Puntuale come la morte arriva la bagarre del 25 aprile. Ogni anno è così, ogni volta una polemica, ogni volta tutti a “vusà me on strascèe”. In parlamento la mozione dell’opposizione viene votata all’unanimità mentre quella della maggioranza non viene votata dall’opposizione. Perché? Perché, secondo il Pd, non c’è il riferimento all’antifascismo. “



È un peccato – ha dichiarato il senatore Pd Alfredo Bazoli – che questa parolina così importante, antifascismo, da cui deriva l’impianto della nostra Costituzione, non sia entrata neanche di striscio nella mozione della maggioranza sul 25 aprile. Un’inaccettabile omissione, una grande occasione mancata per dissipare ambiguità e reticenze della destra italiana”.



Il senatore Lucio Malan (FdI) replica che la parola “antifascismo” non è scritta in nessun parte della Costituzione. Va notato, peraltro, che la senatrice Liliana Segre, forse prevedendo la bagarre, ha fatto sapere di non essere promotrice né firmataria di alcuna mozione. Una scelta saggia e dignitosa: chi porta nel cuore le ferite della persecuzione nazista non desidera che queste ferite diventino argomenti per fare casino.  Ed è quindi opportuno astenersi dal giudicare le diverse prese di posizione per ricordare solo alcuni fatti e punti fondamentali.

La Resistenza nasce come lotta contro l’occupante tedesco. La prima medaglia d’oro al valor militare della Resistenza è quella del generale Ferrante Gonzaga del Vodice. Erano passate poche ore dalla dichiarazione dell’armistizio e un reparto tedesco gli ordinò di arrendersi.



Al che il generale e principe rispose mettendo mano alla fondina: “Un Gonzaga non si arrende mai” venendo falciato da una raffica di mitra. Il giorno dopo il sottotenente Ettore Rosso, a Monterosi, si fa saltare in aria coi suoi uomini insieme alla testa della colonna della III Panzegrenadieren. E così tutti i 20mila militari italiani caduti combattendo contro i tedeschi da settembre a ottobre 1943: non si sacrificarono perché antifascisti, ma perché militari che difendevano l’onore delle forze armate e il territorio nazionale.

Se i fascisti non si fossero schierati a fianco dei tedeschi permettendo così l’occupazione dell’Italia, forse non ci sarebbe stata nemmeno la guerra civile. Certamente è un’ipotesi dell’irrealtà, ma ci si può chiedere cosa sarebbe accaduto se la liberazione di Mussolini da Campo Imperatore non fosse andata a buon fine.

Quel 12 settembre sul piccolo aereo Fieseler “Storch”, insieme al pilota e a Mussolini volle salire anche il corpulento Otto Skorzeny, che pesava un quintale abbondante laddove c’era posto solo per due persone. Il risultato fu che il piccolo aereo appena decollato andò in picchiata e ci volle l’intervento dell’angelo custode del Duce per farlo cabrare. Cosa sarebbe accaduto se Mussolini si fosse schiantato al suolo il 12 settembre? Quale dei suoi gerarchi avrebbe potuto prenderne il posto? Pavolini? Farinacci? Mezze figure. Forse la Repubblica Sociale non sarebbe nemmeno nata e, detto francamente, nessuno ne avrebbe sentito la mancanza.

E poi i senatori del Pd dovrebbero dare una guardata alla Costituzione e ricordarsi che i principi fondamentali riguardano l’inviolabilità dei diritti, l’unità del Paese, l’intangibilità della forma di governo repubblicana e che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52). E quelle decine di milioni di italiani che hanno avuto la strana fortuna di servire la Patria in armi dal 1946 a oggi, a un certo momento della vita hanno dovuto giurare: “Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina e onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni”. Di antifascismo anche qui nessuna traccia, ma con questo giuramento non puoi essere fascista.

Perché, detto in sintesi, i partigiani non si dichiararono antifascisti, anche se certamente lo erano tutti: erano soprattutto e si definivano patrioti. Questa è la parolina che manca a tanta, troppa sinistra.

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