Mentre l’avvio del nuovo anno scolastico si avvicina con un ritmo che pare sempre più rapido, molte questioni si affastellano nei mass media. Una di queste – c’è solo l’imbarazzo della scelta – è quella della controversia tra la ministra e i sindacati. Essa presenta un rischio: potrebbe emergere un vincitore.
I sindacati – secondo quanto racconta Galli della Loggia – addirittura hanno posto le loro basi nella sede ministeriale di Viale Trastevere. Come ho già osservato in altri articoli, in questi anni essi hanno governato la scuola in sintonia con la burocrazia ministeriale (di cui spesso hanno cogestito le carriere) ed hanno influenzato fortemente la normativa sulle graduatorie, sulle sanatorie, sulla modifica in sede di contrattazione delle leggi sgradite (si veda la “Buona Scuola” renziana), eccetera. In sostanza hanno compartecipato al governo della scuola, forse con alcune “virtù”, certamente con numerosi “vizi”.
Ma anche il ministero poteva fare meglio. Procediamo con ordine.
La mia scuola, l’Itis “Galileo” di Arezzo, ha richiesto sia ulteriori aule, sia un’aggiunta di docenti, bidelli e collaboratori amministrativi. Nessuna delle due richieste, al momento, è stata soddisfatta. Certamente non otterremo nuove aule (è troppo tardi) ma forse, prima o poi, sarà possibile avere un aumento di organici. Sorge una domanda cruciale: come potevamo, senza la quantificazione precisa delle nuove risorse, progettare l’avvio dell’anno scolastico? Sarebbe stato come chiedere a un manager aziendale di progettare una nuova linea di produzione senza fargli conoscere gli investimenti a disposizione.
Il ministero, poi, ha inviato alle scuole una serie di questionari, in cui si chiedeva il fabbisogno di spazi e di organici. Ai questionari, cui non era possibile dare risposte argomentate, non è seguito nulla, se non la ripetizione, dopo qualche tempo, degli stessi questionari. Così, nel silenzio ministeriale, le scuole hanno cercato di “arrangiarsi” e hanno preso delle decisioni, non potendo attendere passivamente l’inizio dell’anno scolastico. Di conseguenza, le richieste di aule e di organici diminuivano di questionario in questionario, non certo perché fossero state individuate strategie ottimali, che comportassero anche dei risparmi, ma semplicemente perché si era cercato di “arrangiarsi” con quello che si aveva.
Questa volta, noi italiani, per quanto riguarda la scuola, non siamo gli apripista in Europa, perché in molti altri Paesi le scuole già funzionano. Potremmo così fruire dell’esperienza altrui. E qualche cosa già la sappiamo.
In primo luogo, con l’avvio delle lezioni, negli altri Paesi c’è stata un’immediata crescita del numero dei contagiati. Inoltre, i bambini e gli adolescenti asintomatici, che raramente si ammalano, diffondono tuttavia il contagio con una straordinaria efficacia. In secondo luogo, le scuole sono state riaperte e, alcune di esse, immediatamente dopo, richiuse.
La questione, dunque, non è tanto quella di chiedersi se potrà oppure no accendersi qualche focolaio, quanto invece sapere cosa fare quando questo accadrà. Ed essere preparati. Il rispetto delle linee guida del Cts sarà sufficiente a tutelare i dirigenti, a fronte delle enormi responsabilità?
Si dilatano i tempi di consegna dei banchi. La regola del distanziamento (che, nel frattempo, si è annacquata fino ad ammettere la sospensione del metro di distanza, quando s’indossano le mascherine) sarà praticabile?
I docenti hanno di fronte a sé una responsabilità di vigilanza non di poco conto, perché gli alunni non sono delle suppellettili immobili.
È opportuno confidare sulla responsabilità delle famiglie per la misurazione della temperatura? Siamo sicuri che i ragazzi, la mattina prima di andare a scuola, verificheranno di non avere più di 37,5 gradi di febbre? Fra l’altro, è noto che molti hanno una percezione soggettiva della temperatura del tutto sbagliata.
Mentre nei supermercati si effettua la misurazione con regolarità, forse sarebbe il caso di riflettere su un tale affidamento alle famiglie, in questa torrida estate di movida. Non vorremmo che una siffatta fiducia nascondesse la mancanza politica di coraggio nelle decisioni.
In conclusione, il ministero non può chiamarsi fuori rispetto a queste problematiche.
Dunque, tornando alla querelle tra la ministra e i sindacati, il rischio più grosso è che qualcuno appaia vincitore. Potrebbe così sembrare che, in attesa dell’avvio dell’anno scolastico, le cose vadano bene. Che almeno il vincitore abbia fatto la sua parte. Purtroppo le cose non stanno così.