Esiste sempre un giudice a Berlino. L’espressione, mutuata da un’opera di Bertolt Brecht, fotografa icasticamente l’epilogo del secondo atto del tragicomico iter del concorso a dirigente scolastico per le scuole statali, rimesso in moto, ieri, dalla sospensiva emessa, appunto, dai giudici del  Consiglio di Stato in risposta alla domanda di sospensione intentata dal Miur.



Nel primo atto il Tar del Lazio con sentenza n. 8670 del 2 luglio 2019 annullava in toto la procedura del concorso in corso di svolgimento, censurando l’operato della commissione plenaria che ha gestito le prove con riferimento alla seduta in cui sono stati fissati i criteri di valutazione. Una sentenza piombata minacciosa in prossimità del nuovo anno scolastico, a due soli mesi dal suo inizio e ipotecandone il regolare avvio, sui candidati che nel frattempo hanno superato positivamente tutte le prove e su migliaia di dirigenti scolastici che per anni hanno diretto, con disponibilità ed abnegazione, quasi il 30 per cento delle scuole statali, supplendo, con l’istituto della reggenza, all’inefficienza della pubblica amministrazione e dei governi. 



Il secondo atto, interpretato dal Consiglio di Stato, ha visto entrare in scena il pronunciamento n. 5765 del 12 luglio 2019 che sospende il precedente pronunciamento del Tar Lazio in virtù di un “bilanciamento di tutti gli interessi  in conflitto” e come esito di “una valutazione comparativa degli effetti scaturenti (…) con particolare riguardo all’incidenza sull’assetto organizzativo dell’amministrazione della scuola in prossimità dell’inizio del nuovo a.s.”, ritenuto preminente l’“interesse pubblico con la tempestiva conclusione della procedura concorsuale”.

E il terzo atto? “Questa sera si recita a soggetto” verrebbe da titolarlo, richiamando alla memoria la celebre opera del nostro Pirandello: un atto con diversi soggetti, appunto, e con copioni sovrapposti che lasciano comunque un po’ tutti imbarazzati, tanti delusi, alcuni contenti e, tuttavia, nessuno pienamente soddisfatto. Da una parte la buona notizia di avere, finalmente, al 1° settembre un dirigente scolastico titolare per (quasi) ogni istituto scolastico, di consentire un regolare avvio dell’anno scolastico e di evitare l’umiliazione di tutti i quei candidati che hanno positivamente percorso la lunga corsa ad ostacoli di un concorso uscito in ritardo, modificato in corso di svolgimento, non ancora terminato e che consentirà loro di essere assunti solamente “con riserva”.



Dall’altra parte l’amarezza dei molti candidati ricorrenti che rimangono nell’incertezza dell’esito del loro ricorso rinviato dal Consiglio di Stato all’udienza del 17 ottobre 2019 e che, probabilmente, dovranno attendere l’esito di altri loro ricorsi con il pronunciamento di altri tribunali amministrativi.

In mezzo un “regista”, il Miur, che ha governato in modo impreciso una procedura che, si sapeva fin dall’inizio, avrebbe presentato aspetti di debolezza e di complessità difficilmente gestibili.

E noi genitori, studenti, docenti e operatori della scuola – il pubblico di questa opera – a rimanere increduli che nell’anno duemiladiciannove in Italia continuino a succedere incongruenze procedurali, errori e ritardi di questo tipo. Una scena drammatica che si ripete da anni, così come da decenni si ripetono concorsi per dirigenti scolastici con procedure centralizzate nessuno dei quali è mai giunto a buon fine senza ricorsi, rinvii, revisioni e estenuanti prolungamenti.

Il finale? La storia sicuramente non finisce qui, ma tutto è preludio di prese di posizione, di altre sentenze, di incertezze procedurali, forse anche di qualche intervento ope legis per sanare la situazione. Un calvario giudiziario e legislativo che vede, sia negli esclusi che nei vincitori di concorso, le vittime di un sistema che mostra, ancora una volta tutti i suoi limiti.

Un epilogo che mette in luce l’evidente fallimento di un modello centralizzato dei concorsi statali della scuola e la necessità di ripensare forme di reclutamento dei dirigenti scolastici guardando alle procedure utilizzate negli altri paesi europei che valorizzino l’autonomia giuridica e la capacità di autodeterminazione delle singole istituzioni scolastiche.

Resta la speranza  che coloro che hanno superato la prova concorsuale non smettano di guardare al desiderio che li ha mossi di assumere una responsabilità direttiva al servizio dell’educazione dei ragazzi: proprio l’incertezza e la confusione che caratterizzano questo particolare periodo storico chiedono, infatti, la presenza negli ambienti formativi di guide motivate, coraggiose e capaci di coinvolgere, in modo propositivo e costruttivo studenti, docenti, genitori e territori per generare comunità di apprendimento e luoghi di autentica socialità ed innovazione.

E questa, vivaddio, resta comunque la speranza da sostenere!