La vita di classe sta diventando un inferno. Non parliamo poi delle mense scolastiche, dei refettori dove urla e schiamazzi dominano rendendo intollerabile una presenza maggiore di un quarto d’ora per cui gli insegnanti fanno di tutto per terminare in fretta ed uscire dalla bolgia infernale.

Ebbene, nel lunghissimo articolo de Il Fatto Quotidiano di lunedì 4 novembre “Botte, paura. I nostri figli nella scuola delle suore” contro le Suore Francescane Angeline di Roma, messe sotto inchiesta per maltrattamenti di bambini dell’asilo, si dice che le massime punizioni avvenivano proprio in mensa. Il motto “mostruoso” delle suore era “bocca chiusa e piatto pulito” cioè una richiesta di silenzio e di azione orientata all’atto “mostruoso” di alimentarsi. Una cosa elementare che oggi però risulta “mostruosa” di fronte allo stile comportamentale e alla cultura di massa ormai dominante.



Per decenni lo slogan che “l’obbedienza non è più una virtù” è stato propagandato diventando egemone. Inventato da don Milani, che ai suoi tempi era isolato nella Chiesa cattolica, fu impugnato dalla cultura laica anticattolica e antisistema, ovviamente interessata a difendere comportamenti oppositivi al modo di essere maggioritario che considerava con ostilità perché non riusciva a scalfirlo sul piano politico.



Alla fine lo slogan ha vinto e la disubbidienza è diventata la nuova virtù. L’adesione al nuovo slogan che ribellarsi è giusto è sicuramente alimentata dalla gigantesca e cronica inefficienza delle strutture statali a cominciare dalla scuola. Ma ormai siamo andati oltre ogni giustificazione. Per anni nelle scuole medie il testo più letto è stato L’allievo modello di Joseph Roth, un brano in cui “si svela” il vero sentimento che anima l’alunno diligente: un desiderio mostruoso di potere. E l’alunno ubbidiente e diligente è stato demonizzato, anche se ogni insegnante in cuor suo desiderava avere una classe docile e collaborativa, seppure vivace sul piano intellettuale.



Pian piano gli insegnanti, soggiogati dai loro stessi slogan, hanno abolito o demonizzato qualunque atteggiamento “costrittivo e minaccioso”, qualunque castigo o condanna di comportamenti inadatti al clima di classe ed alle relazioni scolastiche. Abolite le note, l’allontanamento dalla classe, le sospensioni, i richiami severi. 

Il docente “democratico” all’inizio sentiva di acquisire, con la sua linea buonista, un prestigio gratuito ed un appoggio tra i genitori di tipo nuovo, diversi da quelli che per secoli avevano sostenuto la severità educativa. Ma subito le cose cominciarono ad andare male. Mi sia consentito un ricordo personale: anno 1974, scuola media sperimentale a tempo pieno del quartiere Gratosoglio di Milano. Dovevo sostituire un docente che se n’era andato perché sommerso dalle accuse di autoritarismo: usava il libro di testo e dava i voti. Quando arrivai davanti alla porta dell’aula la vidi piena di buchi. Stava per suonare la campanella del cambio d’ora e dall’interno proveniva un frastuono memorabile. Poco dopo la porta si aprì e a valanga uscirono gli alunni trascinando il professore. Era teso ma con il volto gioioso e ridente e mi guardava amichevolmente parlandomi dell’unicità di quella scuola. Dopo venni a sapere che era un prete spretato e sposato che viveva magnificamente la sua nuova condizione umana. Chissà che fine avrà fatto.

Molti cattolici si convertirono alla facile proclamazione del “liberi tutti”, dell’uso esclusivo di amore e persuasione, del solo buon esempio. 

Gradualmente, pur scricchiolando da subito nelle situazioni di “avanguardia”, il nuovo corso si estese, sostenuto per ragioni varie, politiche e non, da fasce sempre maggiori di intellettuali, giornalisti, docenti e genitori, diventando egemone. Oggi in Italia l’alunno diligente si nasconde e finge di essere strambo anche lui per non fare brutta figura. Demonizzando l’obbedienza (ma solo quella acritica, diranno i buonisti) fin dalla nascita ed esaltando il bambino “creativo” (oggi poi in modo speciale la bambina creativa e ribelle) abbiamo preparato il terreno a una generazione di infelici incapaci di organizzare i propri pensieri e sentimenti, incapaci di confrontarsi contemporaneamente sia con la tradizione che con autentiche ed utili innovazioni.

Certo le povere Suore Angeline non hanno colto il nuovo contesto in cui operano. Hanno continuato a chiedere i comportamenti tradizionali restando impotenti difronte alle nuove reazioni dei bambini. Sì, i bambini di tipo nuovo, che cominciano ad essere tantissimi.

Si vedono spessissimo, ovunque, situazioni di mamme che contrattano infinitamente le cose da fare o non fare con figli dai due anni in su. Usano il dialogo, la persuasione, l’esortazione. Si vede che rifiutano ogni perentorietà. E il bambino dilaga infelice, incontenibile, eternamente instabile e mutevole.

Ma la lotta ideologica al moderno “liberi tutti” non è stata fatta. I “tradizionalisti” hanno taciuto, lasciando campo libero ai nuovi dogmi e oggi la vittoria del liberismo dogmatico è totale. Così come la paralisi gestionale, che viene superata di nascosto con mezzi magari ultra tradizionali e quindi indicibili e con sensi enormi di colpa sia a “destra” che a “sinistra”.

Io ho espresso più volte indicazioni concrete delle misure necessarie per il buon governo della classe in questa nuova realtà. E cioè l’utilizzo sia di attività tradizionali a classe intera ridotte al minimo che di attività mirate su piccoli gruppi o casi singoli. Certo ci vuole l’adesione convinta dei docenti e la capacità di rinunciare alle “sirene” di gran moda. Però sento che il pendolo del liberismo dogmatico è arrivato a fine corsa e che comincia ormai un cambio di rotta, un nuovo ciclo che non durerà poco e nemmeno sarà eterno. Forse solo 50 anni.