Otto ore di sciopero e scritte “Soppresso” su schermi di rabbia, il primo treno verso casa invaso. Corpi attaccati, fiati asserragliati. Dalla cabina di testa, una voce rimbomba meccanica attraverso il microfono. “Si prega la gentile clientela di stringersi il più possibile.” Parole volgari in coro, un’orchestra unanime a cui non serve il direttore.



Dello sciopero si è saputo ieri mattina all’ultimo, tra studenti pronti per le lezioni e lavoratori già sull’uscio di casa. Sulle carrozze, tra le parole accalcate di chi questa mattina non lo sapeva, la profezia che si conosceva era quella di uno sciopero generale previsto per il 15 dicembre.

Poi l’imprevisto inatteso di Corigliano-Rossano, Calabria, martedì 28 novembre 2023. L’indignazione per le vite arse tra le fiamme è doverosa, ma il messaggio che passa è che per far “vedere” il proprio dolore serve scardinare l’ordinarietà di chi viaggia per lavoro o per motivi di studio.



Ma se davvero non si tratta di un braccio di ferro a chi ha l’ultima parola tra i sindacati e il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, perché assistere con impotenza a porte sfondate e ritardi accumulati mentre i corpi cercano di stiparsi nel ventre di molti regionali lombardi? Se non è una provocatoria contestazione alle ultime precettazioni del ministro Salvini, come può la rabbia di migliaia di viaggiatori simboleggiare il ricordo delle due vite perse in un drammatico incidente?

Insieme alle risposte, si attende per oggi una nuova giornata di sciopero e disagi. Questa volta, però, si ritornerà alla giornata di ieri prima di decidere se mettere il naso fuori casa. E così a scioperare non saranno solo le ferrovie.



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