Per Elly è un autunno fuori stagione, si spera. Come foglie di acero, dai rami cadono i comuni da decenni “rossi”. Il tappeto umido di lacrime per le città simbolo perse di Ancona e Brindisi (con quest’ultima piena di operai e nel pieno di una crisi ambientale) diventa una pozzanghera per la definitiva perdita di intere zone della Toscana. La Sicilia continua la sua marcia verso un altrove “di destra” e le solitarie roccaforti campane sono poca cosa per numeri e importanza. E Vicenza, unico trofeo, vota un candidato che Elly manco ha visto prima del voto.



La linea della segretaria è ancora giovane. Ma invece che far spuntare germogli dai rami con la “linfa nuova” del gruppo dirigente appena insediato, sembra che la pianta del fu ulivo stia ormai rinsecchendo anche sul lato in cui era forte: i sindaci e le elezioni a doppio turno.

Ora la colpa la avrà “il vento della destra”, ma come ogni soffio d’aria non fa altro che scuotere le piante. Se fosse un vento di autunno fuori stagione si può sperare che passi, ma se invece è un libeccio estivo che rende forti ed impollina le piante sane e fa cadere le foglie ed abbatte quelle rinsecchite, allora per Elly i tempi si fanno duri assai. Le radici della sua elezione sono superficialmente ancorate al suolo della sinistra più radicale nei contenuti e nelle alleanze, per intenderci una cultura che ritiene impossibile dialogare con i riformisti o allearsi con chiunque non faccia atto di fede nel credo progressista declinato a modo di chi lo ascolta. Neppure i 5 Stelle sono eleggibili, figurarsi l’odiato (e ormai sconquassato) terzo polo.



A furia di darsele di santa ragione accusandosi di ogni male al mondo hanno finito per convincere gli elettori che sono una brigata inaffidabile e senza guida. E su questo nessuno pare voler cedere il passo. Conte sogna un 10% alle europee per diventare commissario in quota Verdi, Elly di superare il 25 e prendersi la leadership in Europa del Pse, il terzo polo di superare Forza Italia e finire al centro dello scacchiere. Tutti vogliono qualcosa di diverso da quello che vogliono gli elettori: un’alternativa credibile al centrodestra di Governo.

Costruirla è un’impresa che presuppone abbandonare posizioni identitarie e contrapposte e chiarire quale linea politica contrapporre ad una visione nazionalista dello Stato, federalista delle regioni e di tutela della tradizione borghese della società.



Se non si troverà una proposta alternativa che piaccia agli elettori ed una leadership che sappia declinarla non basterà prendersela con il vento. Vorrà dire che gli attuali esponenti dell’ex campo largo sono in gioco per testimoniare quello che credono e per proprio tornaconto, non per vincere e cambiare la società. Del resto che la politica sia il gioco più alto per diventare protagonisti del potere ed usarlo per cambiare le cose dovrebbero saperlo. Sperare che le cose cambino e che arrivi il proprio turno significa giocare a dadi con il futuro e sperare che arrivi il numero buono. Ma si sa, statisticamente potrebbe accadere ben oltre i tempi che si immaginano e nel frattempo la Storia troverà il modo di andare dove ritiene, facendo a meno di tutti loro.

Perciò adeguarsi ai tempi e capire come intercettare il consenso per cambiare le sorti dovrebbe essere il vero impegno di Elly e company. Non darsi alla meteorologia e prendersela con il vento. Che quando lo sai usare da buon velista, invece, ti può portare ovunque. Anche al governo.

Invece continuare con le petizioni di principio, differenziarsi al proprio interno e dare per scontata la propria marginale posizione nello scenario politico nazionale è un errore che D’Alema non fece. Massimo, avesse tempo, dovrebbe ricordare ad Elly come portò il Pds al governo accettando l’alleanza (e la guida) di un ex democristiano aprendo una stagione comunque nuova per il Paese e la sinistra italiana. Sapeva che erano diversi e su tante cose inconciliabili, ma seppe farsi interlocutore per un alleato improbabile e fu lui credibile per il Paese. Ed anche allora il vento soffiava in direzioni diverse, ma D’Alema si allenava con uno skipper su Ikarus a vela. Non andava in giro con l’armocromista. Forse per questo ne capiva di venti, da ovunque spirassero.

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