C’è un terzo esempio di lezione dialogata, e si tratta di un apparente controsenso. Vediamo perché.
La lezione dialogata nel tema in classe
Potrebbe apparire un paradosso, ma la lezione dialogata è possibile anche in modalità asincrona (per usare un neologismo didattico post-Covid), cioè senza un dialogo diretto. Accade un dialogo ogni volta che un alunno si rende disponibile o si lascia attrarre da una materia, un argomento, un autore e vi si paragona anche tramite un proprio testo scritto.
A seguito di un lavoro su Leopardi, in un tema in classe impostato come una lettera immaginaria da indirizzare al poeta: “Caro Leopardi/ ciò che scrivi nel Canto notturno è profondo e vero, infatti…”, una ragazza risponde “[il pastore] è come se fosse ancora un bambino che deve scoprire il mondo. Mi ci ritrovo un po’, chissà quante cose belle o brutte ci sono là fuori e io non me ne accorgo neanche. I grandi invece sì. Per ‘grandi’ mi riferisco ai genitori che sanno cosa c’è là fuori. […] Nella poesia [tu] usi parole profonde per far capire com’è la vita. Io, alcune volte, mi siedo e guardo mio fratello, così piccolo, indifeso, stupido… non sa neanche parlare. Alcune volte mi fa ridere per quanto è buffo. Sai Leopardi, una parte di me vuole crescere, innamorarsi, scoprire, essere indipendente. L’altra invece vuole rimanere ‘buffa e stupida’, senza stress, senza problemi, senza pensieri. Ovviamente non si può scegliere, la vita va avanti. Ogni secondo mi chiedo cosa succederà. […] E torniamo al punto di prima. La vita è triste e ingiusta. Non dico che non abbia senso, anzi tutto ha un senso, ma non sempre trovi la risposta. Io cerco di divertirmi, di fare più cose possibili, di scoprire cose nuove; sul momento, forse, sono anche felice. Ma appena esse finiscono mi travolgono ancora una volta i miei pensieri. Caro Leopardi, ho tanto da dire, ma credo che le mie parole siano inutili, per il semplice motivo che tu sai già come è la vita”.
Dunque una lezione dialogata accade a chiunque si lasci provocare dai contenuti, dalla materia, dall’argomento o, come in questo caso, dalle parole dello scrittore, indipendentemente dalla preparazione didattica e dalla corrispondenza dei giudizi dell’allievo all’idea del docente. Da parte dell’alunno serve la sincera disponibilità a lasciarsi provocare e confrontare la propria esperienza con l’argomento didattico.
Certo, nel tema in classe il dialogo è ristretto ad alunno scrivente e docente lettore, ma sappiamo come sia possibile riversare la ricchezza di un testo individuale sulla classe intera con tutta la straordinaria potenza delle parole di un coetaneo, così come è sempre possibile avviare un dialogo scritto tra docente e allievo.
Non è dunque la meccanicità del dialogo orale a rendere tale la lezione dialogata che, come si è visto, può assumere mille risvolti. Infatti un dialogo vivace si avvia qualora gli alunni si sentano personalmente interpellati ad attivarsi contribuendo con proprie intuizioni, riflessioni, comparazioni con l’esperienza, domande di chiarimento, persino domande di semplice curiosità; tutte manifestazioni, queste, di un risveglio individuale che non si azionerebbe se si richiedesse allo studente unicamente di fornire la risposta esatta, di barrare la casella corretta tra le tante possibili, di restituire quanto avesse capito di ciò che spiega il docente.
Sono la presenza viva dell’alunno carico della stima del proprio docente e la presenza viva del docente messi entrambi davanti all’oggetto analizzato a rivelarsi oltremodo interessanti. È chiaro che una conferenza o una lezione frontale indirizzerebbero più rapidamente al traguardo, con il rischio però che l’insegnate ci giunga solo, in compagnia della propria perenne preoccupazione di “portare a termine il programma”.
Invece la lezione dialogata rende protagonista lo studente, qualsiasi sia il suo intervento (purché vero e sincero). Anzi essa non può letteralmente esistere senza lo studente, il quale contribuisce a fare della propria classe (almeno per il tempo della lezione) una compagnia guidata dal docente lungo il sentiero culturale che questo ha pensato per i propri allievi.
(3 – continua)
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