L’istruzione è forse il mezzo più potente per garantire il rispetto dei diritti umani nella loro totalità, ed è indispensabile per ridurre le disuguaglianze che ancora esistono. È un diritto da tutelare sempre e comunque perché contribuisce ad essere e a sentirsi più liberi e più forti. Il punto di partenza non può che essere l’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che oltre 75 anni fa ha riconosciuto il diritto all’educazione gratuita e obbligatoria. Nel 2015 gli Stati membri dell’ONU hanno siglato l’Agenda 2030, inserendo nel programma l’istruzione (Obiettivo 4), con tre requisiti fondamentali: deve avere qualità, deve essere inclusiva, e non deve consentire discriminazioni, di nessun tipo.
Non solo discriminazioni di genere, dal momento che in molte zone del mondo viene ancora assegnata una bassa priorità all’istruzione femminile, ma neppure discriminazioni legate alla disabilità. La discriminazione nei confronti delle persone con disabilità è una delle più gravi, soprattutto se è perpetrata ai danni di soggetti in età evolutiva, in quanto non consente di ridurre il gap con i loro coetanei e finisce con alimentare la cultura dello scarto. In questa prospettiva è essenziale comprendere sempre meglio il ruolo degli insegnanti di sostegno, perché i ragazzi per esercitare il loro diritto all’istruzione hanno bisogno di docenti competenti, che a loro volta hanno diritto a specifiche opportunità di formazione, per il migliore svolgimento possibile del loro compito.
L’insegnante di sostegno è stato introdotto nel sistema educativo italiano attraverso il DPR 970/1975. Successivamente, la legge 517/1977 ne ha ulteriormente definito il ruolo e ancor più lo ha fatto il Dl 66/2017. A suo tempo la legge 104/1992 aveva fissato per l’insegnante una serie di compiti che ne facevano una figura chiave nel complesso mondo della scuola, per porre più al centro delle sue modalità operative la diversità, risorsa irrinunciabile di una scuola di qualità.
L’insegnante di sostegno
Diventare insegnante di sostegno non può essere una scelta dettata prevalentemente da criteri di opportunità, per accedere più facilmente al lavoro nella scuola, né da una predisposizione naturale ad aiutare i più svantaggiati o da una vocazione nel sociale. Grazie all’azione dell’insegnante di sostegno, gli studenti con disabilità possono accedere a un’educazione inclusiva e ricevere un percorso di istruzione adeguato alle loro esigenze. La normativa (Dl 65/2017) garantisce quindi un’attenzione particolare e un sostegno concreto per gli studenti con disabilità. Tra i compiti dell’insegnante di sostegno il più importante è quello di individuare le strategie educative più adeguate, redigere il PEI (Piano educativo individualizzato) per ciascun alunno con disabilità e di supportare il docente curricolare nell’attuazione delle attività didattiche inclusive. In definitiva aiuta gli studenti con disabilità o con bisogni educativi speciali (BES) ad essere e a sentirsi inclusi nel contesto scolastico, personalizzando il loro itinerario di apprendimento, supportandolo sul piano emotivo e sociale.
Per realizzare questi obiettivi ad alta complessità l’insegnante di sostegno ha bisogno di una formazione continua e di un costante aggiornamento professionale. Deve comunque attenersi ad una serie di regole e direttive stabilite dal ministero che possono risultare rigide e limitanti nella personalizzazione dell’intervento educativo in base alle esigenze specifiche degli alunni con disabilità, ma soprattutto e nella maggioranza dei casi lamenta una mancanza di risorse che possono limitare l’efficacia del suo lavoro. In alcuni casi l’insegnante di sostegno si trova a dover seguire contemporaneamente più alunni con disabilità, con esigenze educative diverse e a volte complesse da gestire. Questo può comportare un carico di lavoro e di responsabilità difficili da conciliare con le altre attività che deve svolgere. La norma prevede che ci sia un insegnante di sostegno ogni 4 ragazzi con bisogni educativi speciali, ma occorrerebbe valutare se questa proporzione copre le esigenze di ogni alunno, tenendo conto delle diverse disabilità e della complessità delle situazioni.
Lo spettro autistico
L’autismo è un disturbo dello sviluppo neurologico che compromette l’interazione sociale e la comunicazione verbale e non verbale in modo molto diverso tra le persone che condividono questa stessa diagnosi. Lo stesso concetto di spettro, incorporato nella definizione ufficiale di autismo, sottolinea la grande eterogeneità di questa diagnosi. Attualmente colpisce un soggetto ogni 77, con una proporzione tra maschi e femmine di 4,4 a 1. È importante sottolineare che le persone con autismo non hanno ancora accesso a servizi appropriati e sono i famigliari a prendersene cura, anche nel caso di figli con elevato grado di complessità. Dal 2015 è in vigore la legge 134 sull’autismo e (dopo nove anni sic!) sono state pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità sia le linee guida per i più giovani (ottobre 2023) che quelle per gli adulti (dicembre 2023).
La consapevolezza della specificità del disturbo dello spettro autistico ormai si impone a livello mondiale. Le politiche per l’autismo sono ancora frammentate tra vari soggetti pubblici e privati, e producono dispersione delle attività, inefficienza e sprechi nell’utilizzo delle risorse. I bambini affetti da un disturbo dello spettro autistico manifestano sintomi in due ambiti principali: quello cognitivo e quello della comunicazione e delle interazioni sociali, in cui appaiono schemi comportamentali limitati o ripetitivi. Presentano disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), che possono accompagnarsi ad una serie di problemi del linguaggio. Sono tra i soggetti che maggiormente potrebbero trarre vantaggio dalla presenza dell’insegnante di sostegno accanto a loro.
Trascorrono a scuola un tempo che può essere calcolato tra i 13 e i 15 anni e per tutto questo tempo la legge garantisce loro la presenza dell’insegnante di sostegno, perché li affianchi e li aiuti a sviluppare al meglio il loro potenziale di capacità. Una risorsa straordinaria se ci fossero almeno tre condizioni: competenza specifica in linea con le difficoltà specifiche del soggetto affidato; continuità didattica, almeno nell’ambito dello stesso ciclo didattico; qualità relazionale, docente-ragazzo e la famiglia. Troppo spesso queste tre condizioni non si danno, o per lo meno non si danno contemporaneamente, come sarebbe auspicabile, e ciò aumenta profondamente il disagio della famiglia, alla quale sembra che vengano traditi i diritti del loro figlio. Ed è proprio questo il nodo da sciogliere: la legge c’è, gli insegnanti di sostegno ci sono, i genitori hanno un’incrollabile volontà di collaborare. Sanno che è in gioco il futuro del figlio, la sua possibile autonomia. Ma anche gli insegnanti di sostegno, salvo forse casi eccezionali, vogliono svolgere al meglio il ruolo, la loro mission! Per 15 anni di seguito qualcuno affianca in modo competente e qualificato questi ragazzi sul piano didattico-pedagogico, integrando ogni altro intervento di tipo psicologico o riabilitativo. È necessario valorizzare questa relazione in un contesto di qualificazione professionale e di riconoscimento sociale.
Ruolo fondamentale
La figura dell’insegnante di sostegno ha un ruolo di fondamentale importanza nel sistema scolastico italiano, proprio perché aiuta gli studenti con disabilità a raggiungere il loro pieno potenziale. Nonostante la normativa del MIM fornisca le linee guida e gli strumenti necessari per garantire un’adeguata inclusione e supporto agli studenti con bisogni educativi speciali, è fondamentale che sia data maggiore attenzione all’organizzazione e alla formazione degli insegnanti di sostegno, per assicurare una reale inclusione e un efficace supporto a tutti gli studenti con disabilità. Solo attraverso una collaborazione stretta tra gli insegnanti di sostegno, gli insegnanti curricolari e le famiglie, sarà possibile costruire un ambiente scolastico inclusivo e garantire a ogni bambino il diritto a un’istruzione di qualità.
Alla luce di tutto ciò l’insegnante di sostegno acquista sempre più un ruolo di leadership in quanto risorsa irrinunciabile per la scuola e per la società, poiché si pone quale mediatore necessario nei collegamenti fra i soggetti che devono rendere reale e consolidata l’integrazione, che deve diventare sempre più una dimensione di normalità. Condizione perché ciò diventi realtà è la motivazione dell’insegnante a prendersi cura degli studenti che gli vengono affidati, motivazione da rinnovare quotidianamente per far fronte alle inevitabili difficoltà a cui va incontro il lavoro con studenti che hanno maggiori difficoltà dei loro coetanei; per loro tutto può essere o sembrare in salita, ma per loro ogni ostacolo superato, ogni obiettivo raggiunto, per piccolo che sembri, costituisce un progresso che rende più accessibile tutto il processo di maturazione e apprendimento. In estrema sintesi, a tutela dei diritti dei bambini, diventa necessario ed urgente:
– dare vita ad un nuovo patto educativo tra scuola e famiglia, coinvolgendo il team dei terapisti;
– prevedere un aggiornamento della formazione degli insegnanti di sostegno, a partire dalla specificità del bambino che hanno in carico, tenendo conto anche del suo contesto familiare;
– assicurare continuità relazionale, didattica ed educativa ad ogni studente con autismo: sia nell’intero ciclo scolastico che nel singolo anno di corso, e per questo ridurre la precarizzazione dei docenti;
– valutare e valorizzare l’attività svolta dagli insegnanti di sostegno;
– creare maggiore sinergia tra le associazioni nel rispetto delle reciproche specificità, a garanzia della tutela dei diritti dei soggetti con disabilità.
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