Il voto di fiducia al Senato si avvicina – domani il discorso del Premier Draghi alle ore 10, nel pomeriggio il voto a Palazzo Madama – e la situazione in casa M5s è sempre più in fibrillazione: nelle prossime ore (alle 21.30) sarà convocata un’assemblea urgente dei parlamentari per provare ad arginare la “minaccia” di 70 grillini che potrebbero non votare domani la fiducia all’esecutivo dove siedono 4 ministri del M5s come Di Maio, Dadone, D’Incà e Patuanelli. Una parte pronta al No, una parte limitata andrebbe verso l’astensione, l’ala di maggioranza tesa a sostenere la linea di Crimi e Grillo. In giornata è apparso online un lungo appello di diversi attivisti e parlamentari 5Stelle – tra cui le senatrici Barbara Lezzi, Luisa Angrusani, Bianca Laura Granato e diversi portavoce locali.
Al garante Grillo e al capo politico reggente Crimi si chiede «l‘immediata apertura di una discussione su Rousseau per poter valutare, tra l’altro, sull’immediata nuova consultazione, che ponga gli iscritti nella possibilità di esprimersi sulla base di un quesito onesto, sincero, veritiero e reale sul ruolo del Movimento 5 Stelle nel Governo Draghi, e quindi una chiara espressione di voto degli iscritti, tale da consentire ai Portavoce nazionali di non avere dubbi sull’indirizzo politico dell’Assemblea al quale uniformarsi». Fanno discutere le dichiarazioni all’Adnkronos dell’ormai ex M5s Alessandro Di Battista che aumenta il “vento di scissione” attorno al partito: «Se fossi ancora un parlamentare – spiega l’ex deputato in aperto scontro con i vertici grillini – chiederei immediatamente al neo-ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani di venire in Aula e spiegare nel dettaglio al Parlamento, quindi alla Nazione, la vicenda raccontata questa mattina dal Fatto Quotidiano. Ovvero un finanziamento di 3,5 milioni di euro elargito dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), all’epoca diretto dallo stesso Cingolani, al laboratorio di nanotecnologie di Lecce diretto dalla sua ex-moglie».
SENATRICE GRANATO: “I MINISTRI SI RITIRINO”
«Una scissione? Dal mio punto di vista io mi stento M5s fino al midollo. Poi vediamo, se M5s va in altra direzione valuterò, fino ad ora ci siamo sempre intesi», ha spiegato a La7 il senatore M5s Nicola Morra, Presidente della Commissione parlamentare Antimafia. L’aria che tira in casa 5Stelle è tutt’altro che lieta e per Morra occorre fare urgentemente un passo in avanti: «Io a priori non do la fiducia a scatola chiusa, valuterò per singoli provvedimenti. Tutti auspicavano tra l’altro un governo di alto profilo […] Io escludo di votare a favore sulla fiducia al governo Draghi. Spero di poter ottenere, attraverso un dibattito interno alla nostra assemblea, una posizione comune che consenta di non tradire i suoi valori e la sua storia».
Morra, come Lezzi e Toninelli hanno richiesto ai vertici M5s la ripetizione del voto su Rousseau, ma il “no” giunto da Crimi e Grillo ha di fatto incendiato la base e una densa parte di parlamentari. Una di questi, la senatrice Bianca Laura Granato, non usa mezzi termini su Facebook: «se entriamo adesso con ministri nostri, rinunciando a molti parlamentari e consiglieri che abbandoneranno il Movimento, perderemo un capitale umano fondamentale per il gruppo, ma anche economico: rischiano il posto di lavoro tanti dipendenti del gruppo, sia dell’ufficio legislativo, sia dell’ufficio comunicazione, perché le quote destinate al gruppo nelle due Camere diminuiranno in proporzione». La scissione dei “malpancisti” viene data come scontata dalla Granato che lancia un appello ai Ministri Di Maio, Dadone, Patuanelli e D’Incà: «in cambio di 4 ministri che non metteranno mano al Recovery and Resilience Fund, che non conteranno nulla, la via d’uscita più onorevole che ci consentirebbe una politica di qui in avanti dignitosa e rispettosa del nostro mandato elettorale sarebbe il ritiro dei nostri Ministri per avere le mani libere per poter garantire al Paese una opposizione credibile e con un peso politico serio».
M5S A RISCHIO SCISSIONE
«Non facciamo finta che tutto va bene, vi siete fatti infinocchiare dalla vecchia politica marcia. Quella che detestavate. Non avete sostenuto Giuseppe Conte e siete saliti subito sul carro del burocrate per un governo che doveva essere di alto profilo»: sono di questo tono (per non citare quelle più indicibili) le contestazioni che appaiono sotto gli ultimi post del M5s che indirizzano la linea pro-Governo Draghi. Nel “mirino” Vito Crimi, reggente politico “pro tempore”, ma anche Luigi Di Maio e lo stesso Beppe Grillo: gli si contesta l’ingresso nell’esecutivo pronto alla fiducia questa settimana, con un voto su Rousseau che non convince buona parte della base grillina e degli stessi parlamentari che infatti meditano una potenziale “scissione” in vista del voto in Parlamento mercoledì e giovedì.
Sono giorni caldissimi in seno al Movimento 5Stelle, non piace praticamente nulla di quanto va profilarsi nel prossimo Governo: la presenza della Lega e di Berlusconi ma soprattutto quei Ministeri economici e ambientali andati tutti a figure tecniche scelte dall’ex nemico-Governatore Mario Draghi. Secondo il Corriere della Sera sarebbero addirittura 70 i “malpancisti” M5s tra le forze parlamentare M5s: 30 senatori e 40 deputati, pronti a non votare la fiducia in aula e che preoccupano non poco la dirigenza grillina che teme così un forte indebolimento anche per i prossimi incarichi tutti da scegliere tra viceministri e sottosegretari. «Fai un favore al mondo e al Movimento, sparisci», si scorge tra i commenti più duri e netti contro Vito Crimi il quale, secondo il Corriere della Sera, nell’assemblea degli scorsi giorni ha provato a difendersi «Da domani cominceremmo a spingere per avere un numero adeguato e anche superiore di sottosegretari alle dimensioni del gruppo. Se siamo meno di 282 a votare la fiducia ovviamente cambiano le percenuali e il numero di sottosegretari spettanti. Quello che cercavo di farvi capire sul potere contrattuale».
IN RIVOLTA ANCHE L’ALA GOVERNISTA
Crimi con Grillo e Di Maio – tutti schierati con Draghi e contro la linea Di Battista-Lezzi – ribadisce «Abbiamo ancora tre giorni per salvare la faccia e rimanere compatti: è il momento di provare ad ascoltarci l’un l’altro»: il tempo scorre e la fiducia tra mercoledì e giovedì verrà votata in Aula per il primo discorso del Premier Mario Draghi. All’opposizione al momento siederanno Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana ma una larga componente M5s potrebbe essere tentata a opporsi all’esecutivo lanciando definitivamente la scissione per ora solo paventata e molto temuta.
C’è però un secondo fronte di scontro e questa volta arriva dall’ala “governista” contro uno delle voci fino all’altro ieri più ascoltate e autorevole all’interno del Movimento: Davide Casaleggio in un post sul Blog delle Stelle nei giorni scorsi ha scritto «Se non sarà possibile sottoporre un nuovo quesito agli iscritti – sulla partecipazione al Governo Draghi, dopo le polemiche sul quesito considerato “fazioso” da diversi parlamentari M5s – credo sia comunque importante non creare una divisione nel gruppo parlamentare. Molti parlamentari mi segnalano che vorrebbero votare contro non essendo passibili di sanzioni disciplinari sulla base dei precedenti e delle regole attuali, ma credo sia importante in questo momento lavorare per la massima serenità di tutti nel rispetto di regole e principi che ci siamo dati». Non è stata presa affatto benissimo come posizione ed è stata colta come un nuovo atto di sfida alla linea Grillo-Crimi, tanto che diversi eletti M5s lamentano all’Adnkronos l’ingerenza del figlio del fondatore: «E’ un’ingerenza gravissima e senza precedenti. È arrivato il momento di staccare la spina a Rousseau».