WESTPORT (Connecticut) — Recentemente il Washington Post ha riportato il risultato di uno studio del National Academies of Sciences, Engineering & Medicine: gli studenti delle scuole più esclusive e prestigiose degli Stati Uniti sono diventati una categoria ad alto rischio di sviluppare disturbi mentali e di comportamento come ansia, depressione, dipendenza da alcol e droghe. Paradossalmente questa categoria, proveniente da comunità molto abbienti e agiate, ha lo stesso tasso di rischio (due o tre volte la media nazionale) di coetanei che vivono in situazioni di povertà, ragazzi in affido temporaneo, figli di immigrati e di carcerati.
Lo stress psicologico che questi ragazzi sperimentano in queste scuole deriva da un’eccessiva pressione ad eccellere, ad ottenere punteggi massimi nei test, a impegnarsi in innumerevoli attività extra-curriculari, a intraprendere percorsi accademici accelerati. Tutto quanto al fine di, una volta diplomati, essere ammessi alle università più rinomate degli Usa (top-tier college come Harvard, Princeton, Stanford o Mit) che oggi hanno tassi di ammissione ai minimi storici ma che sono ancora visti come garanzia di accesso ad una carriera prestigiosa e redditizia.
La pressione inizia in famiglia, con genitori che alle elementari impegnano i bambini in estenuanti attività al pomeriggio, che alle medie impongono scelte ai figli per apparire meglio nel processo di selezione al college, che al liceo pagano consulenti per scrivere le domande di ammissione al posto dei figli. Anche attività che un tempo erano ludiche come gli sport o la musica, vengono trasformate in occasioni per gareggiare e vincere. Le scuole stesse, la cui reputazione dipende direttamente da quanti dei loro studenti vengono ammessi in questi top-tier college, non possono che arrendersi alla pressione esercitata dai genitori e anzi spesso spingono i loro studenti in questa continua competizione.
L’articolo conclude dicendo che quando il tuo valore e soddisfazione dipendono da un criterio imposto dall’esterno, il continuo confronto con uno standard astratto, la continua preoccupazione di stare al passo con gli altri e la paura di fallire generano ansia, autolesionismo e depressione.
Se è vero che i giovani sono uno dei segmenti più colpiti dal fenomeno della malattia mentale (basta pensare che negli Usa il suicidio è la seconda causa di morte fra i giovani dai 10 ai 24 anni), problemi come l’ansia, la depressione, l’abuso di droghe o psicofarmaci non riguardano solo i giovani. In America, una persona su 5 soffre di un problema di salute mentale e una su 20 ha una malattia mentale combinata all’abuso di droghe o alcol. Le morti per eroina, oppioidi, e oppioidi sintetici sono triplicate dagli anni 90 e oggi hanno raggiunto livelli record, tanto che la morte per overdose ha causato di un accorciamento della vita media degli americani. Allo stesso modo, il suicidio è ai massimi livelli degli ultimi vent’anni (l’anno scorso il numero dei suicidi è stato il doppio di quello degli omicidi).
La salute mentale è un problema talmente grande nell’America di oggi che è stata definita un’emergenza nazionale dal U.S. Department of Health & Human Services.
Da questo quadro si può dedurre che l’ansia che i figli vivono nella scuola è un riflesso della condizione di profondo disagio, instabilità e incertezza che i genitori per primi vivono nella loro vita.
Il fenomeno della competizione nelle scuole ha quindi radici più profonde nella società americana e mostra i limiti delle logiche di concorrenza di un sistema neo-liberista portato all’eccesso: il crescente divario economico fra ricchi e poveri, una classe media che sta scomparendo, una società in cui il tuo valore sociale dipende strettamente dal tuo stipendio, in cui bisogna comprare casa in un quartiere ricco se si vogliono mandare i figli a delle buone scuole, in cui anche cure mediche di base sono costosissime se non si ha un buon lavoro, in una corsa contro il tempo per accumulare soldi presto (perché anche la pensione è una funzione di quanto guadagni ed è incerta, perché esposta alla volatilità del mercato azionario).
In particolare, il livello di disparità economica fra ricchi e poveri in America è senza precedenti oggi e questo divario cresce inesorabilmente e velocemente. A settembre il U.S. Census Bureau ha riportato che la disuguaglianza di reddito è ai livelli più altri mai registrati. Dal 1980 al 2018 la metà più povera della popolazione ha inesorabilmente ceduto sempre più ricchezza alla metà più ricca. Nel 1980 il top 1% guadagnava solo il 10% del reddito nazionale negli Usa come in Europa. Nel 2018, mentre in Europa il top 1% guadagna ancora solo il 12% del totale, negli Usa l’1% più ricco guadagna il 20% del totale. Se si considera il patrimonio (incluso beni immobili e finanziari), il divario è ancora più sorprendente: nel 1980 negli Usa il top 1% possedeva il 22% del patrimonio nazionale, mentre oggi il top 1% possiede il 50% del patrimonio nazionale (con il 20% più ricco che possiede il 90%) e studi prevedono che nel 2021 il top 1% possederà il 70% del patrimonio nazionale.
La competizione a livello scolastico è dunque spietata, perché la competizione per accedere ad un posto fra l’1% è spietata. In questa competizione sono avvantaggiati i figli di famiglie che possiedono le risorse finanziarie per comprarsi casa in un quartiere ricco con delle buone scuole (fenomeno che qui viene chiamato “segregazione residenziale” e che va sempre peggiorando) o per pagare rette universitarie che nelle migliori università sono circa 50mila dollari l’anno. L’accesso ad una buona educazione diviene allora un privilegio che si tramanda da generazione in generazione e contribuisce a accrescere il divario fra ricchi e poveri, quando invece dovrebbe rappresentare uno dei fattori di mobilità sociale più importanti per un paese. Di fronte a questa spaventosa realtà economica, genitori e figli soccombono alla paura.
Qualche mese fa l’Fbi ha scoperto una rete di organizzazioni che dal 2011 al 2018 aveva ricevuto più di 25 milioni di dollari per garantire ai figli di facoltose famiglie l’ingresso a università prestigiose come Yale, Georgetown e Stanford. Fra i trucchi utilizzati c’erano voti falsificati, mazzette ai direttori dei dipartimenti di ammissione, scambi di persona per effettuare i test di ingresso, persino foto modificate al computer in cui la faccia dei ragazzi veniva attaccata al corpo di altri giovani campioni sportivi.
Al tempo dello scandalo, l’opinione pubblica americana aveva reagito in modo non scontato e si era chiesta: che senso ha condannare genitori che pagano le tangenti per entrare all’università, e non scandalizzarsi per le rette universitarie astronomiche che costringono studenti meno abbienti a indebitarsi a vita, sapendo che l’accesso alle migliori università (istituzioni private che quindi agiscono secondo i criteri del profitto) è molto più difficile per chi ha bisogno di una borsa di studio e sapendo ancora meglio che il budget delle università stesse dipende in gran parte da elargizioni da parte di ricchi donatori che spesso con la loro generosità garantiscono anche un posto ai propri figli?
La competizione senza limite nella società americana è il sintomo di una nazione giovane, immatura e insoddisfatta che si scontra con i limiti di un sistema capitalistico con tendenze auto-distruttive e che ha bisogno di nuove modalità di per risolvere i propri conflitti.