Per capire che cos’è veramente lo sciopero cosiddetto generale proclamato dalla Cgil di Maurizio Landini e dalla Uil bisogna fare una premessa, e cioè leggere bene la delibera della Commissione di garanzia che ha scatenato le polemiche. La protesta sindacale contro la manovra del governo Meloni è di 8 ore nel Centro Italia ma riguarda tutto il Paese per tre settori: trasporti, scuola e pubblica amministrazione. Secondo la Commissione, tuttavia, non è stato osservato l’intervallo di 10 giorni tra due scioperi nello stesso settore in tre ambiti: trasporto aereo, igiene ambientale e vigili del fuoco. Inoltre lo sciopero nazionale è stato considerato “intersettoriale” dai Garanti, perciò deve rispettare la durata massima che, ad esempio, per trasporto aereo, trasporto pubblico locale, sicurezza stradale ed elicotteri è di 4 ore.
È dunque scorretto sostenere, come hanno fatto Cgil, Uil e i partiti di opposizione a rimorchio, che i Garanti hanno impedito lo sciopero generale: sono state poste limitazioni ad alcuni settori, già martoriati negli ultimi mesi come milioni di pendolari sanno bene. L’agitazione in calendario per venerdì 17 è sostanzialmente una protesta politica, secondo la più limpida tradizione della sinistra. Lo si poteva capire già dal fatto che allo sciopero generale non aveva aderito la Cisl. Se n’è avuta conferma con le reazioni delle confederazioni contro la delibera della Commissione di garanzia, che a loro volta hanno provocato la dura risposta del ministro Matteo Salvini, che ha parlato dell’ennesimo “weekend lungo” per i lavoratori sindacalizzati. Va notato che il ministero dei Trasporti non è mai intervenuto per fermare le agitazioni. Lo hanno fatto i Garanti ed è scoppiato il caos.
Nei cinque anni di governi di sinistra (2013-18) non si ricordano raffiche di scioperi come quelli organizzati nel primo anno di governo Meloni, nemmeno quando il premier Matteo Renzi varò la riforma del mercato del lavoro chiamata Jobs Act che minava alcuni capisaldi dello Statuto dei lavoratori. Niente al confronto dell’ondata di proteste contro l’esecutivo di centrodestra. I numeri sono questi, ricavati dal sito Internet del ministero che censisce gli scioperi. L’anno scorso, dal 1° gennaio al 20 ottobre, vigilia del conferimento dell’incarico a Giorgia Meloni di formare il nuovo governo, sono stati proclamati 21 scioperi generali dalle diverse sigle sindacali nelle varie categorie, di cui due revocati. In media due al mese. Da allora, compresi quelli di venerdì, se ne sono contati 45, di cui due revocati. Quasi uno a settimana.
Ieri sera il vicepremier Salvini ha deciso la precettazione. Per il trasporto pubblico l’agitazione potrà durare quattro ore, dalle 9 alle 13, secondo quanto rilevato dalla Commissione di garanzia. Una violazione dell’ordinanza ministeriale comporterebbe sanzioni pecuniarie a carico dei sindacati e dei singoli lavoratori che scioperano. Ma Landini ha già detto che la precettazione “è un atto politico gravissimo. Non c’è alcuna ragione oggettiva né di urgenza che motiva questo intervento ed è un esplicito attacco al diritto di sciopero. Confermiamo che lo sciopero ci sarà”. Si va dunque allo scontro, ed è uno scontro tutto politico.
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