MERITO E SCUOLA, IL MONITO DI ABRAVANEL AL GOVERNO MELONI
Il saggista Roger Abravanel appoggia il richiamo al merito nelle intenzioni del nuovo Governo ma lancia un monito alla Premier Meloni: «il merito non è solo uno slogan». Dopo il “manifesto” programmatico del neo Ministro Miur Giuseppe Valditara, il tema del merito sulla scuola è divenuto subito tra i punti più discussi nel mondo scolastico, con sindacati e opposizioni che hanno innalzato i toni contro il Governo Meloni per contestare il presunto “attacco alla scuola pubblica”. Il direttore emerito della McKinsey, tra i maggiori esperti di “meritocrazia” nel nostro Paese con numerosi saggi e consulenze alle spalle, nell’intervista a “LaVerità” loda l’intervento della Presidente del Consiglio che ha voluto chiamare il Ministero “Istruzione e Merito”, ma avverte «L’importante è che non sia una parola giustapposta solo in chiave politica, una sorta di slogan populista. Non è la prima volta. Luigi Di Maio propose il ministero della meritocrazia, Mariastella Gelmini fece il Fondo per il merito, bloccato dalla Corte dei conti».
Tra l’altro sia Abravanel, come Valditara, collaborarono ai tempi del MIUR gestito da Gelmini proprio puntando sul merito nella formulazione delle prove Invalsi e non solo: «avrei molte domande per Giorgia Meloni per capire se intende veramente portare avanti l’idea del merito nella scuola o l’ennesimo slogan». Davanti alle polemiche sollevate dalla sinistra contro la scelta del Governo di affidare un Ministero a “istruzione e merito”, Abravanel difende la decisione: «Landini parla di schiaffo in faccia alle disuguaglianze? Sono proprio gli oppositori del merito che alla fine aumentano le diseguaglianze. All’estero tutti i sindacati hanno capito che una società di eguali, dove la scuola crea pari opportunità, è un’utopia». Ancora più netta la risposta del saggista alla critica di Giuseppe Conte contro la scelta di Valditara e Meloni, “la scuola non è il luogo della selezione ma del riscatto”: per Abravanel, «la sinistra è rimasta al secolo scorso. Riscatto da cosa, intende? Da una provenienza sociale debole? Ovvio che la scuola serva a questo, ma se poi non si valutano gli insegnanti di che riscatto parliamo? È l’apoteosi dell’ipocrisia e del populismo».
ROGER ABRAVANEL: “TEST INVALSI A SCUOLA? COSÌ SONO INUTILI. BISOGNEREBBE…”
Con la riforma Gelmini si tolse l’istituto dal commissariamento e «facemmo le prove (Invalsi, ndr) obbligatorie. Poi, negli anni, è diventata una forma di meritocrazia delle carte bollate: i dati non vengono utilizzati per valutare le scuole né per certificare il merito degli studenti». Secondo Roger Abravanel la modalità con cui vengono condotte oggi le Prove Invalsi rimane sostanzialmente «inutile» e andrebbero migliorate dal nuovo Governo: «Meloni intende finalmente valutare le scuole – per esempio con la performance didattica degli studenti misurata con i test Invalsi – e gli insegnanti. Occorre valutare i presidi che a loro volta sono gli unici a potere valutare gli insegnanti. Ma da noi non è possibile perché sono stati privati del potere e quando Matteo Renzi ha provato a restituirglielo con la “buona scuola” sindacati e insegnanti lo hanno bloccato dicendo che voleva fare i “presidi sceriffi”», analizza ancora il saggista esperto di “merito”.
I test Invalsi sono utili laddove possono dimostrare i pessimi risultati di una classe, in quanto «frutto della scarsa qualità dell’insegnante», ribadisce Abravanel. Ai test Invalsi inutili per come vengono condotti ora, lo scrittore ed ex consulente Miur contrappone “nuovi” test Invalsi che possano dare il polso generale dello standard nazionale: «la scuola come gioco a quiz lamentano molti docenti, ma è una frase tipica contro i test Invalsi e Pisa. Altro che quiz. Il mondo anglosassone ha test a risposta multipla molto seri. In Europa, e in Asia, si utilizzano esami di maturità durissimi. Peccato che in Italia significano poco. Certo, per mettere mano all’esame di maturità occorrerà tempo, è complicato. Idealmente tornerei alla commissione esterna, quello sì». Dalla scuola all’università, i problemi sul merito e sulle valutazioni permangono e l’augurio per Abravanel è che il nuovo corso del Governo possa porvi rimedio: «La maggioranza dei nostri docenti rifiuta le classifiche e la competizione che è l’essenza della meritocrazia: all’estero le università sono templi della meritocrazia, da noi i bastioni del nepotismo. Il nuovo premier vuole affrontare il problema dell’assenza di meritocrazia nelle nostre università?».