Realismo, ragione, autocoscienza, unità, verifica. Dentro queste coordinate, molto stimolanti, e in un rapporto serrato e leale con gli insegnanti, gli studenti del liceo classico e del liceo scientifico “Alexis Carrel”, gestiti dalla Fondazione Vasilij Grossman, imparano a fare i conti con l’esigenza fondamentale della ragione e dell’imparare: stabilire nessi, abituarsi a osservare, saper descrivere, definire, simbolizzare e argomentare. In una parola, ogni studente viene aiutato e sollecitato a elaborare un giudizio critico sulla realtà.



In questo percorso, che è una bella avventura, tutto torna utile: la lingua, la storia, la scienza, la geografia, le vicende umane. Perché ogni frammento disciplinare è investito dalla certezza che tutto si collega, tutto apre a domande, tutto muove la curiosità, l’interesse, il desiderio.

Non è una strategia pedagogica elaborata a tavolino, è un’educazione, è un mettersi alla prova, che – come ha avuto occasione di spiegare il linguista Eddo Rigotti – “avviene secondo un criterio che deve coincidere con la realtà nella misura e secondo i modi in cui essa si disvela nell’esperienza”.



Un metodo che in occasione degli Open day – quest’anno per i due licei si terrà sabato 16 novembre, nella sede di via Inganni 12 a Milano – ogni volta, ma ogni volta con lo stupore di una prima volta, ragazzi, docenti e famiglie possono toccare con mano, assaporando il gusto e la meraviglia di partecipare a una “scuola bella”. E la modalità privilegiata è quella delle mostre, organizzate insieme da studenti e insegnanti delle diverse classi.

I temi al centro di questo Open day 2019? Si spazia dai 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino ai 50 anni dello sbarco sulla Luna, dalla figura del “pazzo” nella letteratura inglese alla sfida del climate change, dalla matematica come gioco più bello del mondo (lo spiega efficacemente Richard J. Trudeau, matematico del Novecento: “Assorbe più degli scacchi, scommette più del poker e dura più di Monopoli. È gratuita. E può essere giocata ovunque – Archimede lo ha fatto in una vasca da bagno”) all’etimologia (secondo il linguista Ferdinand de Saussure, “chi fa etimologia è un po’ come un geologo: scende in profondità e ricerca l’origine delle parole”), dall’infinitamente piccolo alle parole apparentemente stridenti (“Amor condusse noi ad una morte”) che pronuncia Francesca nel V canto dell’Inferno della Commedia, da Hong Kong come nuova Berlino alle leggi della statica, facendo pure una capatina veloce ma molto interessante sull’importanza del rugby, guidati addirittura da Papa Francesco: “Nel rugby si corre verso la meta. Tutta la nostra vita tende a una meta; e questa ricerca è faticosa, richiede lotta, impegno, ma l’importante è non correre da soli! Per arrivare bisogna correre insieme, e la palla viene passata di mano in mano, e si avanza insieme, finché si arriva alla meta. E allora si festeggia”.



Nella mostra «Conquistati dalla Luna. La grandezza dell’uomo in rapporto con una realtà difficile», si parte da ciò che scrive Pavese ne Il mestiere di vivere: “Ogni cosa che ci è accaduta è una ricchezza inesauribile: ogni ritorno a lei l’accresce e l’allarga, la dota di rapporti e l’approfondisce”. Ciò vale per la singola persona e per l’intera umanità.

Forse sta proprio in questo l’importanza delle ricorrenze: accorgersi della ricchezza e della profondità di fatti accaduti. Il 20 luglio 1969, per la prima volta gli uomini raggiungono la Luna e scendono sulla sua superficie. Un sogno coltivato da millenni si realizza grazie all’impegno di un’intera nazione per un decennio segnato anche da gravi errori e da tragici eventi, oltre che da enormi progressi nella conoscenza scientifica e tecnica.

Ripercorrere questa gigantesca impresa significa allora conoscere le esperienze di migliaia di persone che a livelli diversi e in forme diverse hanno mostrato al mondo la grandezza dell’uomo, nel suo coraggio, nella sua audacia, nella sua intelligenza di imparare dagli errori, nella sua disponibilità al sacrificio, compreso quello della vita, a cominciare dal presidente americano John F. Kennedy.

La mostra viene proposta a tutti come occasione di accrescere, allargare, dotare di rapporti e approfondire la conoscenza di un fatto, fino a scoprirne gli insegnamenti e le analogie con la vita di ciascuno.

Il tema dei cambiamenti climatici, invece, interessa giovani e adulti. Così un gruppo di studenti del liceo Alexis Carrel ha scelto di affrontarlo nella mostra «Come sta cambiando il clima?», il cui scopo è individuare il metodo adeguato per addentrarsi in un problema complesso, mettendo in luce i fattori essenziali della problematica dal punto di vista scientifico: i fatti consolidati, i modelli di riferimento e le ipotesi sul contributo antropico. Per arrivare ad ampliare lo sguardo alla crisi ambientale e interrogarsi sul rapporto tra l’uomo e la natura.

Il lavoro relativo alla mostra «Una questione di equilibrio» riprende e approfondisce i primi contenuti che si incontrano nel percorso di fisica: il concetto di forza, di momento e di pressione e le condizioni di equilibrio di un corpo. Lo studio dell’equilibrio di un oggetto reale è, in generale, un problema complesso: tale studio è fondamentale per atleti ed equilibristi ed è alla base di tutti i lavori collegati alla costruzione di edifici, di strutture portanti e di macchine.

Facendo proprio il metodo della fisica, nel lavoro di preparazione della mostra, così come nel lavoro ordinario didattico, si parte dall’osservazione di situazioni reali e dalla necessità di introdurre le grandezze fisiche necessarie alla descrizione. Della complessità della realtà si ricerca e si studia ciò che è essenziale e caratterizzante il fenomeno, giungendo alla formulazione di modelli descrittivi, dal più semplice a quelli sempre più articolati.

Nell’ambito del percorso della mostra si parte dal modello del “punto materiale” per lo studio dell’equilibrio di traslazione e si arriva a quello più complesso del “corpo rigido” per determinare le condizioni relative all’equilibrio di rotazione dei corpi materiali. Formulati i modelli e le leggi che governano tali fenomeni, si giunge alla verifica sperimentale, cioè si torna all’osservazione della realtà per vagliare il potere descrittivo e predittivo delle leggi stesse.

Una verifica che ha coinvolto i ragazzi (e i loro insegnanti) nell’osservazione attenta di fenomeni di equilibrio rintracciabili tutti i giorni nella realtà e nella costruzione di esperimenti in cui le leggi studiate si rendessero evidenti.