Cosa è accaduto nelle scuole nei mesi della sospensione delle lezioni? “L’emergenza sanitaria vissuta dalle istituzioni scolastiche ha rimesso in gioco quei fattori sensibili che costituiscono le forze vitali dell’educazione: l’affezione al servizio, il radicamento nel territorio, la centralità della relazione educativa come risorsa per le azioni didattiche, la responsabilità e il rinnovamento. Segnali dal basso, interessanti. Parafrasando il titolo di un celebre romanzo si potrebbe dire che “Piccole autonomie crescono”. Ne è convinto Ezio Delfino, presidente di Disal (Dirigenti scuole autonome e libere), che in questa intervista propone una serie di riflessioni e di possibili percorsi per rilanciare davvero l’autonomia scolastica, cercando di passare dal profilo emergenziale a quello di sistema, approfondendo quegli assetti culturali, organizzativi e istituzionali che riqualifichino le scuole come soggetti autonomi dentro un sistema pubblico di istruzione”, evitando così che “questo primo positivo esercizio di autonomia scolastica rimanga un fuoco di paglia e che possa subdolamente avviarsi un ‘commissariamento’ dell’autonomia”.



Si può affermare che il periodo di lockdown ha riacceso i riflettori sull’autonomia delle istituzioni scolastiche come strumento per realizzare l’offerta formativa?

L’esercizio dell’autonomia attuato dalle scuole statali e paritarie ha consentito ai soggetti educativi di mettere a fuoco i bisogni formativi e di apprendimento degli studenti, il valore e le caratteristiche che qualificano le professionalità dei dirigenti e dei docenti e ha permesso di “sperimentare”, anche se con luci e ombre, nuove strade nella didattica e nell’innovazione. Dopo anni di molestie burocratiche centralistiche che hanno reso faticoso far decollare l’autonomia delle scuole è bastato lasciare libere queste ultime e si è scoperto che esse, attraverso i loro protagonisti, sanno esercitarla semplicemente perché è iscritta nel loro codice genetico e si fonda su una comunità sociale che pre-esiste alle stesse leggi che la regolano.



Di quali nuovi significati si è arricchito il termine autonomia scolastica in questi tempi di pandemia?

“Autonomia” è una parola evocativa che va compresa bene, distinguendo i livelli in cui si articola e anche le tensioni entro cui si dibatte il suo concreto esercizio.

Ci spieghi meglio.

Per prima cosa è un termine che qualifica l’esperienza di responsabilità innanzitutto educativa e, quindi, di iniziativa didattica, di governo interno, di valorizzazione dei soggetti, di raccordo con il territorio di una scuola.  Un’autonomia che si sostanzia nel protagonismo qualificato e generativo di adulti implicati nell’ideazione corresponsabile di proposte, di percorsi formativi, di occasioni di verifica in cui i ragazzi si scoprano sostenuti nella realizzazione del proprio destino. La scuola è il luogo dei “temerari della ricerca”, per dirla con Nietzsche, dove si avvia il lungo cammino per diventare se stessi attraverso la partecipazione a “comunità di destino”, secondo la felice espressione del filosofo Gustave Thibon.



Ci sono altre declinazioni?

L’autonomia è emersa, in questi mesi, anche come termine che chiede di identificare princìpi, visioni culturali e priorità formative che si realizzano in esperienze, conoscenze, proposte innovative, cultura che ne connotano il valore e l’utilità: l’autonomia traduce un principio culturale da ridefinire continuamente a livello di singola scuola, pena diventare lettera morta e non interessare più nessuno. Infine, l’autonomia è stata ricompresa nel suo valore di assetto giuridico fondato sull’espressione responsabile e differenziata di soggetti – professionisti, operatori, educatori – e della società civile.

Cosa suggeriscono queste scoperte?

È più chiaro, oggi, che il tema è garantire a tutti l’esercizio del diritto allo studio assicurando un percorso formativo di qualità nella rete delle istituzioni pubbliche (statali, non statali, accreditate) e di cui l’autonomia scolastica può essere, se ben configurato e sostenuto, lo strumento di attuazione.

Cosa occorre fare?

Occorre, ora, promuovere il passaggio dal profilo emergenziale a quello di sistema, approfondendo quegli assetti culturali, organizzativi e istituzionali che riqualifichino le scuole come soggetti autonomi dentro un sistema pubblico di istruzione.

Intravede qualche ostacolo?

Il rischio è che questo primo positivo esercizio di autonomia scolastica rimanga un fuoco di paglia e che possa subdolamente avviarsi un “commissariamento” dell’autonomia (di cui un segno è stata la nomina da parte del Governo di un commissario straordinario per gli acquisti), che si implori dal basso una normazione secondaria per “regolare” la vita delle attività scolastiche di questo anno scolastico, o che gli strumenti per realizzare l’autonomia non vengano riconosciuti. Il rischio è che il bambino (l’iniziale nuova esperienza e consapevolezza di autonomia scolastica) sia soffocato nella culla.

Quali aspetti presidiare nelle scuole per capitalizzare questa nuova consapevolezza del valore dell’autonomia?

La cultura dell’autonomia autentica cresce nella trasparenza dei comportamenti e delle azioni delle singole scuole e nell’evidenza degli esiti di formazione, così da consentire un controllo formale sia da parte degli organi preposti, sia dall’utenza. Occorre poi intervenire nei contenuti della formazione del personale scolastico, affinché siano ispirati da visioni prospettiche che presentino l’autonomia come valore e strumento per un moderno servizio formativo. L’organizzazione della scuola centrata sulla sussidiarietà interna richiede, infine, chiarezza della mission (come proposito in evoluzione) intesa come valore a favore dei vari soggetti coinvolti, spazio d’azione libera dei gruppi di insegnanti, azione di monitoraggio e progressiva estensione delle prassi positive. Occorre, allora, aiutarsi a ideare un assetto culturale, organizzativo e istituzionale ispirato all’autonomia.

Come muoversi?

Questo è il tempo di riaprire un confronto sull’autonomia, di portarla all’attenzione, di dimostrarne l’adeguatezza alle nuove istanze formative, di “lavorarci su”, di verificarne le possibili attuazioni per arrivare a promuovere e sostenere qualche modifica normativa: poche misure, qualche nuova deroga, aiuti economici alle scuole statali e paritarie e, a medio termine, interventi a livello di normativa ordinamentale.

Quali interventi intravede per avviare un assetto del sistema scolastico amico dell’autonomia delle scuole?

A medio termine occorrerebbe intervenire su tre livelli. Il primo: una legge quadro che indichi la missione delle scuole, il modello dei servizi, i criteri di qualità (attrazione dell’utenza, apprendimenti, successo ex post degli alunni, reputazione), i vincoli (pochi ed essenziali) e le risorse, oltre al processo di miglioramento compartecipato e progressivo, interrompendo il riformismo compulsivo.

Il secondo livello?

Il secondo livello è programmare un’offerta di risorse per istituti associati in rete centrata su piani unitari e pluriennali di miglioramento con un monitoraggio attento agli elementi generativi.

E l’ultimo?

Predisporre un piano di interventi puntuali (giuridici, organizzativi, delle risorse) che favoriscano l’ampliamento “democratico” dell’innovazione (valorizzazione delle eccellenze, premialità a scuole di qualità, sostegno alle realtà scolastiche in contesti critici).

In attesa di questi interventi di sistema ci sono piste di lavoro già da subito percorribili per liberare l’autonomia?

Occorre comprendere dove ora si colloca l’autonomia scolastica, in quali aspetti in questi venti anni ha cambiato la sua natura, a che cosa serve adesso e quali aspetti della gestione scolastica aiuta a risolvere e gestire. Nell’articolo 5 della Costituzione la parola autonomia è pronunciata due volte, oscillando tra l’idea di decentramento e quella di autogoverno. Lo sviluppo della legislazione ha portato a evidenziare soprattutto il valore della seconda: non solo trasferimento sul territorio di uffici centrali, ma anche sviluppo di servizi di prossimità in relazione ai bisogni della comunità. Questa potrebbe essere la prospettiva con la quale rilanciare l’autonomia scolastica come strumento che favorisce la creazione di scuole come comunità di apprendimento, come comunità di comunità e come comunità nel territorio.

Quali piste operative di lavoro si possono percorrere?

Il percorso a breve termine potrebbe essere quello di attuare qualche cambiamento delle attuali normative in chiave pro-autonomia, mettendo mano alla modifica degli ordinamenti della scuola per via amministrativa. È necessario (e possibile), per esempio, riprendere i lavori della Commissione a suo tempo istituita per la riscrittura di un Testo unico delle normative per la scuola che superi quello del 1994, semplificando la normativa ed eliminando quella ridondante rispetto all’esercizio dell’autonomia. È tempo, inoltre, di pensare alla riscrittura dei curricoli disciplinari e dei diversi ordini scolastici, nella prospettiva di essenzializzarli e di renderli integrabili con le esigenze formative dei territori. Si tratta, ancora, di rendere pienamente applicabili gli articoli del Regolamento dell’autonomia Dpr 275/1999 che sostanziavano le varie forme di autonomia (l’art. 4 – Autonomia didattica, l’art. 5 – Autonomia organizzativa, l’art. 6 – Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, l’art. 7 – Reti di scuole, l’art. 8 – Definizione dei curricoli, e l’art. 12 – Sperimentazione dell’autonomia). È necessario, poi, provvedere a riscrivere norme relative a: organizzazione tempo scuola, monte-ore annuale e introduzione dei crediti formativi come esito del processo di insegnamento. La semplificazione burocratico-amministrativa più volte annunciata e di cui si sta ora occupando la Funzione pubblica è un’altra pista di lavoro urgente per liberare la scuola dai molti vincoli formali, non tutti pertinenti con la sua finalità e il suo campo di azione. L’esercizio dell’autonomia delle scuole statali e paritarie richiede, infine, il supporto di un servizio tecnico che è possibile con l’istituzione di centri di servizi amministrativi ed un supporto economico ed amministrativo per favorire la costituzione di reti di scuole. Infine non va sottovalutato l’impatto che può avere, per una gestione flessibile ed efficace dell’offerta formativa di scuole autonome, il potenziamento tecnologico alla didattica integrata e la valorizzazione delle nuove forme di lavoro a distanza.

Gli annunciati finanziamenti europei possono dare ossigeno all’esercizio dell’autonomia?

Rappresentano un’occasione che non potrà non essere intercettata dai responsabili politici italiani per finanziare riforme strutturali riguardanti anche la scuola in chiave di autentica autonomia e in un’ottica di sviluppo comune tra i Paesi europei. Un investimento attraverso Sure, Bei e Mes di quasi 100 miliardi di risorse, cui si aggiungerà la “dote” di 172 miliardi del futuro Recovery Fund, potrà diventare autenticamente strategico.

(Marco Tedesco)