Alla fine sono 300 milioni, che sommati ai 500 del fondo ordinario per le scuole paritarie, per il 2021 fanno 800 milioni per la libertà di educazione. “È un risultato importante – dice Maurizio Lupi, presidente di Noi con l’Italia –, frutto di un lavoro fatto insieme tra maggioranza e opposizione, che supera vecchi pregiudizi ideologici e riconosce il ruolo e l’importanza di queste scuole che svolgono una funzione pubblica con un contributo decisivo per il nostro Paese nell’educazione dei giovani e nel servizio alle famiglie”.
Ai 300 milioni aggiuntivi, stanziati per l’emergenza Covid, si è giunti per gradi, superando le residue resistenze ideologiche di chi considera ancora “pubbliche” solo le scuole “statali”, le uniche, a parere di costoro, meritevoli di un aiuto in una situazione di emergenza che ha visto tutte le scuole impegnate nella didattica a distanza e alle prese con i costi che comporterà la riapertura di settembre secondo le nuove regole. Nella prima versione del decreto Rilancio, che stanzia 55 miliardi di euro per la ripartenza dopo il lockdown, i soldi destinati alla scuola erano 1,5 miliardi e di questi solo 80 milioni alle scuole paritarie per l’infanzia (0-6), restavano totalmente escluse da un aiuto dello Stato le elementari le medie e le superiori. Una discriminazione per circa 900mila ragazzi e per le loro famiglie come se il Covid non riguardasse anche loro.
A livello pubblico ci sono state le proteste delle associazioni dei genitori e delle scuole, prima ancora ha stupito la mobilitazione spontanea di gruppi giovani e di singole persone che sul web proponevano iniziative, poi le prese di posizione della Conferenza episcopale, da parte anche di ambienti laici il richiamo alla legge Berlinguer del 2000 che riconosce che il sistema educativo pubblico in Italia è unico, formato da scuole gestite dallo Stato e da scuole gestite da soggetti privati.
A livello parlamentare c’è stato un intenso lavorìo che ha portato prima a una seconda stesura del testo del decreto Rilancio, in cui i fondi per le scuole paritarie venivano portati a 150 milioni, fissando però un tetto a 16 anni che tagliava fuori il triennio delle superiori, e poi il lavoro all’interno dell’Intergruppo per la Sussidiarietà che è sfociato in un appello pubblico sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari (tranne LeU).
Per Maurizio Lupi, Gabriele Toccafondi (Iv), Flavia Piccoli Nardelli (Pd), Fabio Rampelli (FdI), Giancarlo Giorgetti (Lega), Valentina Aprea (FI) e Paolo Lattanzio (M5s) “la prima risorsa su cui un paese deve investire per ripartire e per tornare a crescere è l’educazione, l’istruzione e la formazione. […] E l’educazione, come la cultura, ha una caratteristica che la qualifica: la libertà e quindi il pluralismo”. Prendevano quindi atto che “nel decreto Rilancio il Governo ha imboccato la strada di un riconoscimento anche finanziario di questo pluralismo, adeguando le erogazioni, inizialmente sottostimate, per le scuole pubbliche paritarie. Che ad esse sia dedicato un articolo del decreto è un importante riconoscimento che implementa l’attuazione di una vera parità e autonomia scolastica come sancito dalla legge Berlinguer del 2000”. Non era il momento – hanno ragionato i sottoscrittori dell’appello – di una nuova contrapposizione sulla scuola, ma semmai quello di un lavoro comune. L’appello, infatti, si concludeva così:
“Per questo lavoreremo insieme nel passaggio parlamentare per aumentare le risorse destinate a tutte le scuole paritarie, dalla materna al termine delle superiori, così da permettere loro di affrontare i costi sostenuti durante l’emergenza Covid e quelli che serviranno per garantire l’erogazione del servizio pubblico educativo in piena sicurezza alla ripresa del nuovo anno”.
La commissione Bilancio ha lavorato giorno e notte fino a venerdì 3 luglio, l’emendamento sulle scuole paritarie era stato confinato alla fine della discussione, si è trattato di tenere duro sino all’ultimo. A risultato ottenuto a chi ha fatto notare che si trattava di un obiettivo per il quale tutti avevano lavorato, un deputato 5 Stelle ha obiettato: “Noi eravamo d’accordo solo sul finanziamento alle scuole da 0 a 6 anni”. Poco importa, altri 5 Stelle hanno invece capito l’importanza della posta in gioco.
Con i 165 milioni destinati ad asili e scuole materne, 120 alle primarie e alle secondarie con innalzamento dell’età fino ai 18 anni, e infine 15 milioni destinati alle Regioni che provvederanno alla ripartizione, “si è scongiurato – dichiara Gabriele Toccafondi di Italia viva – il rischio di chiusura a cui molte scuole paritarie andavano incontro e soprattutto si è evitata una discriminazione anticostituzionale tra studente e studente, come se si potesse orwellianamente dire che alcuni studenti hanno più diritto allo studio di altri”.