– Ciao tesoro, sono la zia. Volevo chiederti un parere.
(silenzio piuttosto stupito) – Sì?
– Che cosa ne pensi dell’ipotesi di promuovere tutti di cui parlano oggi i giornali?
– Anche quest’anno? Mi sembra una stupidata.
– Perché?
– Perché se una classe ha lavorato seriamente le valutazioni si possono fare come prima.
– Cosa vuol dire “seriamente”?
(secondo silenzio. Intuisco un “è così ovvio”) – Vuol dire che i professori hanno fatto il programma e hanno fatto delle prove per vedere se abbiamo capito, e noi a casa abbiamo studiato.
– Ma si possono fare delle prove a distanza?
(terzo silenzio. Vedo la mia già scarsa reputazione colare a picco) – “Certo, prove scritte e interrogazioni. Ne abbiamo fatte un mucchio. Si vede chi ha imparato e chi no.
– Non si può imbrogliare?
(quarto silenzio, che interpreto come incertezza sulla posizione da assumere, poi prevale la sincerità) – Beh, sì. Si può copiare o farsi suggerire.



Non infierisco oltre, ringrazio e saluto. Questo dialogo fra un venditore di articoli per il Sussidiario e una passeggera (ricchi premi a chi riconosce la citazione), che frequenta la terza in un prestigioso liceo scientifico milanese, riassume molte delle perplessità suscitate dalla proposta di una mega-sanatoria che porti avanti tutti i ragazzi della secondaria, inferiore e superiore (nella primaria, giustamente, le bocciature sono praticamente scomparse).



Mi sembra che quale che sia la scelta siamo di fronte ad una classica situazione “lose-lose”, che potremmo tradurre con “come fai, sbagli”, in cui non esistono scelte vincenti.  La prima parola importante è “seriamente”, che riguarda sia il modo in cui la Dad è stata attuata, sia il coinvolgimento dei ragazzi (“ormai siamo diventati bravissimi”, ha precisato la nipote di cui sopra): l’aspetto perdente è che non tutte le scuole hanno lavorato allo stesso modo, e ci sono state situazioni in cui la didattica a distanza non ha funzionato per problemi tecnici o carenza di strumenti, o – peggio – per incapacità o scarsa disponibilità dei docenti, e qui la valutazione dovrebbe essere data a loro e non agli studenti.



La seconda parola è “imbrogliare”, o se si vuole essere più diplomatici, l’affidabilità dei risultati, o anche delle prove di verifica. Ritengo  che anche nella didattica a distanza sia necessario fissare degli obiettivi, e poi dare ai ragazzi la misura di quanto avanti sono andati rispetto all’inizio (la cosiddetta valutazione formativa), e di quale livello abbiano raggiunto (valutazione sommativa). È un compito fondamentale della scuola, da cui non può esimersi: se i tradizionali metodi di accertamento non funzionano, non si deve rinunciare alla valutazione, ma trovare metodi diversi. Una preside, di cui ho opportunamente rimosso sia il nome che la città, ha dichiarato che “si possono valutare le competenze ma non le conoscenze”: dichiarazione meritevole di bocciatura immediata, forse anche di retrocessione, primo perché opporre conoscenze e competenze oltre ad essere sbagliato è anche insensato, e secondo perché uno dei problemi principali della valutazione attuale è precisamente la certificazione delle competenze, che per parte mia ritengo siano ben lontane dall’essere valutate dai sistemi attuali.

Un ultimo errore da evitare è identificare “scuola seria” con “scuola che boccia”, e ce lo stiamo dicendo da alcuni decenni. E allora non bocciamo nessuno? Francamente, non lo so. Proporrei due o tre possibilità: la prima, che sia il consiglio di classe a esprimersi in merito, e non il ministero, perché solo il consiglio di classe ha in mano tutti gli elementi per capire se l’andamento della didattica e le verifiche fatte durante l’anno scolastico consentono di differenziare gli studenti in modo obiettivo.

La seconda, che mi pare fosse stata proposta la scorso anno senza che se ne sia fatto nulla, che la valutazione negativa venga ripetuta dopo un periodo in cui i ragazzi con debiti formativi possono fruire di una preparazione ulteriore, possibilmente in presenza, prima delle vacanze e alla ripresa in settembre (per esempio, quattro settimane).

Infine, cosa che credo preveda degli aggiustamenti nella normativa, che si spezzi l’unità classe, costituendo dei gruppi di livello nelle diverse materie, per cui i ragazzi senza lacune gravi passano subito all’anno successivo, mentre quelli con lacune gravi in qualche materia vengono “promossi” per le materie in cui vanno bene, e “bocciati” per quelle in cui sono oggettivamente indietro rispetto ai loro compagni. Ripetono la classe solo se le lacune sono così pesanti in un numero di materie così elevato che rende impossibile il recupero: altrimenti ripetono solo una, due materie e si riuniscono al livello dei loro compagni non appena lo hanno raggiunto.

Una promozione di massa, se forse rimedia all’ingiustizia di chi non ha avuto una didattica a distanza degna di questo nome, o non ha avuto i mezzi  per fruirne, scoraggia però chi ha lavorato tanto e bene, innescando quella logica falsamente ugualitaria, al ribasso, che tanti danni ha fatto e continua a fare: trovare una soluzione che non sia penalizzante né per gli uni né per gli altri mi sembra un compito urgente e non solo destinato a sanare la situazione nell’immediato, perché è un valore da tutelare anche alla fine dell’emergenza, e un modo per far passare l’idea che la scuola riconosce il merito, intendendo per merito non solo l’eccellenza, ma lo sforzo di chi ha fatto tutto il possibile, tenuto conto dei vincoli.

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