Fra i tanti interventi sulla situazione della scuola ogni tanto ce n’è qualcuno che con coraggio e intelligenza affronta il tema dell’educazione.
È il caso, per esempio, di Susanna Tamaro, che dalle pagine del Corriere della Sera ha scritto a proposito del Piano Scuola 4.0: “L’idea che la scuola sia il luogo dove si educa e dove si imparano le umilissime basi del sapere è evaporata sotto la scure di riformatori, ansiosi di mostrarsi all’altezza dei tempi” e “Da anni ormai l’educazione è stata sostituita dall’istruzione e il livello di istruzione proposto dal piano del Pnrr è priva di qualsiasi riferimento alla complessità dello sviluppo umano e della pienezza della persona. Su questa istruzione, inoltre, si posa l’ombra cupa dell’indottrinamento e della totale scomparsa dell’insegnante, trasformato in mera funzione. Funzione che, in un tempo molto lontano, verrà sostituita da una figura virtuale al di là di uno schermo”.
Sono affermazioni che meritano la più grande attenzione, perché toccano il cuore della scuola. Il tema della scomparsa dell’educazione a scuola era stato portato alla ribalta qualche mese fa anche dal professor Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, quando in un’intervista affermava che “la scuola non riesce più a svolgere un’azione educativa (…) ci si preoccupa poco del cammino di crescita dei ragazzi e dell’importanza dell’azione educatrice che la scuola può svolgere nei confronti dei minori”.
Quando si parla di giovani si usa frequentemente il termine “emergenza educativa”, “deserto educativo” per definire la loro condizione. Sarebbe meglio chiamarla “bisogno educativo” o “siccità educativa”. Perché un bisogno cerca cosa lo soddisfi, una terra colpita dalla siccità cerca l’acqua per rivivere.
La scuola dovrebbe ripartire principalmente dalla consapevolezza di questo bisogno educativo dei giovani. Rivoluzionarsi a partire dall’esercitare quell’azione educativa di cui i giovani hanno assoluto bisogno (come terra arida). La scuola ha il compito fondamentale di rispondere a tale bisogno per far vivere i giovani. Il futuro della scuola, la sua incidenza positiva sulla vita della società, si gioca sul recupero della centralità della funzione ed esperienza educativa.
Questo permetterà di mettere nella giusta e intelligente prospettiva tutte le necessarie dimensioni normative, amministrative, didattiche e formative che saranno così al reale servizio della crescita dei giovani e della loro capacità di affrontare da protagonisti la realtà.
L’articolo 3 della Costituzione parla di “pieno sviluppo della persona umana”. Solo l’educazione lo permette. Mi piacerebbe che nel dibattito sulla condizione presente e futura della scuola si metta al centro questa domanda: “Quale scuola contribuisce al pieno sviluppo della persona umana?”. Quel pieno sviluppo che ogni giovane (e ogni persona) desidera.
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