Ahmed doveva prepararsi per l’interrogazione di italiano, l’ultima prima dell’esame di Stato. L’insegnante gli aveva chiesto di leggere alcune poesie di Montale e alcuni brani di Pavese ma senza limitarsi a riassumerne i contenuti e stop. “Provate a fare un lavoro critico” aveva ripetuto più volte e Ahmed aveva chiesto: “in che senso?”. “Siamo in quinta!” aveva sbraitato la professoressa,“un po’ di idee vostre, su!”



Ahmed non aveva insistito, si era portato a casa quella richiesta e aveva pensato che prima o poi, in un modo o nell’altro, avrebbe capito.

Quel pomeriggio era andato al centro di aiuto allo studio dove aveva chiesto a Giovanni di riprendere con lui le poesie di Montale. Su Pavese si sentiva sicuro.

Giovanni aveva cominciato a leggere con lui “Spesso il male di vivere ho incontrato” e subito Ahmed gli aveva chiesto cosa fosse mai questo male di vivere.



“È quello che ho io!” si era intromessa Sara, che aveva davanti degli esercizi di matematica da risolvere, ma in realtà stava ascoltando quello che faceva Giovanni a pochi passi da lei.

“Cioè?” aveva allora chiesto Giovanni, contrariamente a ciò che Ahmed si aspettava da lui.

“Non ce la faccio più! Solo studiare e studiare, non faccio altro. Mi sono rotta, mi servirebbe altro” aveva risposto Sara con una grande soddisfazione sul volto come se da tempo avesse voluto dirlo e ora finalmente ce l’aveva fatta.

“Questo è il male di vivere e allora?” aveva insistito Giovanni, aggiungendo: “e la divina indifferenza?”



“No, no! Non penso che esista, ma io sento il male di vivere, è come se non avessi energie per riprendere” aveva ribadito Sara e rivolgendosi direttamente a Giovanni gli avevano chiesto che cosa potesse fare.

“Non so, è importante che sia per te una domanda. Cosa dici Ahmed?”

Il ragazzo, preso alla sprovvista, aveva sorriso e fra sé e sé aveva sperato di essere lasciato stare.

“Ahmed!” aveva insistito Giovanni aspettandosi una sua reazione.

“Sì, la sento anch’io la fatica di Sara, ma non così forte. Però trovare le energie per vivere? Ma queste io me le sento dentro!”

“Ci vuole qualcosa di più” aveva obiettato Sara, facendo la mossa di andarsene per lasciarli al loro lavoro.

“Un attimo” l’aveva fermata Giovanni “vediamo di arrivarne a una, dobbiamo come Montale fermarci alla divina indifferenza?”

“Io non capisco cosa sia questa divina indifferenza!” si era frapposto Ahmed, “non è una questione di Dio che io abbia energie per vivere!”

“E perché no?” gli aveva detto Sara, poi di nuovo a Giovanni aveva chiesto come potesse uscire da questo male di vivere, lei sentiva il desiderio di vivere come qualcosa di dirompente, lei non voleva arrendersi al male di vivere.

“Tieni viva la domanda” aveva detto allora Giovanni “è la strada per trovare qualcosa per te. Io non lo so cosa sia, tu però mi hai risvegliato questa domanda, e meno male, perché noi avremmo letto la poesia di Montale come una teoria sulla vita.”

“Quindi mi lascia da sola con la mia stanchezza?” gli aveva chiesto allora Sara, e Giovanni le aveva risposto con un deciso “io ci sono!”.

Poi rivolgendosi ad Ahmed gli aveva chiesto se avesse capito la poesia, e al suo sì gli aveva detto che avrebbe dovuto leggere ogni poesia in questo modo.

“Mi ci vuole una Sara ogni volta” aveva ribattuto Ahmed.

“Se la trovi va benissimo, ricordati però che Sara è il tuo cuore.”

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