“L’armonia nascosta è più potente di quella manifesta” (Eraclito): proprio qui riposa il seme della nostra speranza di uomini, in questo tempo così complesso. Il lavoro di tanti, silenzioso e alacre, generoso e creativo, investe molti più spazi di quelli che pensiamo: spazi non visibili su schermi o prime pagine, ma sicuramente vitali ed efficaci. Questo è un mondo poco narrato, ma ben presente in ogni ambito della società: è il mondo di chi, senza scalpore, investe tempo, energie, intelligenza e risorse per costruire il pezzetto di realtà avuta in regalo dalla sorte, o dal Destino, scegliete voi.
È un mondo a cui non appartengono le azioni eclatanti, ma quelle piccole, costanti, pazienti, che, giorno dopo giorno, creano ambiti di vita diversa, migliore, più umana. D’altra parte, questo è un mondo che, in fondo, non ha bisogno dei riflettori, perché possiede già il senso del proprio esistere, e questo già gli basta, non cerca altro: il bene che passa per osmosi non ama l’inchiostro, ma la carne.
Proprio per questo, mi sono stupita di certe notizie diffuse in questi giorni su social e su alcuni nostri importanti quotidiani nazionali, relativamente al contesto scolastico. Certamente settembre è il mese del re-inizio o della ri-partenza, perciò – tralasciando l’argomento attualissimo delle prossime elezioni – quali migliori titoli attirano attenzione, se non quelli relativi alla scuola? Infatti da alcuni giorni campeggiano qua è là certe news su chi pare abbia trovato efficaci soluzioni contro il dilagante uso dei cellulari in aula (è il caso del Liceo Malpighi di Bologna), oppure su chi ha deciso di richiamare gli alunni ad un abbigliamento più consono alla vita d’aula (come all’Istituto Cossar-Da Vinci di Gorizia). Be’, insomma, dei veri scoop! Ma abbandonando l’ironia, proviamo a cogliere qualche spunto di riflessione interessante sull’arcinota questione del cellulare.
In mezzo a tanti altri, anche questo è uno strumento che, volenti o nolenti, da anni (anni!), ha un ruolo significativo nelle nostre vite, soprattutto fra i più giovani. Già da anni (anni!), milioni di valide parole sono state spese per diffondere criteri pedagogici, moniti educativi o regole di utilizzo, e di esse sempre genitori, docenti o educatori hanno fatto tesoro. Soprattutto il mondo scolastico si è interrogato ed ha prodotto anche una norma di riferimento, con la direttiva del 15 marzo 2007 del Miur, dove leggiamo quanto segue:
“dall’elenco dei doveri generali enunciati dall’articolo 3 del Dpr n. 249/1998 si evince la sussistenza di un dovere specifico, per ciascuno studente, di non utilizzare il telefono cellulare, o altri dispositivi elettronici, durante lo svolgimento delle attività didattiche, considerato che il discente ha il dovere: – di assolvere assiduamente agli impegni di studio anche durante gli orari di lezione (comma 1); – di tenere comportamenti rispettosi degli altri (comma 2), nonché corretti e coerenti con i principi di cui all’art. 1 (comma 3); – di osservare le disposizioni organizzative dettate dai regolamenti di istituto (comma 4). La violazione di tale dovere comporta, quindi, l’irrogazione delle sanzioni disciplinari appositamente individuate da ciascuna istituzione scolastica, nell’ambito della sua autonomia, in sede di regolamentazione di istituto. È dunque necessario che nei regolamenti di istituto siano previste adeguate sanzioni secondo il criterio di proporzionalità, ivi compresa quella del ritiro temporaneo del telefono cellulare durante le ore di lezione, in caso di uso scorretto dello stesso. Laddove se ne ravvisi l’opportunità, il regolamento di istituto potrà prevedere le misure organizzative più idonee atte a prevenire, durante le attività didattiche, il verificarsi del fenomeno di un utilizzo scorretto del telefonino”.
Ma adesso qualcuno forse dirà che “fatta la legge, gabbato lo santo”. E invece no! Infatti, il mondo docente – quello nascosto, di cui sopra – ha iniziato da subito – in realtà, da molto prima della norma scritta, perché chi vive dentro la scuola ha iniziato molto prima ad interrogarsi sul rapporto fra educazione e tecnologia – ha iniziato, dicevo, a declinare l’indicazione ministeriale nei propri istituti, ha rivisto ed adattato i propri regolamenti, ha adottato strategie diversificate secondo il proprio contesto e la propria utenza.
Quindi, mi chiedo: perché adesso si è destato tanto scalpore per un nuovo – l’ennesimo, né particolarmente innovativo – regolamento sulla questione del cellulare? C’è chi lo ritira a inizio mattina e lo restituisce all’uscita; c’è chi lo fa tenere silenziato nello zaino ed usare ai cambi d’ora e alla ricreazione; c’è chi applica pene severissime – anche sospensioni – per gli alunni che lo usano senza permesso, etc.
Insomma, ogni istituto ed ogni docente si occupa di questo “problema” ed i più virtuosi se ne occupano nemmeno a malincuore (“ci costringono a fare i gendarmi, oltre a tutto il resto”), ma con responsabilità e creatività, perché il cellulare fa parte della vita dei ragazzi e a noi docenti interessa tutta la loro vita, soprattutto quella parte che così profondamente li influenza.
Infatti, i nostri alunni conoscono benissimo le regole, dato che li normiamo fin dalla scuola dell’infanzia ed arrivano all’adolescenza sapendo perfettamente cosa si fa e cosa non si fa, cosa fa male e cosa fa bene, cosa è legale o cosa non lo è. Eppure… giustamente, potremmo tutti dire questo “eppure”. Come mai spesso le norme non sono applicate? Come mai la regola è spesso disattesa? Perché i regolamenti sembrano creati per essere infranti?
Sorvolando sull’evidenza che tale questione non riguarda soltanto gli adolescenti ribelli in crescita, ma tutto il mondo adulto, per fortuna – per fortuna! – non basta dettare regole, ma è necessario incarnarle e dare ad esse senso profondo, affinché la libertà personale sia rispettata, ma anche provocata e guidata. Per questo, la vera grande azione del mondo docente è ancora più profonda e significativa di un lucchetto che chiuda fuori dalle aule le fonti di distrazione: il punto cruciale è instaurare un dialogo coi propri alunni, mettendo a tema le finalità di un cellulare in aula, la forma ed i contenuti delle relazioni interpersonali, il valore della presenza e la ricchezza del mondo dello schermo.
Insomma, non si tratta soltanto di creare una nuova regola – già ce ne sono ed anche efficaci! – ma darle senso e carne. Ed anche questo, per fortuna, già accade: proprio per la grande professionalità di tantissimi docenti, da anni si sprecano le iniziative, i laboratori, le attività didattiche su questo tema; certamente non tutte saranno consigliabili o replicabili, ma sicuramente nessuna scuola e nessun docente è alle prime armi ed ogni istituto continua a rinnovare le proprie strategie, talora anche col sussidio di enti ed associazioni educative territoriali, che offrono spesso interventi significativi e virtuosi.
È dunque possibile educare gli alunni ad un utilizzo ragionato e proficuo di questo strumento? Non si tratta soltanto di sforzarsi a far di necessità virtù, ma di accogliere anche questa parte di realtà – di cui non possiamo liberarci, rassegnatevi… – volgendola a nostro favore, cioè individuando tutto il bene possibile, proprio lì dentro. In tante scuole, il cellulare è stato assunto a pieno titolo come parte della strumentazione didattica, utilizzabile durante le ore di lezione: attività di ricerca, lettura di documenti, utilizzo di piattaforme condivise, svolgimento di test, gestione di blog disciplinari e tanto altro ancora; sono possibilità già sperimentate, laddove non vi siano laboratori informatici a disposizione per tutti o laddove il docente voglia condividere fattivamente con i propri alunni anche questo pezzo della loro vita.
Ecco, dunque, che gli orizzonti della questione cellulare sono ben più ampi, profondi e ben sperimentati di quanto qualcuno possa far credere: ogni nuova norma, divieto o regolamento si inserisce in una lunga scia di istituti e docenti, che, silenziosamente e senza rilasciare interviste, lavorano mettendo in atto tante – ma proprio tante! – azioni adeguate e significative, magari puntando ancora più in alto di una norma proibitiva, ovvero cercando di farsi amico anche questo strumento, come possibile sussidio didattico.
Per tutto questo, forse, tanti docenti in questi giorni avranno sorriso leggendo certi titoli, ripensando proprio ad esperienze personali o già diffuse, che magari ha ben altro spessore del lucchetto di un armadio.
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