Alessandro era arrivato al Centro portando sulla faccia una delusione cocente, era accigliato come difficilmente lo si poteva vedere.

“Cosa è successo?” gli aveva chiesto Andrea, uno dei volontari a cui Alessandro si riferiva per essere aiutato in storia.

“Niente, niente”. aveva risposto il ragazzo, facendogli capire che qualcosa era successo, ma non voleva parlarne. Andrea non aveva insistito e aveva continuato a fare il lavoro di segreteria necessario per il pomeriggio al Centro.



Alessandro gli aveva chiesto se ci fosse un insegnante di matematica, perché doveva capire bene la questione delle funzioni.

“Sì, arriva fra mezz’ora, aspettalo che certamente ti può aiutare, ha due ragazzi prima, ma poi è libero. Glielo chiediamo, non ci sono problemi. Adesso se vuoi metterti in un’aula fai pure”.



Alessandro era entrato nell’aula e si era seduto al tavolo senza però tirar fuori dal suo zaino nessun libro. Andrea aveva sbirciato nell’aula e aveva visto che il ragazzo si era messo la testa fra le mani. Non aveva indugiato oltre ed era entrato nell’aula, chiedendo al ragazzo se non voleva dirgli cosa fosse successo. La domanda di Andrea era stata così discreta che Alessandro si era sentito di parlare.

“Abbiamo fatto storia insieme, no? E secondo lei la sapevo?”

“Certo che la sapevi, ma è andata male?”

“Sì, è andata male, mi ha dato sei e mezzo, ma io sapevo tutto.”



“Andata male? Non esagerare! Forse al di sotto delle tue aspettative. Comunque non pensare al voto. Hai chiesto alla prof che cosa secondo lei ti manca?”

“Certo! Quello che lei continua a dirmi, la sintesi e la capacità critica.”

Andrea lo aveva guardato in faccia e aveva sorriso: “Non ti preoccupare, pian piano se ci metti del tuo ce la facciamo.”

“Io comunque continuo a non capire”, aveva reagito Alessandro.

“Non è un problema scolastico” gli aveva detto allora Andrea con un tono basso quasi a scusarsi.

“Sì, non sarà un problema scolastico, ma mi penalizza! Non gli basta che io snoccioli tutti gli avvenimenti?”.

“A te non deve bastare, qui sta la questione, perché tu non sei un ripetitore di informazioni, sei uno capace di giudicare ciò che accade, di raccontare gli avvenimenti con un’impronta tua.”

“Capisco tutto ma, gliel’ho già detto, non sono capace!”

“Piantala! Lo impariamo, se tu ci stai lo impariamo” aveva ribattuto Andrea come a chiudere il discorso.

Ma Alessandro non era convinto di riuscire, lo aveva guardato con un ciglio dubbioso. Poi era riesploso: “Va bene, mi insegni pure, ma io non sarò mai capace” aveva ribattuto Alessandro e stava per andarsene a fare matematica. Andrea lo aveva bloccato e gli aveva detto di essere sicuro che lui ce l’avrebbe fatta. “Ok, ora vado a fare matematica!”

Però si era fermato e si era rigirato verso l’insegnante, e di colpo gli aveva detto: “Da dove incominciamo? Dalle domande che mi ha fatto il prof?”

“No, iniziamo parlando della questione del clima. Tu che giudizio hai?”

“Che cosa c’entra?”

“Facciamolo e vedrai che c’entra. Devi semplicemente farti un tuo giudizio.”

Alessandro non aveva capito, se non che doveva mettersi in gioco.

“Essere critico è un lavoro, lo impari confrontandoti con ogni cosa e persona. A me interessa che ci sia tu, questo è importante. Vuoi impararlo?”

C’era un che di affascinante in questa promessa, Alessandro non ci vedeva chiaro, ma una cosa lo convinceva: essere protagonista nello studio, e non un semplice ripetitore.

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