Scuola elementare della provincia milanese, una di quelle che a sentire i risultati Invalsi sta sopra la media nazionale. Un po’ vecchiotta e malandata, ma con tutte le bandiere arcobaleno e le scritte pace su tutti i vetri. C’è un bel giardino che la circonda e i bambini giocano lì, quando non piove e tira vento. E ci fanno attività di educazione fisica, se si chiama ancora così. Anche quelli della classe prima. Ed è alla mamma di uno di questi bambini che una mattina d’aprile – il più crudele dei mesi – all’ingresso per l’inizio delle lezioni, la maestra si avvicina piuttosto circospetta chiedendo se non sia possibile scambiare quattro chiacchiere. Succede, per fortuna, che le maestre non siano così rigide con il protocollo e che non aspettino i canonici incontri con i genitori per dare qualche informazione sugli alunni.



La mamma viene tirata in disparte e comincia a preoccuparsi: sarà mica successo qualcosa che Carletto non le ha raccontato? Cosa avrà combinato? Di solito è sempre bravo e comunque alla fine della giornata dice alla mamma tutto quello che succede. “No, niente di grave”, dice la maestra che sembra avere visto passare un’ombra di preoccupazione sul volto della mamma. “No, non si preoccupi. Solo che Carletto, vede, è…troppo buono. E proprio non dovrebbe”.



Dalla faccia della mamma scompare la preoccupazione e affiora una certa stupita curiosità.

“Mi spiego meglio”– dice la maestra. “Ieri Carletto, mentre eravamo in giardino a giocare, è stato bersagliato per dieci minuti da Francesco con dei rametti che avevano raccolto dal terreno. Francesco tirava quei pezzetti di legno anche con violenza. E Carletto niente. Neanche una parolaccia, un pugno anche solo mostrato per convincere il compagno a smettere di colpirlo. Se ne stava lì buono, buono e diceva con garbo e pacatezza “smettila dai, adesso basta”. Ma quello non smetteva e forse Carletto avrebbe fatto bene ad arrabbiarsi un po’, ad andargli vicino e rimproverarlo con più veemenza, correre dalle insegnanti a chiedere un intervento. Niente. Allora… sono intervenuta io”.



La mamma, che mi ha raccontato la storia, cosa poteva dire? A me è venuto da dire: “Oh che brava la maestra che dopo dieci minuti è intervenuta!”

Lei, la mamma, non ha fatto altro che confermare: “Certo che Carletto è buono. E ne sono davvero orgogliosa. E probabilmente dovrebbero esserlo anche le sue maestre, non crede?” Al che la maestra è ritornata all’attacco: “Sì, sì, certo. Ma non è troppo buono? Così finirà per farsi mettere i piedi in testa da tutti”.

Allora la mamma ha sorriso e ha detto: “È buono. Non è troppo buono”. E non è stata ad approfondire tutta la serie di questioni che le ribolliva dentro. Ha salutato Carletto ed è salita in macchina per andare alla sua scuola. Perché la mamma di Carletto fa l’insegnante. E come la maestra di suo figlio, ha fatto negli ultimi anni decine di corsi di aggiornamento su bullismo, cyberbullismo e fantabullismo. Ma in nessuno di questi corsi avevano suggerito di iscrivere i figli a dei corsi di judo o karate per difendersi da qualche bulletto. Non che la maestra l’abbia fatto. Ma a me viene da pensare che il mondo giri al contrario: ora i genitori dovrebbero preoccuparsi di avere figli educati e ragionevoli. Voi che avete figli insofferenti, maleducati e violenti state tranquilli: loro sono nella norma, loro sono il mondo vero. La maestra non vi chiamerà mai da parte per dirvi quello che hanno combinato durante le ricreazione: calci, sputi, spintoni sono all’ordine del giorno. A me viene ancora da pensare, però: e la maestra non poteva intervenire prima? Lasciare che per dieci minuti Francesco tirasse bastoncini al compagno era una forma di “sorveglianza educativa”? Voleva vedere fino a dove arrivava Francesco? O Carletto? O forse sono io che penso male: forse la maestra ha anche lei un figlio troppo buono e ha voluto mettere in guardia la mamma di Carletto: “Questo è un mondo di lupi, cara signora. E noi, come ben sa anche lei che fa il mio stesso mestiere, non ci possiamo fare niente. Bisogna che i bambini imparino a difendersi”.

Può anche darsi che la maestra abbia detto quello che ha detto a fin di bene. Ma a me sembra che, se così girano il mondo e la scuola, i bambini dovrebbero cominciare a difendersi anche dalle maestre. Ma come si fa? Un corso di judo, di karate o di giurisprudenza? C’è davvero il modo di difendersi?

Intanto Carletto il giorno dopo è entrato a scuola salutando Francesco. Ha raccontato alla mamma che Francesco ogni tanto fa il monello. Ma non è cattivo sempre.

Ha più buon senso lui dei giornalisti e dei maestri: quali corsi ha frequentato? Magari ce li può consigliare. O è solo troppo buono?

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