I sindacati, Cgil in testa, hanno attaccato la Azzolina: mancano le condizioni per riaprire a settembre. Vogliono solo nuove assunzioni
Il duro attacco frontale lanciato dai sindacati della scuola al ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha un allarmistico denominatore comune: se permane la situazione attuale, la scuola a settembre non riaprirà. Si intende con questo fondamentalmente una cosa sola, denunciare la mancata assunzione di insegnanti di ruolo. Per l’esattezza, il ministro ne avrebbe chiesti 78mila: “La ministra mente e sa di mentire. I settantottomila insegnanti in più non ci sono e lei lo sa” ha affermato Maddalena Gissi, segretaria di Cisl scuola. Particolarmente veemente è la presa di posizione della Cgil: “A 45 giorni dalla ripartenza dell’attività scolastica la situazione è disastrosa. La colpa è dei ritardi con cui siamo partiti e che continuiamo ad accumulare. Oggi i dirigenti scolastici sono alla caccia disperata di spazi, ma se non ci sarà organico aggiuntivo tornerà la didattica a distanza” ha tuonato Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil.
A quanto pare, dunque, la panacea ai rischi da coronavirus sta nell’assunzione massiccia di insegnanti, all’immissione in ruolo di migliaia di docenti da mandare a combattere nella trincea del virus e della scuola. “Le condizioni per tornare a scuola in presenza non ci sono: inutile continuare a raccontare che le cose vanno bene, bisognerebbe essere onesti” ha aggiunto ancora Sinopoli.
“Azzolina ha tranquillizzato le famiglie dicendo che il 14 settembre riapriremo le scuole in tranquillità, ma questa mi sembra che sia propaganda”, ha sostenuto il coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, Rino Di Meglio, aggiungendo che “a oggi non c’è il personale. Anzi, gli organici approvati prevedono un taglio dei posti. L’altra cosa terribile è ridurre l’ora di lezione a 40 minuti. Infine, non ci sono indicazioni sulla gestione delle scuole, sulla pulizia degli spazi come i bagni e su come evitare assembramenti”.
Il segretario generale della Uil scuola, Pino Turi, tocca vertici poetici: “La scuola è in questo momento come una casa che sta bruciando e la ministra Azzolina anziché chiamare i vigili del fuoco per spegnere l’incendio sta chiamano gli arredatori (…) Intanto ogni giorno abbiamo dirigenti sconvolti e famiglie nell’incertezza”.
Fa un certo effetto tutto questo baccano improvviso, questo soffiare sul fuoco e sui timori delle famiglie (mentre parlare di “dirigenti sconvolti” fa un po’ sorridere) evocando lo spauracchio dell’ipotesi che le scuole non riaprano. Fa effetto anche perché l’unica ipotesi di soluzione, l’unica trita idea dei sindacati è quella di assumere, assumere, assumere. Per carità, nessuno nega questa necessità: sarebbe il caso almeno di sostituire i docenti che sono andati in pensione. E nessuno ha intenzione di giustificare il ministro Azzolina, la cui risposta infantile all’attacco sindacale si commenta da sé, soprattutto laddove dice: “Mi attaccano perché sono donna, giovane e Cinque Stelle, c’è l’idea che noi M5s siamo incompetenti, anche se io ho due lauree, l’abilitazione all’insegnamento, specializzazioni. Ma ora vado in tv e spiego io”.
Magari se, invece di andare in tivù, rimanesse in ufficio a risolvere un po’ il marasma in cui si trova la scuola, tutti ne guadagnerebbero. Ed è un fatto che manchino gli insegnanti e gli spazi (non certo dall’epoca del coronavirus però), c’è il caos delle graduatorie, delle immissioni in ruolo, dei concorsi, non ci sono indicazioni precise, né sanitarie né pedagogiche, non si capisce niente di niente. Che il governo sia incompetente non è un’opinione: la realtà è testarda.
Però. Questo attacco a testa bassa della Cgil e degli altri e l’ipotesi della chiusura delle scuole a settembre è sventolata in maniera davvero irresponsabile e sospetta. Troppo a cuor leggero. Se le scuole non riaprono a settembre, si sappia, sarà un’autentica tragedia. Fiumi di discorsi e prosopopee sull’importanza della formazione e sulla centralità, che scaturiscono prima di tutto dalle sorgenti retoriche sindacali, per poi minacciarne, come se niente fosse, la chiusura. C’è qualcosa che non va in tutto questo. A cominciare dalla Cgil, i sindacati si muovono come se fossero partiti politici, in cerca di consenso, sapendo che il consenso si ottiene solo ottenendo “posti fissi” di migliaia di docenti, soprattutto meridionali (“Il problema è che oggi le graduatorie scolastiche sono contemporaneamente piene e vuote. Piene al Sud e dimagrite al Nord. Piene nelle materie umanistiche, svuotate in quelle scientifiche”, ci informa un noto quotidiano nazionale, involontariamente evidenziando una situazione anormale all’origine, ben prima del reclutamento) da infilare in tutti i modi, secondo un’idea vecchia dell’insegnamento e del mondo del lavoro.
La crisi del coronavirus poteva essere l’occasione di un rinnovamento più grande, un cambiamento di mentalità generale, che passasse attraverso l’iniziativa libera di dirigenti ed insegnanti, una maggiore flessibilità, una valorizzazione dell’autonomia scolastica e delle buone pratiche, che d’altronde sarebbe già legge. Ma se il reperimento di qualche spazio in più “sconvolge” i presidi, come l’assunzione di responsabilità nell’organizzare la sicurezza sanitaria, e se alcuni tentativi come quello delle ore di 40 minuti risultano così scandalosi, non c’è nulla da fare. La scuola è un baraccone rigido, polveroso, antico, fatto di schemi, orari, diritti acquisiti non si sa come, e neppure l’assunzione di un milione di insegnanti risolverebbero una virgola dei suoi problemi ordinari, figuriamoci quelli causati dalla pandemia.
Le assunzioni in ruolo allora, non sono altro che il modo migliore per la Cgil e gli altri di mantenere il loro, di ruolo, fatto di privilegi, distacchi, e stipendi percepiti alle spalle di chi a scuola lavora tutto il giorno e sa bene che il fatto che la scuola non riapra a settembre non lo si può dire neanche per scherzo.l