La circolare del 19 dicembre scorso sull’uso del cellulare in classe, ha il merito, quasi involontario a quanto pare, di aver posto il problema “che il digitale sta decerebrando le nuove generazioni” e che bisogna intervenire.

La circolare non introduce niente di nuovo, non dà disposizioni, ma soltanto delle “Indicazioni”, che ripropongono pari pari le misure del 2007 tuttora vigenti, accompagnate da un “invito al senso di responsabilità”. Non si introducono neppure “nuove sanzioni disciplinari”, come dice il relativo comunicato stampa, tanto che è passato il messaggio che il divieto non sia neppure sanzionato, mentre si applicano regole e sanzioni che le scuole già dichiarano ed attuano nei propri regolamenti.



Non si capisce pertanto il senso di un tale intervento così pleonastico, se non quello di far intravedere una idea di scuola “seria”, che per ora però rimane ancora nebulosa.

Almeno la “vecchia” circolare del ministro Fioroni del 2007 una visione di scuola ce l’aveva. In una fase storica collegata alla realizzazione dell’autonomia scolastica, l’idea di fondo era quella della comunità educante e dell’alleanza educativa fra studenti, docenti, genitori, fondata sul patto di corresponsabilità fra scuola e famiglie, che in quel periodo veniva formalizzato. Le “Linee di indirizzo” erano ben strutturate, dai divieti alle sanzioni e alla prevenzione. Da un lato il ministero procedeva a una revisione dello Statuto degli studenti per adeguare il regime sanzionatorio a episodi particolarmente gravi, dall’altro sollecitava le scuole a recepire le novità nei regolamenti di istituto.



Dopo 15 anni, tuttavia, far rispettare le regole è sempre più difficile. Basta sentire i docenti per capire quanto sia quasi velleitario arginare l’abuso e la dipendenza dagli smartphone, che i giovani considerano ormai parte integrante del corpo, assecondati invero dai genitori che, lungi dall’educare a un utilizzo non eccessivo e consapevole, arrivano a messaggiare i figli anche durante l’orario di lezione.

Che la situazione stia andando fuori controllo, lo dimostra l’allegato alla circolare stessa. Si tratta di una indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti, condotta dal Senato e pubblicata il 14 giugno 2021. Come sostengono i moltissimi esperti auditi, “il digitale sta decerebrando le nuove generazioni”, il quadro è “oggettivamente allarmante, destinato a peggiorare”. “Mai prima d’ora – si scrive nel documento – una rivoluzione tecnologica, quella digitale, aveva scatenato cambiamenti così profondi, su una scala così ampia e in così poco tempo”. Lo smartphone è ormai diventato “un’appendice del corpo”. Vengono elencati danni fisici, psicologici, cognitivi, “ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica”.



Leggiamo anche che “non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri”. Ciò appare in netta controtendenza rispetto al Piano Scuola 4.0, che punta tutto sulla trasformazione digitale della scuola italiana grazie agli investimenti del Pnrr.

Le conclusioni dell’indagine suggeriscono una decina di ipotesi di intervento, fra le quali vietare l’accesso dei cellulari nelle classi, educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso e alla navigazione sul web, “interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento”, “incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria”.

Dietro l’angolo c’è il rischio di scenari distopici considerati di fantascienza fino a qualche tempo fa. I giovani della generazione Zeta rischiano di essere drogati dalla tecnologia, indirizzati o manipolati dalle frequentazioni virtuali, incapaci di spirito critico, irretiti dagli aspetti ludici in “una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù”, come profetizzato da Aldous Huxley.

Che fare allora se questo “mondo nuovo” è dietro l’angolo? Lo dice proprio quel documento allegato alla circolare forse con l’intenzione di dimostrare altro. Non si può dichiarare guerra alla modernità e alla tecnologia, ma “governare e regolamentare” la situazione è doveroso. Non verba sed acta, in coerenza con una chiara visione di scuola e con l’idea di società che si intende portare avanti.

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