Il dramma della dispersione scolastica in Sicilia non è più una realtà invisibile. Ha sfondato le barriere della indifferenza, politica e culturale, fino ad imporsi nell’opinione pubblica come una “calamità”. Tanto che a Catania l’arcivescovo Luigi Renna il 9 gennaio scorso ha pensato bene di portare il velo di Sant’Agata, che in passato ha fermato la lava, nel quartiere popolare di Librino perché stavolta liberi la città anche dalla piaga della dispersione scolastica dei minori.
E, nei giorni successivi, un’ampia inchiesta della Bbc (dal titolo “Saving Children from the Mafia”) ha riportato in primo piano l’urgenza di combattere la povertà educativa dei minori nei quartieri a rischio del Sud Italia come arma principale contro la mafia.
Eppure nel deserto di lava della povertà educativa non mancano di fiorire le ginestre. Per restare nell’ambito etneo, accade a San Giovanni Galermo, con l’esperienza dell’asilo “Mammola” gestito dalla Fondazione Ventorino che offre servizi gratuiti a bambini e famiglie; a Misterbianco con la Cooperativa Marianella Garcia, che si occupa di servizi di educativa domiciliare e di strada per minori; nel centro storico di Catania con le attività di aiuto allo studio dell’Associazione Cappuccini e, soprattutto, nel popoloso e degradato quartiere dormitorio di Librino, dove opera l’oratorio “Giovanni Paolo II”, gestito dalle Figlie di Maria Ausiliatrice e da un nutrito gruppo di educatori e volontari.
In queste zone – come insegna la vicenda umana di don Pino Puglisi a Brancaccio – sostenere i minori nello studio è un’impresa doppiamente meritoria, ma altrettanto rischiosa. Meritoria perché offre a ragazzi cresciuti in un orizzonte di desideri forzatamente ristretto la possibilità di scegliere liberamente il proprio futuro, sottraendo al tempo stesso manovalanza alla mafia. Rischiosa perché spesso le famiglie e la criminalità vedono nella scuola un’inutile perdita di tempo se non un ostacolo. Perciò avviare un’attività educativa, per quanto gratuita e desiderosa solo di fare del bene ai ragazzi, può incontrare – almeno all’inizio – ostacoli quasi insormontabili.
La storia ormai quarantennale della presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Librino rappresenta una vicenda esemplare. Quando le prime suore arrivarono qui con alcuni volontari, il quartiere, di quasi 50mila abitanti, era esclusivamente un dormitorio, privo dei servizi essenziali. I bambini vivevano per strada col mito dei boss del quartiere e il desiderio di cominciare presto a lavorare o a spacciare. La svolta nell’azione delle educatrici avviene quando una mamma dice a una suora che veniva ogni settimana a far giocare i bambini: “Grazie per quello che fate, ma poi voi ve ne andate e ci lasciate sole con i nostri problemi”.
Fu così che nel 2005 le Figlie di Maria Ausiliatrice decisero di mettere radici a Librino, aprendo una casa, con quattro suore, e un oratorio per occuparsi dei bambini. Ma quel lavoro educativo, che levava i minori dalla strada, cominciò a dare fastidio. E arrivarono i primi segnali intimidatori. Prima l’auto delle suore bruciata. Poi il pulmino. Infine, una suora minacciata con la pistola puntata in fronte. Ma la fedeltà di quelle educatrici e dei volontari a quei bambini e alle loro famiglie, alla lunga, ha avuto la meglio. “Oggi – racconta suor Ausilia, responsabile dell’oratorio – registriamo grandi cambiamenti. Abbiamo 90 ragazzi che frequentano stabilmente il doposcuola e ben 15 di loro sono già alle scuole superiori”. Erano ragazzi che non avevano libri, né voglia di studiare e dovevano lottare con i genitori per poter andare a scuola. Eppure è accaduto in loro qualcosa di nuovo. E oggi, accanto al doposcuola, ci sono il campetto di calcio totalmente ristrutturato e le aule per attività laboratoriali. E i minori sono contenti.
Tutto questo è stato possibile anche grazie a una rete di collaborazione con altri enti del terzo settore (per esempio la Cooperativa Marianella Garcia) e con le scuole del quartiere. “Abbiamo investito molto – racconta ancora suor Ausilia – sugli educatori e sulla costruzione di una comunità educante e questo ci ha permesso di affrontare una sfida altrimenti impossibile da superare”.
Qualche giorno fa i responsabili dell’oratorio “Giovanni Paolo II” di Librino, assieme ai responsabili della cooperativa “Marianella Garcia”, dell’Associazione Cappuccini e dell’impresa sociale ON srl hanno raccontato pubblicamente la loro storia di impegno nelle periferie. Davanti al loro racconto, la dispersione scolastica, che, ricordiamolo, a Catania ha toccato il 25,2% contro una media europea del 9,7%, non è apparsa più come una calamità inevitabile. Nel deserto della lava sono apparse, come dicevamo, le prime ginestre. È il segno che si può invertire la rotta, sempre che, come in questi casi, a guidare il cammino sia la cura per i minori a rischio e non la voglia di accaparrarsi i fondi nazionali ed europei destinati alla lotta alla dispersione.
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