L’anno scolastico ha avviato il suo nuovo corso nell’intento, come molti hanno scritto e il ministro per primo ha affermato, di “tornare alla normalità”, nell’interesse di una regolarità di frequenza e conseguentemente di uno sviluppo degli apprendimenti secondo quanto previsto dalle indicazioni ministeriali.
“Normalità”: una grande e importante parola piena di significati dopo due anni di emergenza sanitaria con sospensioni frequenti e, a volte, per lungo periodo della “scuola in presenza”, orario delle lezioni ridotto, scaglionamenti degli ingressi che hanno inciso fortemente sull’equilibrio del tempo scuola domestico utile allo studio per gli studenti, Esami di Stato modellati ad hoc, vista la situazione e il livello generale di preparazione degli studenti che, in molte zone del paese, non hanno avuto neanche la possibilità di usufruire adeguatamente della Dad, tanto demonizzata, ma di forte utilità in un contesto generale difficile e complicato.
All’apparenza il risultato sembra raggiunto anche grazie al fatto che, nonostante i casi di contagio siano in aumento, come le statistiche quotidiane del ministero della Salute indicano, il Covid, di fatto, è stato declassato a normale influenza, con ridotti casi di gravità, e i vincoli sanitari – obbligo mascherina, distanziamenti, quarantene – sono caduti o fortissimamente limitati.
Da qui la convinzione “di facciata” che la “normalità” sia stata raggiunta con scuola in presenza, senza scaglionamenti e con la regolarità delle lezioni.
Mi chiedo però se normalità debba significare anche rassegnazione. È vero, infatti, che anche il “normale avvio” dell’anno scolastico corrente, come quasi tutti quelli degli ultimi 20 anni, ha presentato gli stessi problemi, la stessa disorganizzazione, la stessa difficoltà per famiglie e studenti di avere una regolarità nelle lezioni. Questa è una “normalità” che non piace a studenti e famiglie.
Mi riferisco alla mancanza di organico docenti, e di dirigenti in servizio. Anche in questi giorni, dopo più di un mese dall’inizio della scuola in molte classi non è ancora stato assunto un supplente stabile e le lezioni di alcune discipline non vengono svolte. In molti, me compreso, ci chiediamo: perché?
L’ottimo articolo di Filomena Zamboli ci ha dato, in dettaglio, le complesse motivazioni viste dall’interno del sistema, comprensibili, tecnicamente valide, ma che non possono soddisfare studenti e famiglie che continuano a non avere una risposta positiva al loro diritto di avere una scuola moderna, funzionale e organizzata che permetta loro di ottenere i livelli di apprendimento e le competenze utili a proseguire gli studi universitari e/o inserirsi nel mondo del lavoro, sottolineo ancora, volutamente: come è loro diritto pretendere.
Le associazioni di dirigenti, sia statali, sia paritarie, hanno fatto spesso pressione e in un paio di occasioni hanno ottenuto qualche risultato: un anno durante il ministero Moratti e più recentemente un anno durante il ministero Fedeli. Il risultato raggiunto è stato di chiudere le assunzioni al 31 luglio, decisione, che ha permesso, in quegli anni, un avvio “regolare” delle lezioni sia nelle scuole statali sia nelle scuole paritarie. E questo rende allora ancora più forte la domanda: perché si è tornati al disastro organizzativo?
Non si meravigli chi è meno addentro al sistema se cito anche le scuole paritarie. Il fatto è che i ritardi di assunzioni da parte dello Stato spesso si ripercuotono anche nelle scuole paritarie quando i docenti chiamati per l’assunzione dopo l’inizio della scuola accettano lasciando scoperte le classi nelle scuole paritarie, anche se devo dire con piacere che molti rifiutano e rimangono in servizio presso le stesse scuole paritarie.
Nel tempo delle fake news è difficile sapere quale sia la verità “sui numeri”, poiché passiamo, come abbiamo sentito, dalle affermazioni del ministro Bianchi che comunica che all’avvio dell’anno “tutti” i docenti sarebbero stati in cattedra”, a quelle, contemporanee, dei sindacati che comunicano la mancata assunzione di 150.000 supplenti. Mi fido, comunque, della realtà sopraddetta: ad oggi mancano ancora docenti stabili, pur supplenti, nelle classi.
A questo si aggiunge il problema delle reggenze, ossia la situazione che vede scuole senza un dirigente stabile e, pertanto, si affida ad un dirigente in servizio con un incarico di “reggenza” anche di una seconda sede. Quanti sono i dirigenti scolastici in Italia? I numeri sono impietosi e i dati 2021 dicono che 6.792 erano i dirigenti in servizio, 1.189 i posti vacanti, 1.748 le reggenze.
Dati che si incrociano con la scelta di limitate nuove assunzioni nel 2022: il ministero dell’Economia e delle Finanze ha autorizzato solo 317 assunzioni dei dirigenti scolastici a partire dal 1° settembre 2022. A questi si aggiungono 44 trattenimenti in servizio per un totale di 361 posti complessivi, neanche un quarto rispetto alle necessità, considerato che qualche nuova assunzione va a coprire i pensionamenti.
Qualsiasi impresa senza risorse umane disponibili e senza un dirigente stabile di riferimento, utile all’impostazione organizzativa strategica, è destinata al fallimento.
L’impresa scuola non fallisce economicamente, ma fallisce nella qualità del servizio. È urgente ed indispensabile una presa di coscienza forte e che ministero, parti sociali e politica trovino una soluzione per permettere e pretendere dalla scuola il buon funzionamento che si aspettano studenti e famiglie.
Studenti e famiglie, debbono a loro volta, anche attraverso le loro associazioni, fare, da subito, pressione al nuovo Governo. Con determinazione, speranza, senza rassegnazione, perché si può fare.
Sottolineo da subito poiché la complessa situazione necessita di una soluzione che richiede non solo atti amministrativi, ma anche nuove norme e i tempi non sono brevi, e se vogliamo avviare il prossimo anno scolastico 2023-24 in modo regolare dobbiamo darci da fare oggi.
Potrebbe essere la “prima riforma” e, visto il passato, quasi una rivoluzione, ma ricordiamoci che una scuola può offrire un servizio di qualità solo se si basa su una solida e ottima organizzazione.
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