Caro direttore,
mia figlia adolescente mi ha coinvolto per l’ennesima volta nella visione di una serie tv americana che adesso sta andando forte su Netflix, Atypical.
Sono arrivato avanti con le puntate e devo dire che la cosa mi prende molto. La storia ha al centro un diciottenne autistico, Sem, con la sua famiglia, padre madre e sorella, e con la galassia di personaggi del suo ambiente quotidiano.
Senza “spoilerare” la trama, vorrei però brevemente dimostrare come da questa serie (come tante altre dello stesso genere) emergano tratti della società e famiglia americana che sempre più stanno diventando “i nostri tratti” europei (quelle dinamiche e caratteristiche che credo siano anche lo spauracchio e i mostri da cui sono terrorizzati Putin e il suo alter ego ideologico/religioso patriarca Kirill, mostri che si illudono di combattere con le bombe e la guerra santa).
Alla base di tutto c’è una certa idea della persona umana. La persona è costituita esclusivamente dai suoi comportamenti, dalle cose che fa. In questo senso non è un caso che l’argomento principale della serie sia l’autismo del protagonista. Autismo uguale comportamenti ripetitivi e meccanici.
Il rapporto tra familiari ha come base e sostanza il comportamento dei personaggi coerente e fedele ai principi. La dannazione della persona avviene quando “mente”, cioè quando non è coerente con i valori e le regole che la micro-società (familiare, scolastica, amicale) si è data. Tutto si basa sullo sforzo e la volontà personali di seguire ed essere ligi a queste regole. Sem rimane spiazzato e demotivato da ciò che esce dai binari, dai comportamenti che non seguono il tapis roulant delle leggi conosciute. Così tutti gli altri.
Anche la concezione del sesso è un esempio di queste dinamiche descritte. Il sesso nel mondo adolescenziale è visto come un meccanismo del tutto al di fuori e slegato dalla totalità della persona. È una forma di piacere e sfogo che, anch’esso, va ricondotto a regole e inserito in “celle di sicurezza” che ne impediscano la pericolosità.
Totalmente assente da queste descrizioni e narrazioni è la considerazione del mistero della persona, il nucleo di esigenze ed evidenze che forma il cuore di ognuno di noi. O meglio, il desiderio e il cuore non possono tacere anche in questi personaggi, ma sono continuamente ricondotti e addomesticati nel “sapere umano”, nella rete di dinamiche psico-comportamentali e socio-comportamentali che dominano tutto il racconto.
Non per niente ogni desiderio o ogni grido, ogni disagio e ogni deviazione dalle regole che i personaggi sentono nel loro intimo, sono subito interpretati e dominati dagli psicologi (i grandi sacerdoti di questo mondo) e dalle loro terapie.
Anche il perdono è possibile solo dopo che chi ha sbagliato, dopo lungo travaglio e dannazione, con grande sacrificio e grande volontà ritorni a comportamenti adeguati.
In questo mondo, tutto è possibile ed è permesso a patto che venga inserito in una nuova serie di regole e di “paletti” da seguire. In questo senso la società diviene un grande contenitore che si allarga sempre di più, accettando qualsiasi tendenza comportamento capriccio con il vincolo di immetterli nella rete di controllo di ciò che la mente e il potere umani possono misurare e dominare. Di ciò che può essere giustificato dal sapere dell’uomo.
Insomma, in questo tipo di realtà non c’è spazio per la solitudine, per quel momento di impotenza in cui ognuno di noi si sente incapace (e sente incapaci tutti gli altri uomini, la società, la scienza, la psicologia) di risolvere il buio e il buco immenso che emerge in noi. Non c’è spazio per il grido. E per l’attesa. Per la domanda senza (immediata) risposta.
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