di autunno caldo, si è trasformata solo in una calda giornata di novembre. Dalla piazza è venuto fuori il solito grido antigoverno, un po’ ritrito, e quella che poteva essere la prima fase di una unione alternativa alla maggioranza di Governo non c’è stata. Il “solito” sciopero generale che chiede salari più alti, la pace, giustizia sociale, sanità più efficiente, il tutto contro la manovra finanziaria. Tacciata di essere povera e poco equa.
Che lo sia, lo si può pensare. Ed anzi forse lo pensa anche Giorgia Meloni, che avrebbe voluto molto di più, ma la fase storica è diversa. All’orizzonte l’Europa minaccia di reintrodurre i vincoli di bilancio e la Bce non ne vuole sapere di regalare denari per la spesa. Perciò è tempo di vacche magre con cui ci si fa un brodino striminzito. Discutere di 2 o 3 miliardi in più da spendere è politicamente ridicolo. Ma non c’è dubbio che i sindacati debbano, in un certo senso, organizzare i lavoratori per chiedere di più.
Ma Elly e Giuseppi? Che avrebbero detto? Elly vorrebbe tanto avere la Cgil come una borsetta prêt-à-porter rosso fuoco da cui tirare fuori i voti quando servono. Ma ha delle incompatibilità insuperabili. Su Ucraina e Israele la base della Cgil la pensa all’opposto. E non è poco. Giuseppi alla Cgil deve ancora spiegare bene il supebonus 110% sugli immobili borghesi. Ed entrambi, con la proposta del salario minimo, sono in contrapposizione con i sindacati tutti che vogliono, invece, preservare la contrattazione collettiva.
Anche sui temi dello sviluppo vanno d’accordo poco o niente. Il richiamo congiunto alla transizione verde e alle dinamiche salariali non tiene conto della disoccupazione mai così bassa, risultato che a chiunque appartenga, è un fatto che non parla di crisi ma di fabbisogno di manodopera.
Insomma, la strana alleanza tra sindacati, Pd e 5 Stelle sembra esistere solo nell’empireo. Ovvero è solo una posizione di convenienza reciproca senza progetto politico. La loro sparizione dalla piazza è frutto di questa consapevolezza. Anche la delegazione del Pd inviata alla chetichella fuori dalla piazza ha dovuto dribblare bandiere palestinesi e ammiccare alle domande sul reddito minimo. Mentre i 5 Stelle sono rimasti a casa.
Perciò la giornata di ieri dice con chiarezza che nessuno dei tre ha ancora la stoffa per guidare gli altri. Ognuno agisce secondo convenienza e senza un disegno preciso, limitandosi a fare una comparsata televisiva in cui si maledice un Governo che non spende soldi che non ha. Questo è il limite. Non c’è un vero progetto di alternativa perché l’analisi politica non coincide. E senza avere una base comune di lettura, nessuna alternativa è possibile. E proprio questa immaturità rafforza la Meloni da un lato e dà fiato ai rossobruni di estrema sinistra che pensano di vivere nel 1923 e perciò leggono tutto con chiarezza. Solo che hanno cento anni di ritardo.
Non è quella la piazza alternativa, non lo è stata e non potrà esserlo. Perciò chi cercava Elly e Giuseppi tra le rosse bandiere dei lavoratori in sciopero se ne faccia una ragione. Non è ancora tempo. A sinistra manca una visione chiara, una leadership accettata, una lettura del mondo del 2024 che offra sponde e soluzioni per i problemi della modernità. Per ora l’opposizione la fa parte della magistratura, qualche professore in tv, a tratti il sindacato, i giornali politicamente corretti. Riempiono un vuoto che, ormai pare chiaro, se Schlein e Giuseppi non troveranno il modo di riempire li risucchierà. Facendoli sparire, come dalla piazza in cui ieri non sono andati.
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