Razzista”. Questa l’accusa rivolta alla scrittrice catalana di origini marocchine Najat el Hachimi, rea di aver criticato il velo islamico. Dopo le ong progressiste, la 44enne è finita nel mirino delle principali associazioni musulmane della Catalogna, che hanno inviato una lettera al sindaco socialista di Barcellona Jaume Collboni. “La scrittrice diffama e ferisce i sentimenti religiosi dei musulmani”, l’accusa rivolta.



Come ricordato dal Foglio, la scrittrice si era espressa così sul tema in un evento pubblico: “Non vi dà fastidio che ci siano ragazze in questa città che non possono imparare niente né fare gite scolastiche? Ragazze che crescono credendo che saranno preziose solo se si coprono. Ragazze terribilmente spaventate dalla possibilità di essere portate in Marocco o in Pakistan e sposate a un cugino”.



Il caso della scrittrice Najat el Hachimi

“E’ sorprendente che oggi sia considerato controverso difendere i diritti fondamentali a Barcellona e non a Teheran”, aveva aggiunto Najat el Hachimi. Un caso che ricorda molto da vicino quello di Seyran Ates, avvocatessa turca finita sotto scorta per aver fondato la prima moschea aperta a tutti a Berlino. Accusata di islamofobia, la donna s’è vista annullare la proiezione di un documentario sulla sua moschea al Soura Film Festival, kermesse dedicata al cinema lgbt. “Prendiamo le distanze dalle sue dichiarazioni islamofobe”, l’accusa. La risposta della Ates non s’è fatta attendere: “L’incidente è un esempio di come parti della sinistra siano cieche di fronte al pericolo rappresentato dagli islamisti. Combattono le strutture patriarcali e le chiese. Ma quando si tratta di musulmani, improvvisamente diventano difensori di un islam conservatore, patriarcale e politico. Gli attacchi lgbt sono vergognosi”.

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