Da uno dei più navigati ministri del Governo Meloni, Guido Crosetto, è partito un pesante attacco contro la magistratura. Intervistato dal Corriere della Sera, il titolare della Difesa ha denunciato il rischio di una “opposizione giudiziaria” di una parte delle toghe. “Mi raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a ‘fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni’”, ha dichiarato. Naturalmente, Crosetto ha scatenato un putiferio. La lettura della sinistra è di una manovra preventiva che ha unito la sinistra parlamentare e i magistrati più schierati. “Crosetto sembra quegli allenatori di calcio che contestano l’arbitro prima di entrare in campo”, ha detto sempre al Corriere Giovanni Zaccaro, segretario della corrente Areadem: in questo modo, se la loro squadra dovesse perdere, la colpa sarebbe della giacchetta nera. La Lega ha ribattuto che le toghe colpiscono sempre il centrodestra quando è forte.
Crosetto si è detto disposto a incontrare il presidente e il direttivo dell’Associazione nazionale magistrati “per chiarire loro le mie parole e le motivazioni”. Parallelamente il sottosegretario Alfredo Mantovano, magistrato a sua volta, ha fatto balenare l’ipotesi di introdurre test psico-attitudinali per l’ingresso in magistratura e, in prospettiva, per valutare l’operato delle toghe analogamente a quanto già succede per tutte le forze dell’ordine. Di questo provvedimento, tuttavia, non c’è traccia nei due decreti legislativi sulla giustizia varati ieri dal Governo. Bastone e carota.
Ministro e sottosegretario sono tra le persone più vicine a Giorgia Meloni. Crosetto è un politico accorto e un mediatore, ruolo svolto in passato anche in Forza Italia. Inverosimile pensare che il suo sia un bluff: qualche elemento a sostegno di dichiarazioni così esplosive ci deve essere. È comunque la conferma che il rapporto con la magistratura è il nervo scoperto del centrodestra, che non è stato archiviato con la scomparsa di Silvio Berlusconi, e che dopo un periodo di relativa calma si entra in una nuova fase di tensioni, come anticipato una settimana fa dal Sussidiario.
Il fatto è che nessuno, da Forza Italia alla Lega fino a Fratelli d’Italia, sa ancora come prendere i giudici. Il Cavaliere li affrontava di petto. Questo governo sta tentando la strada del tira e molla. La riforma Nordio è stata presentata e poi rallentata. Le pagelle ai magistrati minacciate e poi congelate. Le “preoccupazioni” di Crosetto messe nero su bianco e poi declassate a occasione per un vertice istituzionale.
Può anche essere che la Meloni tema di fare la stessa fine del fondatore di Forza Italia. Non perché lei abbia qualche scheletro nell’armadio, ma per i guai che potrebbe passare uno dei suoi. Per esempio, un Delmastro o una Santanchè. Forse in qualche procura sta bollendo qualcos’altro che non è ancora trapelato. In questo senso, le parole di Crosetto andrebbero interpretate come un pesante avvertimento. Non è da escludere che possa essere davvero così.
È un fatto, invece, l’indecisione che regna nell’esecutivo sulla giustizia, un tema che non vede allineati gli alleati di centrodestra. Nonostante gli sforzi di Mantovano, che dovrebbe essere il punto di contatto tra esecutivo e toghe in vista di una riforma del potere giudiziario, non si trova un terreno di incontro. E nemmeno la tattica di gettare il sasso e ritirare la mano riesce ad aprire una strada verso ipotesi di revisione.
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