Il temporale, con raffiche di vento, sarebbe arrivato. Lo sapevamo dalle previsioni meteo che raramente sbagliano. L’inizio d’anno a scuola “era già tutto previsto”. Senza smentite. I dirigenti scolastici potevano incaricare al controllo il Dsga, i collaboratori scolastici, il personale dello staff? Chi sono i “pubblici ufficiali” cui è possibile delegare la verifica del green pass?



In attesa di pronunciamenti normativi che mettano d’accordo il Garante, il Governo, il Sindacato, il Popolo e il Buon Senso abbiamo attraversato il 1° settembre e inaugurato il nuovo anno scolastico con una serie di incombenze a carico delle segreterie scolastiche, esercitando a pieno la responsabilità dirigenziale e l’autonomia. Certamente, avremo l’organico Covid e cercheremo di far fronte ai tanti adempimenti cui siamo chiamati, ma l’inizio si è dispiegato ai limiti di ogni possibile organizzazione, con i neo-immessi e i trasferiti che hanno presentato ogni sorta di richiesta: dal differimento della presa di servizio per impossibilità di regolare preavviso al datore di lavoro privato, all’aspettativa per dottorato di ricerca presso università all’estero fino alla banale malattia, mentre i medici competenti certificano le situazioni di fragilità del personale, gli organi collegiali danno avvio alle ordinarie, imprescindibili attività e deliberazioni propedeutiche all’inizio delle attività didattiche in presenza e gli Rspp stilano regolamenti che recepiscono le indicazioni del Cts.



Più che una scuola potremmo chiamarla un manicomio. Se non li avessero aboliti ope legis. Ci è sorto qualche dubbio legittimo. Anche perché ci si son messi i prefetti a richiedere, per il tramite degli Uffici scolastici regionali le modalità di scaglionamento di ingressi e uscite per meglio normare la sinergia con i mezzi di trasporto e il gestore delle Gps a livello nazionale con gli algoritmi errati. Mamma mia aiutaci, siamo solo ai primi giorni di settembre… E taccio per carità di patria tutto il resto.

Di cahier vorremmo avere quelli scolastici, Non mi dolgo. Sarebbe meschino. Tutti stanno lavorando a più non posso. Forse la tempistica è un po’ come l’eco, un attimo in ritardo, ma il Covid non l’ha inventato nessuno. Ce ne rendiamo conto. Secondo me, se potesse pensare, il virus riderebbe ferocemente a crepapelle per lo scompiglio che è riuscito a creare tra la realtà, il dolore, le lacrime che ha fatto versare e le norme che si accavallano per poterlo gestire. Mentre lui muta e se la gode, diffondendosi anche tra coloro che contano sul sacrificio degli altri per essere liberi di non vaccinarsi.



Poi arriva quel messaggio su whatsapp. Che squarcia la nebbia di questi brevi giorni dell’inizio e ti propone l’Inizio, quello vero. Quello che ti permette di sostenere tutte le fatiche e tutti i deliri. Quello che risistema l’ordine delle cose. È stata investita nel primo collegio, come ogni anno: “Prof, ci pensa lei ad organizzare l’accoglienza delle classi prime?”. Il suo “Sì” è cristallino.

Quest’anno scolastico ospitiamo 65 classi, quasi 1.500 studenti. Vengono tutti da un anno dentro uno schermo. L’inizio è una canzone bellissima di Niccolò Fabi, dal titolo emblematico “Costruire”. Questa donna che di mestiere insegna, ha avuto il Covid. Anche i suoi figli, il marito. Ho sentito il dolore, il terrore nella sua voce. L’ho vista tornare tra i banchi, affrontare la paura e la vita.

“Chiudi gli occhi
Immagina una gioia
Molto probabilmente
Penseresti a una partenza

Ah, si vivesse solo di inizi
Di eccitazioni da prima volta
Quando tutto ti sorprende e
Nulla ti appartiene ancora

Penseresti all’odore di un libro nuovo
A quello di vernice fresca
A un regalo da scartare
Al giorno prima della festa

Al 21 marzo al primo abbraccio
A una matita intera”
…..

Questa prof è riuscita, nei versi di una canzone, a dare spazio all’Inizio:

“Alla paura del debutto
Al tremore dell’esordio….
Ma tra la partenza e il traguardo, nel mezzo c’è tutto il resto.
E tutto il resto è giorno dopo giorno.

E giorno dopo giorno è silenziosamente costruire.
E costruire è sapere, è potere rinunciare alla perfezione”.

Ho respirato. Mi sono commossa. Ho pensato a quell’imprevisto che è la nostra sola speranza, ho pensato a quei ragazzi, ai loro volti ancora sconosciuti, che sono l’unica ragione per cui tutta questa fatica dell’inizio val la pena. Quelli di cui nessun telegiornale parla. All’inizio, quello vero, fatto di compagnia tra adulti responsabili e appassionati che canteranno insieme, accogliendo chi arriva, chi varca la soglia di un debutto:

Ti stringo le mani
Rimani qui
Cadrà la neve
A breve
”.

Buon anno scolastico.

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