Novità sul caso della piccola Kata. La mamma, al TgCom24, ha smentito la diffusione della notizia per la quale ci sarebbe stata una telefonata tra il nonno della bimba, in Perù, e il padre della piccola: “Non è vero, non so come mai sia uscita questa storia falsa. Non abbiamo ricevuto nessuna chiamata, poi non è in carcere in Perù, è qui in Italia. È impossibile che nessuno abbia visto niente. So che qualcuno ha visto”. Parole confermate anche dall’avvocato della donna: “Il nonno di Kata non ha mai pronunciato quelle frasi. Sia Katherine che Miguel hanno chiarito la propria posizione agli inquirenti. I genitori hanno chiesto agli inquirenti di essere ascoltati”.
La pista peruviana però esisterebbe, secondo Morning News. Una telefonata ci sarebbe stata ma non con il nonno: sarebbe intercorsa tra il papà e il fratello, residente in Perù. Miguel avrebbe chiesto all’uomo di indagare negli ambienti malavitosi peruviani per capire se sapessero qualcosa della scomparsa della piccola. La telefonata sarebbe già agli atti e gli inquirenti sarebbero indagando ormai da settimane ma non sarebbero emerse, al momento, nuove piste.
Scomparsa Kata: il nonno non è in carcere in Perù
Il nonno del quale si parlava ieri, in merito alla presunta telefonata, è a Firenze e non è mai stato in carcere. L’altro nonno è in Perù ma non sarebbe lui il protagonista della telefonata incriminata. Nonostante le smentite della mamma di Kata, dunque, questa chiamata ci sarebbe stata ma non sarebbe il nonno il protagonista, bensì un fratello del papà, dunque zio della piccola scomparsa lo scorso 10 giugno. Nel frattempo continuano le indagini e la pista della vendetta per il racket dell’ex hotel Astor rimane quella principale, con lo zio materno al centro delle indagini.
I genitori della bimba sono stati ascoltati dalla Procura perché volontariamente hanno voluto negare la telefonata e il contenuto: il nonno è a Firenze e non in carcere in Perù, come si era detto. La mamma esclude che la bimba sia stata presa per errore e continua a sostenere la pista della violenza. Intanto proprio Katherine, a due mesi dalla scomparsa della bimba, è tornata a lavorare.