Si chiama Maria Elena Bottazzi Rovida, è una ricercatrice della National school of tropical medicine del Baylor college e potrebbe passare alla storia come la “novella” Albert Sabin, lo storico scienziato che scoprì il vaccino anti-polio e che reputava la protezione della malattia come un bene dell’umanità sul quale non fosse giusto guadagnarci.
La ricercatrice italiana nell’intervista a “La Verità” racconta di aver scoperto assieme al collega professor Peter Hotez un efficace vaccino anti-Covid ma di non volerlo brevettare preferendolo distribuire nei Paesi poveri, a cominciare da parti dell’India. Tutto questo ha portato la ricercatrice Bottazzi ad essere candidata addirittura al Nobel per la Pace: «Quello che abbiamo messo a punto è il modello del nostro lavoro: sviluppiamo vaccini che nessuno vuole veramente sviluppare. Da sempre lavoriamo affinché i Paesi più poveri possano essere autosufficienti, perché possano cercare le soluzioni di cui più hanno bisogno».
COME FUNZIONA IL VACCINO CORBEVAX
In India lo hanno già denominato vaccino Corbevax ed è assimilabile a quelli più “tradizionali”: spiega ancora la scienziata, «non ha nuovissime tecnologie. E così può essere riprodotto anche in massa, dando risposta alla necessità di dosi del mondo: come minimo c’è bisogno di 9 miliardi di dosi per riuscire ad arrivare fin nei posti più remoti del pianeta». Il lavoro messo a punto da Bottazzi e Hotez in collaborazione con la Biological in India porterà nelle prossime settimane a nuovi ordini sopra i 300 milioni di dosi, seguendo poi una media di circa 100 milioni al mese da destinare ad altri Paesi come Indonesia, Bangladesh e diversi Stati africani. «Si chiama Corbevax in India, gli altri Paesi gli daranno un altro nome. Diventa indigeno, decolonizzato, per i Paesi che vogliono distribuirlo», spiega ancora Bottazzi Rovida a “La Verità” raccontando il progetto senza brevetti del “suo” vaccino anti-Covid. Due dosi, si conserva in frigorifero e attualmente mostra efficacia tra l’80% e il 90% contro i ceppi di Wuhan, Delta e Beta, risultando più valido di AstraZeneca dopo i primi esiti in arrivo dall’India: «La nostra è una missione altruistica. Non solo perché lavoriamo per organizzazioni senza fini di lucro, ma perché siamo abituati a mettere a punto vaccini che siano prodotti pubblici, vere soluzioni per chi li deve produrre». Non attacca le scelte di Pfizer e Moderna e degli altri vaccini a mRna, ammettendo che su quei prototipi già da 10 anni la ricerca scientifica li metteva in pratica contro i vari tipi di coronavirus: quello che invece Bottazzi contesta è la pretesa di produrli in quantità sufficienti per sopperire all’emergenza globale. Proprio per la complessità tecnologica che richiedono, i vaccini a mRna spiega la scienziata, non possono essere disponibili per tutti specie per i Paesi più poveri: «quando è diventata una pandemia c’è chi si è dimenticato che l’interessa era aiutare in maniera equa tutto il mondo». Qualche “fratello” di Corbevax potrà mai arrivare in Italia? Secondo la ricercatrice candidata al Nobel mai perdere le speranze: «si sta lavorando sulle approvazioni, vedremo cosa accadrà».