L’addio di Alessandro Di Battista al Movimento 5 Stelle ha scosso il mondo grillino. Nelle ultime ore è tornata di moda l’ipotesi scissione, con numerosi parlamentari pronti a seguire il pasionario. Come ben sappiamo, numerosi esponenti pentastellati non hanno con soddisfazione le mosse dei vertici sul governo Draghi, tanto da organizzare un Vaffa-day virtuale. Sul tema è intervenuto l’ex ministro Riccardo Fraccaro: «Mi auguro che altri non lo seguano. Spero di no, e credo sia giusto rispettare la scelta di tutti gli iscritti», le sue parole ai microfoni de Il Fatto Quotidiano.
Come dicevamo, l’addio di Alessandro Di Battista ha acceso il dibattito tra le fila grilline. Netto il giudizio di Alessandro Pizzarotti, sindaco di Parma ed ex M5s, ai microfoni di Adnkronos: «Essere fuori dal contesto politico senza mai sporcarsi le mani è la cosa più semplice di questo mondo: come parlamentare Di Battista non ha mai fatto una proposta di legge, mai una interpellanza, mai si è preso una responsabilità che fosse una». Pizzarotti ha poi paragonato Di Battista a Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento: «La differenza è che quello è un romanzo, la politica e la realtà sono altra cosa». (Aggiornamento di MB)
DI BATTISTA SALUTA IL M5S: “MI FACCIO DA PARTE”
Doveva essere la notizia del giorno in casa M5s il voto sulla piattaforma Rousseau per l’adesione o meno al Governo Draghi e invece un altro “terremoto” si è abbattuto sul Movimento 5Stelle con il rischio ora di una vera e propria scissione: l’addio in serata di Alessandro Di Battista, stufo del tentativo dei vertici (Grillo, Di Maio, Crimi) di avvicinarsi a partiti e temi distanti anni luce dalle battaglie grilline della prima ora. In un video “bizzarro” dalla cucina di casa sua, il “Dibba” si pronuncia contro i risultati del voto su Rousseau: «Stavolta non ce la faccio. Da diverso tempo non sono in accordo con alcune scelte del M5S, è più che legittimo. Non posso far altro che farmi da parte. Da ora in poi non parlerò più a nome del Movimento 5 Stelle anche perché in questo momento il Movimento non parla a nome mio».
Per Di Battista la colpa è avvicinarsi ai “personaggi” come Draghi, Berlusconi e Salvini: «D’ora in poi – ha concluso l’ormai ex leader “movimentista” ed ex pupillo di Grillo – non posso far altro che parlare a nome mio e farmi da parte. Se poi un domani la mia strada dovesse incrociarsi di nuovo con quella del M5S, vedremo: dipenderà esclusivamente da idee politiche, atteggiamenti e prese di posizione». Ora però sono le conseguenze a preoccupare in casa M5s: l’addio di Dibba potrebbe non essere l’unico, anche visto la spaccatura resa evidente dal 60-40 col quale si consumato l’esito di Rousseau. E se al momento i numeri in Parlamento non spaventano la nascita del Governo Draghi, alla lunga è il partito di maggioranza relativa che rischia di vedersi ridimensionato e non di poco la forza parlamentare (già compromessa in parte da diversi addii/espulsioni/cambi casacca dal 2018 ad oggi).
DOPO L’ADDIO DI DIBBA IL RISCHIO SCISSIONE
La “fronda” di ribelli all’interno del Movimento 5Stele, vicina alle posizioni di Di Battista, conta 40 tra deputati e senatori come evidenziato dalle lettere pubbliche emerse prima del voto su Rousseau contro la natura «manipolatoria, faziosa e tendenziosa» del quesito scritto da Vito Crimi (sotto il “consiglio” di Beppe Grillo). Di questi 40 però al momento sono 10 pronti a non votare sicuramente la fiducia al Governo Draghi nonostante il voto su Rousseau li vincolerebbe a fare diversamente: si tratta di Mattia Crucioli, Pino Cabras, Nicola Morra, Barbara Lezzi e forse anche Danilo Toninelli. Con loro incerto anche Emanuele Dessì, mentre sarebbero 10-15 i senatori con 20-25 deputati indecisi sul da farsi per i prossimi mesi.
Pesa infine quel 40% di base grillina contraria al Governo Draghi e sul quale i “ribelli” potrebbero far forza per rivendicare ai vertici pentastellate le proprie ragioni. In tutto questo, si inserisce la difficile situazione di Davide Casaleggio considerato da tempo “separato” in casa e distante dalla linea prima pro-Conte e ora pro-Draghi: «Alessandro è fondamentale per il Movimento. E’ una persona che stimo, in grado di portare avanti con coerenza i principi e le battaglie del M5S. Anche grazie a lui e alla sua passione durante questi anni, oggi molti siedono in posizioni importanti nelle istituzioni. Questa sua scelta dimostra per l’ennesima volta l’onestà intellettuale di Alessandro ed è proprio di questa coerenza che ha bisogno il Movimento. Chi oggi guida l’azione politica del M5S dovrà fare in modo di non gestire questo momento con arroganza oppure la larga parte contraria alla scelta di ieri potrebbe allontanarsi. Spero che tutti coloro che hanno a cuore il Movimento lavorino per creare le condizioni perché persone come Alessandro possano sentirsi a casa nel Movimento 5 Stelle», scrive su Facebook il figlio del fondatore Gianroberto Casaleggio. Secondo una fonte interna del M5s al Sussidiario lo stesso quesito di Rousseau è stato voluto da Davide Casaleggio per mettere in difficoltà Grillo e Di Maio rivelando il “nervo scoperto” della base M5s tutt’altro che unita alle ultime decisioni politiche nazionali.