«Per me (Ratzinger, ndr) è una testimonianza clamorosa, in un tempo di individualismi dove tutti sono tesi solo a giustificare la propria persona e a dire “io son fuori da questa responsabilità, non c’entro, gli altri faranno quello che vorranno»: non ha dubbi il Cardinal Angelo Scola, dal suo “buen retiro” sul Lago di Como sopra Oggiono, commentando con “La Repubblica” la lettera di Benedetto XVI in risposta alla Diocesi di Monaco sullo scandalo della pedofilia nella Chiesa.
Parte da lontano l’analisi dell’Arcivescovo Emerito di Milano sul problema della Chiesa, unendo la denuncia contro “la mondanità” lanciata da Papa Francesco nell’ultima intervista a “Che Tempo che Fa” e la trattazione di Papa Ratzinger sul fronte pedofilia: «indagini in Italia? Sono i vescovi italiani a dover decidere», spiega Scola illustrando come «Noi paghiamo le difficoltà di una vita della Chiesa che dopo la seconda guerra mondiale riempiva le parrocchie di gente con le varie associazioni che pullulavano di impegno e fervore, senza che ci si chiedesse il “perché” e il “per chi” di questo stesso impegno, perché si andava massicciamente a messa, perché ci si dedicava al volontariato. Prevaleva la convenzione sulla convinzione». È però da quel non entrare nelle ragioni profonde della fede e dell’impegno sociale che, secondo il Cardinale, «è nata la deriva e una reale scristianizzazione con tutte le conseguenze».
L’AMICIZIA CON RATZINGER E L’ESEMPIO PER LA CHIESA
Se grandi nemici della Chiesa, come dice ancora il Santo Padre citando De Lubac, sono lo gnosticismo («fede rinchiusa nel soggettivismo») e il pelagianesimo («fare affidamento sulle proprie forze e sentirsi superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile di vita») per Scola la vera salvezza per l’umanità e la Chiesa stessa – anche contro i confini tremendi della pedofilia – «viene da donne e uomini che accolgono la grazia di Cristo e che sono aiutati a domandarsi “perché” e “per chi” seguono il Signore». Persone insomma come il Papa Emerito: ancora Scola da “La Repubblica” «Ratzinger è un uomo che strutturalmente si concepisce a servizio della verità. L’ha detto bene anche padre Lombardi sull’Osservatore Romano: Benedetto serve la verità». Benedetto XVI ha respinto le accuse e l’escamotage di farlo passare da “bugiardo”, mostrando invece che rabbia o rancore, «la volontà di vivere il senso di comunione ecclesiale prendendosi sulle spalle la responsabilità di quanto fa ogni membro della Chiesa e dell’intero popolo di Dio, nel bene come nel male». Se è vero che le responsabilità restano sempre personali, secondo il Card. Scola la «solidarietà implicata nella comunione che è il bene più importante che Cristo ha portato» è perfettamente espressa dalla lettera di Papa Ratzinger. Invece di fuggire, in piena “imitatio Christi”, «prende su di sé il peccato di tutti, lo assume fino in fondo sul palo ignominioso della croce»: quella lettera sulla pedofilia in realtà è una lettera su tutto, sull’umanità, sulla vicinanza alla morte e sulla grandezza del messaggio di Cristo. Conclude Scola: «La lettera dice di un uomo che, nell’ombra della morte, si dona. Questo è il senso più vero dell’abbandono. Le fatiche e le prove di questa vita lunga non gli tolgono la felicità. Davanti a sé vede bene le sofferenze delle vittime e prova vergogna di quel terribile crimine che è la pedofilia, ma insieme sa che, dal dono dell’amico Gesù – come lui dice – in croce, può fiorire l’implorazione del perdono».