Anche i giudici amministrativi si accodano alla schiera delle toghe ostili al governo Meloni? L’ombra del sospetto è stata lanciata da Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e trasporti. L’indiziato numero uno è il giudice monocratico del Tar del Lazio che ha dato via libera allo sciopero generale di oggi proclamato dall’Unione sindacale di base (Usb): 24 ore con i mezzi pubblici nei depositi. L’ennesimo sciopero politico nel settore dei trasporti, che si aggiunge all’interminabile stillicidio di astensioni dal lavoro grandi e piccole, in città grandi e piccole, e segue a ruota il blocco dei mezzi – anche quello interamente politico – deciso da Cgil e Uil sempre di venerdì. Dopo la proclamazione, il ministro aveva disposto la precettazione riducendo a 4 le ore di astensione dal lavoro. Ma l’Usb ha presentato ricorso al Tar del Lazio che ieri l’ha accolto in quanto non ci sarebbero le condizioni per precettare i lavoratori del settore. In precedenza, la Commissione di garanzia non aveva ravvisato irregolarità nello sciopero.
Per il Tar “i richiamati disagi discendenti dallo sciopero appaiono riconducibili all’effetto fisiologico proprio di tale forma di astensione dal lavoro, né emergono le motivazioni in base alle quali i disagi eccederebbero tale carattere”. Per i sindacati, quella che doveva sembrare una mano tesa (riformare assieme le regole) è apparsa come l’ennesima prevaricazione. E così oggi tutti a piedi: “Sarà una grande giornata per la democrazia”, ha scritto l’Usb in un comunicato.
Non solo. Lo stesso Tar del Lazio, infatti, ieri ha anche sospeso parzialmente il decreto interministeriale Salvini-Piantedosi sugli Ncc (auto a noleggio con conducente), nella parte che prevede una sosta di 20 minuti fra una corsa e l’altra nonché la registrazione dei dati su un foglio di servizio elettronico. Gli autisti avevano contestato la disposizione e ieri sono scesi in piazza in 12 città. La sospensiva è fino al giudizio di merito, il 13 gennaio.
Salvini ha proclamato sui social che sarà “l’ennesimo venerdì di caos” per il quale “i cittadini potranno ringraziare un giudice”. Non occorre essere dei Nostradamus per dare ragione al ministro. Nei giorni scorsi i pendolari e i viaggiatori che il venerdì rientrano a casa dalle grandi città avevano fatto di tutto per trovare mezzi alternativi. Quando era arrivata la precettazione la caccia al posto in treno o in traghetto era ripresa. E ieri ripartenza da zero. Peggio andrà per il pendolarismo locale, che resterà tutto il giorno in balia delle incerte fasce di garanzia e dunque andrà a intasare il traffico cittadino.
Il motivo delle braccia incrociate è il solito: dalla manovra piena di tagli, ai prezzi in continua crescita, fino agli stipendi bloccati da tempo immemorabile. Invece il vicepremier insiste sulla richiesta di cambiare “insieme ai sindacati” la legge sullo sciopero perché “non penso sia utile andare avanti di scontro in scontro, di precettazione in precettazione”. Se gli scioperi sono questi, con disagi inversamente proporzionali al peso di chi li proclama, è chiaro che qualcosa non funziona. Ma secondo il vicepremier, forse c’è qualcosa da registrare anche tra le magistrature che continuerebbero ad alzare le barriere contro i provvedimenti governativi.
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