Scuola: 70mila studenti potrebbero abbandonarla

L’abbandono scolastico da sempre grava sul bilancio dei diplomati in Italia, ma il problema principale è che sono sempre più gli studenti che decidono di lasciare la scuola perché non ce la fanno. Ne parla un preoccupante allarme lanciato da Repubblica, che stima che circa 70mila studenti potrebbero decidere di abbandonare prima della fine dell’anno. Se un tempo, però, erano soprattutto pressioni lavorative per il mantenimento della famiglia a spingere all’abbandono scolastico, ora è soprattutto una generalizzata fragilità diffusa tra i giovani e i giovanissimi.



I dati sulla scuola dell’ultimo anno non hanno nulla di positivo ed hanno segnato anche alcuni record preoccupanti. Più di 74mila studenti complessivi sono stati bocciati per via delle troppe assenze, e di questi 67mila sono delle superiori. Concentrandosi sugli istituti tecnici e sui licei, Repubblica attesta che i bocciati per le assenze sono circa il 3,1% degli studenti, rispetto al 2,8% registrato nell’anno 2018/19. Il Calabria, Sicilia, Marche e Puglia sono addirittura il 4%, mentre la Sardegna ha segnato un preoccupantissimo 6,2%. “Molti di loro”, conclude e Marco Rossi-Doria, presidente dell’associazione Con i bambini, “sono destinati ad allargare il numero di chi abbandona”.



Scuola e abbandono: il peso di cellulari, ansie e covid

Insomma, sembra che la scuola stia vivendo una preoccupante crisi, tra studenti che abbandono e studenti bocciati per le troppe assenze. A pesare, secondo alcuni esperti interpellati da Repubblica, sono soprattutto tre varianti: la fragilità diffusa, le limitazioni per il covid e i cellulari. “La pandemia ha schiacciato i bisogni famigliari verso il basso, ora l’ansia è arrivare a fine giornata e le carriere scolastiche dei figli passano in secondo piano”, spiega Andrea Morniroli, del Forum disuguaglianze. Michele Gramazio, preside dell’Einaudi di Foggia, invece, “abbiamo edifici fatiscenti: così i ragazzi non percepiscono la presenza dello Stato. E poi vanno motivati allo studio per tenerli in classe, ma in questa lotta la scuola è sola”.



“Quello che invece è nuovo sono i ragazzi che vengono, ma è come se non ci fossero”, racconta invece Alfonsina Cavalluzzi, preside della scuola Kandinsky nella periferia sud di Milano. “Chiusi in loro stessi, disinteressati, senza più coordinate per stare coi compagni”, sempre intenti a fissare il telefono durante gli intervalli, invece che ad inetragire con amici e compagni. Secondo Paola Bortoletto dell’Andis, invece, è “urgente è trovare i modi per farli stare bene a scuola”. “C’è una fragilità diffusa che non è dovuta solo al Covid, ma a un cambiamento culturale rispetto all’immagine di sé in adolescenza, all’ansia da prestazione tra pari”, continua Carlo Braga, preside del Salvemini di Casalecchio di Reno. Mentre, secondo Ludovico Arte, preside del Marco Polo di Firenze, conclude sostenendo che “molti sono pieni di rabbia“, faticano a trovare una routine scolastica e arrancano nelle relazioni tra pari.