“Io non riesco più a studiare! Ci metto un pomeriggio a fare quattro pagine di biologia e poi non ricordo nulla!” aveva sbottato Ahmed quel pomeriggio, dopo la scuola, al centro di aiuto allo studio, appena Riccardo, l’insegnante che lo seguiva, gli aveva chiesto il perché di quel muso lungo.

“No! Proprio non ce la faccio più, è come se mi fossi perso, mentre a scuola i miei compagni e le mie compagne hanno una facilità impressionante! Prendono voti altissimi a cui io non riesco ad arrivare”.



“Sarai stanco” aveva replicato Riccardo, che seguiva Ahmed dal primo anno, quando era arrivato tutto intimidito per il salto dalla scuola media alla superiore. Lo aveva sofferto molto, ma alla fine lo aveva superato in modo efficace, tanto che ora era ormai in dirittura d’arrivo, e indipendentemente da questa crisi un po’ strana era tutto concentrato sull’esame di maturità.



“Non sono stanco” aveva detto Ahmed con decisione, e facendo una smorfia da cui traspariva la sua volontà di non farsi etichettare nel solito modo.

“Devi capire che io non ho imparato un metodo!” aveva quasi gridato Ahmed. Riteneva molto serio il problema che stava sollevando e lo voleva affrontare e possibilmente risolvere, perché da questo dipendevano non solo gli esami ma il suo futuro universitario.

“Non c’è qualcuno che possa farmi delle lezioni di metodo?” aveva chiesto in aggiunta, lasciando Riccardo senza parole. Riccardo non capiva, aveva aiutato in quei cinque anni Ahmed proprio sul metodo e gli era sembrato di averlo fatto con risultati positivi. Questa crisi proprio non riusciva a comprenderla, gli sembrava un’esagerazione del ragazzo, il quale però non faceva marcia indietro.



D’un tratto Nadia era entrata nella stanza dove si trovavano i due.

“Cosa state facendo?” aveva chiesto rivolgendosi ad entrambi.

“Biologia!” avevano risposto all’unisono.

“Ne ho bisogno anch’io!” aveva allora detto Nadia, che era compagna di classe di Ahmed.

“Ok. Però lasciaci finire il discorso che stavamo facendo. Ahmed ha detto di essere senza un metodo, e di averne bisogno.”

“Lo ha detto anche a te? Adesso sta esagerando” aveva reagito Nadia.

“Tu non capisci, voi non capite!” aveva allora affermato con forza e una punta di scoraggiamento Ahmed.

“Capisco, capisco” aveva invece risposto Nadia. “Quante volte ha preso anche me questa forma di smarrimento di fronte alle difficoltà e alle fatiche dello studio e della scuola!”

“E tu che cosa hai fatto?”

“Te l’ho detto. Ho stretto i denti e mi sono impegnata a verificare quello che avevo imparato da insegnanti come Riccardo, Marta, Luciano. Questo ho fatto e non solo lo sai, ma lo hai visto anche. Del resto siamo in quinta perché abbiamo tenuto la barra diritta sul metodo, no?”

“Vero, ascolta Nadia” aveva suggerito Riccardo, con un sorriso.

“Io lo so qual è il metodo, ogni disciplina me lo ha dettato in questi anni, poi sono grato a voi perché mi avete tolto da quello studio mnemonico in cui tutto era uguale portandomi a distinguere tra ciò che è essenziale e ciò che è particolare o secondario. Però oggi mi sembra di non riuscire più ad applicarlo” aveva allora confidato con sincerità Ahmed, facendo capire che il suo era un grido di aiuto.

“Grazie, Ahmed” aveva allora detto Riccardo con sorpresa del ragazzo, che aveva chiesto con una smorfia “perché?”

“Semplice, perché della tua domanda io sono grato e ne teniamo conto, vero Nadia?”

“Certo!” aveva risposto Nadia più indotta che convinta.

“Ne teniamo conto lavorando insieme. Rimettiamoci su biologia, è così che affrontiamo il tuo smarrimento, studiando insieme con la tua domanda che ci incalza.”

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