“Abbiamo stanziato più di 2 miliardi e definito un quadro di regole insieme alle autorità sanitarie e al mondo della scuola. Ora tutti siamo chiamati a fare la nostra parte” dice al Sussidiario il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, alla vigilia del suo incontro al Meeting di Rimini, previsto per oggi, dove parlerà del “Lavoro che verrà. Imparare a imparare”. Il tema che gli sta più a cuore, tornando alla ripresa di settembre, è “lavorare per ricucire, con l’obiettivo di una scuola ‘nazionale’ che dia a tutte e a tutti le stesse possibilità”.



Ministro, le stime parlano di 100mila persone che al 1° settembre potrebbero essere senza green pass. Cosa risponde a chi – come Anp – sostiene che il protocollo sulla sicurezza offre una scappatoia al personale no vax?

La nota con cui abbiamo accompagnato l’invio del Protocollo di sicurezza alle scuole precisa bene i confini delle regole: potranno utilizzare parte delle risorse che sono state stanziate con il decreto Sostegni bis destinandole alla copertura dei costi per effettuare tamponi diagnostici “al personale scolastico, impegnato nelle attività in presenza e che si trovi in condizioni di fragilità sulla base di idonea certificazione medica”. Non ci sono ambiguità. Inoltre, mi permetta di ribadire che il green pass non è una misura punitiva, ma uno strumento che permette di tutelare i più fragili e il bene collettivo della scuola. La larga maggioranza del personale della scuola ha compreso bene quanto il vaccino sia prezioso per il ritorno alla normalità.



Come pensate di far bastare i 100 milioni di euro stanziati per lo “screening della popolazione scolastica” ex decreto 111/2021?

Si tratta di risorse importanti con le quali il commissario straordinario per l’emergenza predisporrà e attuerà un piano di screening della popolazione scolastica. Ci confronteremo nei prossimi giorni sulle modalità di effettuazione. Nel frattempo, stiamo andando avanti con la campagna di vaccinazione, alla quale anche le ragazze e i ragazzi stanno aderendo con entusiasmo dimostrando grande senso di responsabilità. E le scuole avranno a disposizione 410 milioni per acquistare nella loro autonomia beni e servizi per fronteggiare l’emergenza sanitaria.



Può confermare che le misure adottate dal governo con l’obbligo vaccinale indiretto, appunto tramite green pass, escludono il ritorno in Dad?

Il decreto legge che abbiamo approvato nell’ultimo Consiglio dei ministri mette nero su bianco che le attività didattiche a settembre riprenderanno prioritariamente in presenza. L’obiettivo del Governo, fin dal suo insediamento, è stato il ritorno in presenza e in sicurezza. Per questo abbiamo stanziato più di 2 miliardi di euro e abbiamo definito un quadro di regole insieme alle autorità sanitarie e al mondo della scuola. Ora tutti siamo chiamati a fare la nostra parte.

L’organico Covid lo scorso anno è stato fondamentale per affrontare l’emergenza. Perché non affidarne la gestione alle scuole autonome?

Con il decreto Sostegni bis abbiamo stanziato 400 milioni per attivare ulteriori incarichi temporanei di personale Ata e docente, in particolare per il recupero degli apprendimenti. Impegneremo queste risorse secondo un parametro molto importante e non utilizzato prima. Daremo i fondi in base alla numerosità della popolazione, all’affollamento delle classi, all’andamento delle prove Invalsi. Non sono risorse a pioggia, ma ben mirate. Abbiamo studiato numeri e casistiche. Credo che fare continui raffronti con il passato sia poco utile. Il quadro è cambiato e cambiano le modalità per affrontare la situazione. Come è naturale che sia.

Non crede, anche sulla base di quanto emerso dai risultati Invalsi, che nella scuola il problema didattico sia superiore a quello sanitario? Quali valutazioni ne trae?

I risultati dell’Invalsi hanno messo in evidenza problemi che la pandemia ha acuito. Già prima del Covid il sistema era caratterizzato da disuguaglianze territoriali e sociali insostenibili, che l’emergenza sanitaria ha messo in evidenza e approfondito. La scuola è lo specchio del Paese. Il primo mandato che abbiamo davanti è proprio lavorare per ricucire, con l’obiettivo di una scuola “nazionale” che dia a tutte e a tutti le stesse possibilità. Solo così possiamo davvero ripartire.

Le graduatorie per le supplenze sono fonte di contenzioso e si hanno sempre ritardi nelle nomine, perché non riformarle? Cosa ne pensa di affidare alle scuole autonome (non ai presidi) la scelta del personale?

Vorrei ricordare che questo governo si è insediato a febbraio, non anni fa. Sono passati appena sei mesi e, mentre parliamo per questa intervista, abbiamo già assunto 50mila insegnanti e le procedure stanno andando avanti. Lo scorso anno ne furono assunti appena 20mila dopo un lungo dibattito politico sulle supplenze e sul tema dei precari. Questo governo si è dato l’obiettivo di fare ordine in una matassa complessa come quella della scuola. I primi risultati ci dicono che qualcosa sta già cambiando. Poi, con il Pnrr, abbiamo risorse e strumenti per intervenire complessivamente sul sistema di formazione e reclutamento dei docenti. Lo faremo.

Il tema del suo incontro al Meeting, “imparare a imparare”, pone un forte accento sul metodo. Non crede che nella scuola attuale questo possa indurre uno sbilanciamento eccessivo a svantaggio dei saperi disciplinari che i docenti da sempre consegnano alle nuove generazioni?

La scuola attuale è largamente più avanti di quanto pensiamo e di come la descriviamo. Credo che la reazione avuta dal personale in pandemia sia stata molto chiara: la scuola si è tirata su le maniche e ha rivoluzionato il proprio modo di operare in poche settimane, dovendo passare dalla didattica in presenza a una didattica mediata dal computer, totalmente a distanza. Dobbiamo cogliere questa spinta innovativa che esiste ed è chiara nella nostra scuola.

Può documentarlo?

Ci sono centinaia di istituti che fanno parte del Movimento delle Avanguardie educative. In pochi lo conoscono. Ci ha lavorato l’Indire, in questi anni, il nostro Istituto per la ricerca didattica, anche questo poco noto fuori dagli ambienti ministeriali. La scuola è già in cammino verso il cambiamento, dobbiamo solo dare visibilità e spazio a tutte queste pratiche facendole conoscere al Paese che deve tornare a innamorarsi della sua scuola, uscendo da un dibattito al ribasso che non fa altro che danneggiarla.

(Federico Ferraù) 

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