Paolo Alessandrini, ingegnere informatico, docente di matematica, divulgatore e appassionato di musica torna con un nuovo volume, Bestiario matematico. Mostri e strane creature nel regno dei numeri, Hoepli 2021) sul tema della bellezza nella matematica, già affrontato nel precedente Matematica rock recensito qui. Torna cioè sulle stesse tracce di esperienza della bellezza matematica che hanno trovato posto nelle canzoni di questo ultimo mezzo secolo.
Ma che cos’è la bellezza? Quando ne facciamo esperienza? Cosa c’entra questa parola con un campo ritenuto “arido” e astratto dalla maggioranza dei potenziali lettori di questo libro? Una caratteristica dell’esperienza che indichiamo con questa parola è il cogliere per la prima volta i nessi, una rete di collegamenti inaspettati tra elementi diversi tra loro, l’intravvedere un senso, un legame che non ci aspettavamo. L’autore in particolare sperimenta quell’attimo di sorpresa che dà la semplicità, colta a posteriori, di un risultato conseguito magari con molta fatica. Come quando si conquista una vetta in montagna e, in quell’istante, ci viene regalata la vista di tutto il paesaggio e rivediamo nel suo contesto la via fatta per arrivarci.
Proponendo mediante un’agile lettura il nocciolo di questi risultati, Alessandrini fa rivivere la sorprendente semplicità di questa esperienza, ma ci avverte: “Non si cada nell’equivoco di pensare che per fare matematica basti puntare una bacchetta e aspettare che i risultati arrivino da soli, senza sforzo. Tutt’altro (…) La matematica è una guerra. Una lotta furibonda, portata avanti da matematici da trincea, con le mani sporche di gesso e le fronti imperlate di sudore, che combattono battaglie senza quartiere contro creature mostruose e insidiose. La matematica è anche una storia d’amore. Sì, perché quei duelli sono spesso schermaglie amorose: serve passione per quelle idee, occorre amarli quei concetti, altrimenti la guerra è persa in partenza”.
L’idea da cui nasce questo saggio è infatti mostrare una raccolta di problemi e/o argomenti matematici, considerati particolarmente insidiosi e ostici da maneggiare, incontrati nella storia del pensiero umano. Il risultato è quello di aver compilato quello che nel medioevo veniva chiamato un “bestiario”, una raccolta cioè di animali reali o di fantasia mostruosi. E seguendo questa idea riesce divertire il lettore attraverso la metafora del fantasy e una meticolosa indagine storica usata come base di citazioni per condurre con invidiabile leggerezza il lettore attraverso il percorso del pensiero.
Per dare un ordine, divide l’esposizione in tre macro argomenti: mostri legati ai numeri, alla geometria e alla logica. In questo modo introduce il lettore partendo da argomenti di matematica quotidiana considerati banali dai più, ma che tali non sono se andiamo a ripercorrere come storicamente sono nati e si sono evoluti. Partiamo quindi dalla storia del concetto dello “zero”, di come sia comparso in alcune civiltà e rifuggito per quella paura del nulla che esso evoca (basti pensare che il simbolo usato dai Maya al proposito era quello che rappresentava i sacrifici umani richiesti dai loro dei; introdotto in India intorno al 500, fu portato in Europa solo da Fibonacci nel XIII sec.). Così come i numeri negativi descritti come assurdi o finzioni fino alla fine del Seicento, ma ancora considerati “raccapriccianti” durante il Settecento. Oggi ci risultano famigliari, ma questo è il risultato di un lungo percorso culturale.
Per non parlare dei numeri irrazionali: nell’antica Grecia quando ancora non c’era una distinzione netta tra religione, scienza, filosofia, i pitagorici investivano tutta la loro vita sulla dottrina che tutto è numero, ma essendo la matematica greca incentrata sulla geometria, avevano esteso i numeri interi fino al concetto di rapporto (ratio) tra interi ragionando sul rapporto tra lunghezze di figure geometriche. Ma proprio grazie al “famoso” teorema di Pitagora, qualcuno si accorse della incommensurabilità della diagonale del quadrato con il suo lato, scoprendo così numeri non esprimibili come rapporto (ratio) tra due interi e quindi chiamati irrazionali, scatenando così una crisi d’ansia tra i seguaci, che prendevano consapevolezza del crollo del sistema a cui avevano dedicato la vita. Come nelle migliori delle tradizioni all’inizio cercarono di insabbiare la scoperta e quando qualcuno la fece trapelare… lo fecero sembrare un incidente. Cosa non si è disposti a fare a causa dell’angoscia!
Il bestiario dei concetti angoscianti continua con quelli di infinito e infinitesimo “attuali” e tollerati solo nella forma “in potenza” e bisognerà passare da Newton e Leibniz per vederli maneggiare correttamente, fino, ovviamente, ad arrivare alla teoria degli insiemi di Cantor così commentata da David Hilbert: “Nessuno riuscirà a cacciarci dal paradiso che Cantor ha creato per noi”. Ma i problemi dell’algebra ci portano ai numeri “immaginari” (radici quadrate di numeri negativi) senza dei quali non avremmo la comoda matematica con cui descriviamo i fenomeni ondulatori, così decisivi in elettrotecnica e meccanica quantistica.
Questi sono solo alcuni esempi di concetti matematici, citati perché probabilmente più vicini alle conoscenze del possibile lettore, ma quello che colpisce nella storia del pensiero è che una volta affrontato il mostro matematico, imparato a delimitarne le proprietà e a maneggiarlo per “far di conto” senza causare esplosioni logiche (ma anche pratiche, se si pensa a quando un algoritmo informatico tenta di fare una divisione per zero), si tenta di andare sempre un po’ più in là generalizzando i concetti fino a trovarne di nuovi prima neanche intravisti (ad esempio i quaternioni, prima generalizzazione degli immaginari, e la scoperta delle perdita di proprietà algebriche, man mano che viene iterato il processo di generalizzazione).
Lo zoo di questi animali feroci passa poi a concetti di geometria, ovviamente con le geometrie non euclidee nate “per sbaglio” e viste come esercizi di immaginazione, ma oggi indispensabili per le rotte aeree su una superficie sferica e soprattutto senza le quali non avremmo avuto la relatività generale di Einstein, fondamento nella descrizione attuale dell’universo, che interpreta appunto la gravità come un fenomeno geometrico non euclideo. Ci troviamo ad affrontare le sfide della topologia e le “geometrie impossibili” di Möbius, ma anche a riflettere su concetti ovvi come quello di dimensione di un oggetto (un quadrato, un cubo…) che porta alla scoperta di dimensioni non intere come nel caso di oggetti frattali.
Infine ci si addentra nella terra di Mordor dei mostri più astratti della connessione tra strutture algebriche e teoria dei numeri del “Mostro di Griess”. Nel 1992 “Borcherds riuscì a addomesticare la folle idea di Conway e Norton mediante una dimostrazione estremamente complessa, che utilizzava persino tecniche prese a prestito dalla teoria delle stringhe: il modello che tenta di combinare la relatività generale con la meccanica quantistica. Il mostruoso chiaro di luna che stabilisce un ponte tra il Mostro della teoria dei gruppi e quello della teoria dei numeri, dunque, non era un’allucinazione provocata dall’alcol, ma una verità”.
In un’epoca di specializzazione delle discipline Paolo Alessandrini, evidentemente sostenuto da una personale passione, riesce ad abbracciare una visione d’insieme delle svariate branche della matematica a beneficio di noi lettori sottolineando gli aspetti di difficoltà e illuminazione delle problematiche dalle origini ai giorni nostri. Il tutto raccontato con scorrevolezza, senza richiedere al lettore alcun prerequisito, se non un po’ di curiosità, voglia di divertirsi e di disponibilità a compiere questo giro del mondo in 200 pagine. Ma senza rinunciare a condurlo nel merito del tema trattato.
L’autore riesce a comunicare al lettore quell’attimo di bellezza che percepisce quando l’oscurità di un problema, di cui non si intravede soluzione, si illumina e si giunge una conclusione: esperienza che spinge gli uomini a compiere la fatica necessaria affinché possa ripetersi.
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