Per Franco Bechis, direttore del Tempo, Salvini dovrà mollare il sottosegretario Armando Siri perché il prezzo politico di uno scontro con M5s avrebbe un costo maggiore, soprattutto in vista delle europee. Ma nemmeno l’esito del voto europeo mette a vero rischio il governo: “la situazione resterà così, di alleanza tesa tra M5s e Lega”. Almeno fino al 2020.
Che piega sta assumendo la vicenda del sottosegretario Siri?
Molto dipende da Salvini. Deve decidere se Siri vale il governo oppure no.
Ha fatto bene finora a tenere il punto?
Non è facile rispondere, perché in questa inchiesta molto dipende dal materiale giudiziario che man mano verrà reso pubblico. La vicenda non si limita a un paio di telefonate. Paolo Arata è stato intercettato e pedinato per molti mesi, durante i quali ha avuto rapporti con Siri.
E qui arriviamo alla famosa intercettazione. Sembrava che non ci fosse, ieri è stata depositata dalla Dia al tribunale del riesame.
La registrazione c’è, è stata interrotta quando è risultato chiaro che Siri sarebbe andato alla cena in cui avrebbe visto Arata. Un parlamentare non può essere registrato, a meno che non si trovi coinvolto in modo imprevisto in una intercettazione già in corso.
Cosa si sa di questa intercettazione?
Si sa che è stata depositata. Gli stessi avvocati delle parti non sono potuti andare a prenderla pur avendone il diritto, perché il deposito è avvenuto dopo l’orario d’ufficio. E comunque il testo dell’intercettazione non è quello pubblicato nei giorni scorsi. C’è una conversazione nella quale gli Arata, padre e figlio, parlano alla presenza di terzi di una persona dicendo che l’operazione è cosata loro 30mila euro. Si dice che quella persona è stata incontrata nel tal giorno e nel tal posto. Non viene citato Siri, ma deduttivamente, sulla base dei pedinamenti e di altri elementi dell’indagine, la persona sarebbe lui.
Come mai di quella frase sono circolate versioni diverse?
È stata virgolettata una frase che evidentemente non era testuale. Se la versione testuale esiste non può comparire diversamente su tre giornali differenti. Vuol dire che chi ha virgolettato il testo non avrebbe dovuto farlo.
Salvini cederà o no?
Secondo me sì, alla fine sì.
Non ne uscirebbe politicamente indebolito?
Si indebolirebbe molto di più se facesse saltare il governo per difendere un sospettato di corruzione. Vale anche per il suo elettorato, ovviamente non tutto. Di qui alle europee si troverebbe a dover difendere una trincea impopolare proprio nel rush finale.
Come fa a dirlo?
La sua crescita di consenso è avvenuta anche a danno del M5s, di conseguenza almeno una parte del suo nuovo elettorato è molto sensibile alle questioni della giustizia.
Prima ha fatto riferimento alla mole del materiale giudiziario. Dobbiamo aspettarci uno stillicidio di informazioni, e dunque altri scossoni?
Non sappiamo cosa accadrà, né sappiamo quello che sa Salvini, però quello che sappiamo noi sa anche lui: che la mole di intercettazioni è ben più vasta di quello che è trapelato fino ad oggi.
Questo vuol dire che la vicenda sarà lunga.
Certo. Molte intercettazioni dovranno essere utilizzate, se non altro per sostenere l’accusa contro Arata. Ma poiché vi è coinvolto Siri, occorrerà l’autorizzazione del Senato; della giunta fanno parte anche parlamentari a 5 Stelle e non mi stupirei se trapelassero i contenuti, non proprio testuali ma quasi, diventando di dominio pubblico in 24 ore. Il caso è spinoso, complicato. Ma a resistere si complica di più.
Oltretutto c’è di mezzo anche Salvini: avrebbe visto Arata solo una volta, in un evento pubblico.
Dev’essere così per forza… se i contatti sono stati più d’uno, il caso rischia di diventare irrisolvibile. Anche contatti di assoluta irrilevanza dal punto di vista penale diventerebbero rilevanti sotto il profilo politico.
E se guardiamo questa vicenda dal lato di M5s?
I Cinquestelle l’hanno giocata in modo maldestro fin dal primo minuto. Non può bastare un lancio d’agenzia per ritirare le deleghe al sottosegretario del proprio socio di governo. Bisognava vedersi, parlarsi, concordare alcuni passaggi minimi.
Non crede invece che per Di Maio e i suoi sia stata la manna da cielo per mettere in difficoltà Salvini, che vale 12 punti più di loro?
Tra avversari politici sì che sarebbe un’occasione d’oro, ma M5s e Lega non sono avversari politici perché governano insieme. Certo sarà anomalo vederli contro alle politiche, quando uno dovrà difendere i provvedimenti fatti insieme all’altro.
Uno scenario: cade il governo e M5s fa un patto con il Pd.
Lo sperano in tanti, a cominciare dal Fatto Quotidiano, che fin dal 5 marzo 2018 ha lavorato per un’alleanza di M5s con un Pd de-renzizzato. Peccato che allora fosse del tutto impossibile, oggi un po’ meno. Però in Parlamento non ci sarebbero i numeri, perché i parlamentari li controlla ancora Renzi e Renzi direbbe certamente no a un patto con M5s.
Zingaretti infatti non ha dalla sua i parlamentari, per questo chiede il voto.
Può chiedere il voto, ma i sondaggi dicono che le urne premierebbero ancora Lega e 5 Stelle. E saremmo daccapo.
È normale che Siri chieda da 10 giorni, inutilmente, di essere ascoltato dai pm?
È normale perché non è l’indagato a dettare i tempi della giustizia. Va anche detto che la procura di Roma è in una situazione particolare, perché il procuratore capo Giuseppe Pignatone andrà in pensione il 9 maggio e prima di lasciare l’ufficio vorrebbe chiudere, almeno con il rinvio a giudizio, alcuni procedimenti che sono in sospeso, quello riguardanti le vicende di Tiziano Renzi e di Luca Parnasi. Ancor più urgente sarebbe l’interrogatorio di garanzia di Marcello De Vito.
Dopo le europee se cambiano gli equilibri M5s-Lega ci sarà un rimpasto?
Non necessariamente, perché gli equilibri politici nel governo oggi sono cinquanta e cinquanta.
In realtà Salvini è politicamente più forte con meno deputati.
Sì ma i numeri parlamentari non si possono cambiare.
Il voto europeo non è anche un voto politico?
Lo è ma di importanza relativa. Sono uno dei pochi che non ha mai sopravvalutato il 40% preso da Renzi alle europee 2014, perché mi fu subito chiaro che rispetto a Veltroni nel 2009 aveva perso in termini assoluti un milione di voti. L’affluenza delle europee è nettamente minore rispetto alle politiche e questo falsa l’esito del voto.
Conte ha fatto sapere che lunedì vedrà Siri e che se si convincerà che le dimissioni sono necessarie non ci saranno alternative. Nel frattempo si è affacciato un generale di Haftar dicendo che l’Italia deve andarsene dalla Libia. Il premier non le appare indebolito?
È mai stato forte? La sua scelta è stata frutto di un compromesso e se vuole avere un futuro deve ricordarsi di ciò che deve ai 5 Stelle. Ammesso che gli piaccia fare questo mestiere: da premier guadagna meno di un quarto rispetto a quando faceva l’avvocato.
Qual è la sua previsione?
La situazione resterà così, di alleanza tesa tra M5s e Lega. Non è tempo di voto politico anticipato: il momento giusto per andarci era questo, prima delle europee. Dopo non ci sono i tempi.
E poi in autunno c’è la legge di bilancio da fare.
Quella è da fare in ogni caso, anche mandando a casa il governo con lo scopo di tornare da soli a Palazzo Chigi. Fare la manovra di bilancio da soli è peggio, a quel punto è meglio socializzare oneri e perdite.
Quindi?
Questo governo andrà avanti almeno fino all’anno prossimo.
(Federico Ferraù)