È un vero colpo di scena a segnare il primo giorno di trattativa tra M5s e Pd. Di Maio propone a Zingaretti Conte premier. Un fatto che manda in soffitta una volta per tutte la possibilità di un accordo in extremis con Salvini? Oppure è una proposta fatta per rompere con i Dem? “C’è un fatto nuovo”, dice al Sussidiario Paolo Becchi, filosofo del diritto e opinionista, profondo conoscitore di M5s e ora su posizioni sovraniste. Poco prima dell’incontro tra i due, sul suo blog Grillo ha appena accolto Giuseppe Conte nella schiera degli “elevati”. Guai a scambiarlo come una figurina qualunque, scrive il garante di M5s.



Come interpretare questo messaggio?

Grillo fa capire che se Conte fosse il nuovo presidente del Consiglio, l’accordo con il Pd si potrebbe anche fare. È pazzesco: Grillo sta consegnando la sua creatura nelle mani del nemico di sempre? Può essere una lettura, ma anche un’altra lettura è possibile. 

Quale?

Di Maio poteva utilizzare questa uscita sorprendente per mettere in difficoltà Zingaretti e così è stato. Zingaretti chiede discontinuità? E Di Maio gli propone la più totale continuità, addirittura con l’appoggio di Grillo. Una mossa che spiazza indubbiamente il segretario del Pd che a quanto pare ha già detto di no. E a questo punto i giochi si riaprono.



Lei è un sostenitore a oltranza del dialogo tra M5s e Lega.

Sì. Credo che un nuovo governo gialloverde sia possibile. E sia un bene per l’Italia. Qualcosa sottotraccia si è mosso per tutto il giorno. E continua a muoversi. Alla luce del sole c’è la trattativa di M5s con il Pd, ma dietro le quinte c’è sempre anche la Lega. Voglio pensare che non sia fuori dai giochi.

Prima Salvini ha sfiduciato il governo, poi a più riprese ha aperto a Di Maio: ci faccia capire.

Dopo quello che è successo in Europa con la von der Leyen Salvini ha intuito che Conte giocava una sua partita e doveva bloccarlo. Del resto l’intenzione di Conte con il suo discorso molto duro contro Salvini era proprio quella di rompere definitivamente l’accordo M5s-Lega. Ma non è detto che ci sia riuscito.



Alcune fonti parlano di una decina di senatori M5s che non si rassegnano all’accordo con il Pd.

Non so se siano una decina, ma sicuramente c’è chi sta giocando questa partita anche nel Movimento. Il Pd è diviso, come si è visto bene dal tentativo di Gentiloni di bloccare sul nascere la trattativa in corso.

Secondo lei Di Maio cosa vuole davvero?

Di Maio vuole soprattutto una cosa: evitare le elezioni. Ma credo che stia molto soffrendo per questa trattativa con il Pd. È, o meglio era qualcosa di contrario a tutta l’etica pentastellata e lui lo sa. Se potesse ritornerebbe con Salvini, ma Mattarella…

Mattarella?

Il capo dello Stato non vuole. Il suo sembra un aut aut è: o governo con il Pd o elezioni. Pare che abbia spinto in questa direzione prima della dichiarazione di Di Maio, sta insomma cercando in ogni modo di far passare questa soluzione, facendo capire al M5s che se non farà l’accordo con il Pd saranno dolori con le elezioni.

I democratici hanno detto che nel discorso di Di Maio dopo il colloquio con il capo dello Stato era mancato un esplicito appello al Pd.

Appunto. Quel non-detto era un segnale mandato a Salvini, che nelle sue dichiarazioni lo aveva persino elogiato. E poi i dieci punti, tutti tratti dal contratto siglato con la Lega, indicavano chiaramente che Di Maio solo per necessità estrema poteva accettare di parlare con il Pd.

E Salvini?

Salvini non poteva che aspettare e continuare a tenere ben aperta la porta, come del resto sta ancora facendo. Farà di tutto pur di evitare il ritorno del Pd al governo, ha detto ieri. E credo sia anche disposto veramente ad offrire la presidenza del Consiglio a Di Maio per far ripartire un nuovo governo gialloverde. 

Ci sono margini?

Io credo di sì, anzi ne sono sicuro. E per una ragione molto semplice: se il M5s si allea col Pd è finito. Mentre un nuovo governo guidato da Di Maio potrebbe  rilanciarlo. 

(Federico Ferraù)