La Finlandia potrebbe presentare già domenica prossima la richiesta formale di adesione alla Nato, hanno scritto in una nota il presidente finlandese Sauli Niinistö e la premier Sanna Marin, secondo quanto riportato dalla Cnn.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, durante i colloqui del marzo scorso la neutralità modello-Finlandia rientrava nelle ipotesi oggetto di trattative. Adesso la situazione è ribaltata: è la Finlandia a voler rinunciare alla sua neutralità per paura della Russia. Sono gli stessi Stati Uniti a sostenere l’ingresso nell’Alleanza atlantica di Finlandia e Svezia, ha confermato ieri la Casa Bianca.
Per tutta risposta, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha parlato della mossa finlandese come “motivo per una risposta simmetrica”, evocando immediatamente il rischio di una escalation nucleare Nato-Russia. Già oggi Mosca potrebbe interrompere il flusso di gas verso la Finlandia.
Ma “prima o poi con la Russia occorrerà negoziare, dovremmo farlo perfino con una Russia sconfitta sul campo in Ucraina” dice Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Roma La Sapienza. Per questo “non è saggio prendere scorciatoie” suggerite da decisioni emotive. Va evitata, secondo il giurista, ogni possibile emarginazione strategica della Russia.
La presentazione di una richiesta formale di ingresso nella Nato da parte di Finlandia e Svezia sarebbe imminente. Lei ci ha già spiegato come funziona l’art. 10 del trattato. Come giudica questa accelerazione dopo l’apertura mostrata dal Cremlino in occasione del 9 maggio?
Finlandia e Svezia hanno già intrapreso passi per l’ingresso nella Nato, mentre l’Ucraina ha presentato domanda di adesione all’Unione Europea. Da un punto di vista giuridico la procedura non è brevissima. L’adesione alla Nato di Finlandia e Svezia, così come l’adesione alla Ue dell’Ucraina, comportano un lungo e complesso negoziato che sciolga nodi difficilmente eludibili. Da un punto di vista politico, credo che non sarebbe saggio prendere scorciatoie.
Perché?
È vero che questo esito sembra una sorta di nemesi per la Russia, la quale ha dichiarato, anche recentemente, di temere moltissimo l’espansione ai propri confini delle organizzazioni che maggiormente simboleggiano l’appartenenza al mondo occidentale. Ma proprio per questo motivo occorrerebbe non prendere decisioni sull’onda emotiva dell’aggressione russa all’Ucraina.
Qualcuno, e non sono pochi, le risponderebbe che ogni forma di esitazione incoraggia l’espansionismo russo.
Da un lato, l’adesione potrebbe costituire un deterrente per una deriva interventista da parte della Russia nei confronti dei propri vicini nordici. Questo argomento potrebbe convincere anche gli Stati più favorevoli al negoziato, come la Turchia. Ma l’effetto dell’adesione di Finlandia e Svezia potrebbe anche andare in senso opposto, e cioè ingenerare nella Russia l’idea che occorra mostrare fermezza per evitare l’isolamento strategico russo: un pericolo da non sottovalutare.
Come si esce da questo dilemma?
Il punto è che prima o poi, anche nell’ipotesi di una disfatta sul terreno delle forze russe, con la Russia occorrerà negoziare. E sembra difficile che un negoziato possa suggellare modifiche territoriali ottenute con l’uso della forza. Di conseguenza, cosa rimarrebbe da mettere sul tavolo del negoziato, da parte degli Stati che si oppongono all’aggressione, se non delle forme di garanzia che possano attenuare le ansie della Russia di una sua progressiva emarginazione strategica e di una riduzione del proprio status di grande potenza?
Due giorni fa la Gran Bretagna ha firmato un accordo di sicurezza con Finlandia e Svezia. Prevederebbe anche un “ombrello nucleare”. Che ne pensa?
È chiaro che non c’è bisogno dell’adesione alla Nato per assicurare aiuto e assistenza ai due Paesi in caso di minaccia o addirittura di uso della forza da parte russa. Accordi di mutua assistenza, estesa anche al cosiddetto ombrello nucleare, potrebbero produrre il medesimo risultato senza l’effetto dirompente di avvicinare la Russia ai Paesi Nato.
Il presidente croato Zoran Milanović ha richiamato l’attenzione sul fatto che la fretta negli allargamenti – Nato, Unione Europea – può solo generare confusione. Ha ragione?
Questa vicenda mi sembra un tentativo di alcuni Stati membri di sfruttare la propria rendita di posizione, derivante dalla necessità di unanimità dei Paesi Nato, per rafforzarsi nell’ambito delle piccole e grandi crisi che affliggono l’area balcanica.
Ieri sera in tv il presidente Zelensky ha ribadito la difesa dell’integrità territoriale ucraina, a cominciare dalla Crimea. È la strada giusta?
Giorni fa c’è stata una divergenza tra l’Ucraina e i Paesi della Nato sul problema delle concessioni negoziali accettabili al fine di cessare la guerra, e in particolare sul riconoscimento, in cambio della pace, di conquiste territoriali ottenute attraverso l’uso della forza. Vorrei essere chiaro su questo punto. Io non sono sorpreso che l’Ucraina e la Nato, ovvero i suoi Stati membri, possano divergere su tale problema. Al di là dell’apparente unanimità di vedute, ci sono due posizioni distinte, giuridicamente e politicamente, di cui tener conto.
Che cosa intende?
Il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea potrebbe essere, per l’Ucraina, un prezzo accettabile al fine di far cessare una guerra sanguinosa sul proprio territorio. Ma tale riconoscimento potrebbe risultare invece inaccettabile per altri Stati, inclusi quelli Nato, in quanto verrebbe a premiare un’aggressione che ha messo e continua a mettere a rischio la sicurezza globale. In altri termini, l’Ucraina fa valere un interesse individuale, mentre gli altri Stati fanno valere un interesse di carattere collettivo.
È possibile arrivare ad una “nuova Helsinki” come auspicato dal presidente Mattarella?
Una conferenza internazionale che includa le altre potenze mondiali, anche quelle meno vicine ai Paesi occidentali, potrebbe essere utile anche se la Russia si rifiutasse di partecipare.
Sarebbero realmente motivati a prendervi parte?
L’azione russa ha messo e sta mettendo in serio pericolo la sicurezza globale: un interesse non solo dello Stato aggredito, l’Ucraina, ma di tutta la comunità internazionale. Credo che, al di là della prudenza che caratterizza i rapporti diplomatici internazionali, anche i più fidati amici della Russia, inclusa la Cina, siano preoccupati dell’andamento della crisi e degli effetti di una sua escalation.
(Federico Ferraù)
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