Il Dpcm del 4 marzo 2020 ha sospeso le attività didattiche in tutte le scuole d’Italia sino al prossimo 15 marzo, allo scopo di contrastare e contenere la diffusione del coronavirus. Contestualmente è stata introdotta una misura straordinaria con l’attivazione della didattica a distanza, che diventa obbligatoria.
Nel decreto del 1° marzo 2020 tale modalità era considerata una possibilità che i dirigenti scolastici potevano attivare, sentiti gli organi collegiali. Ora il nuovo Dpcm ha modificato radicalmente la disposizione, recitando (articolo 1, comma 1, punto g):“i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità”. Trattasi di un’enorme e significativa novità che supera le previgenti norme e le disposizioni contrattuali del comparto, attribuendo ai dirigenti scolastici poteri straordinari.
Alcune testate nazionali sono arrivate addirittura a sostenere che questo sia l’effetto dei riflettori accesi sulla diffida legale di un sindacato a una dirigente trentina che senza aver consultato gli organi collegiali aveva tempestivamente organizzato lezioni a distanza per gli studenti, seguendo l’orario di servizio dei docenti. Non credo a questa evenienza e neppure che sia corretto stilare graduatorie tra scuole e/o dirigenti primi della classe e più virtuosi.
Tutte le scuole, nei limiti delle disponibilità tecnologiche e delle capacità operative dei loro insegnanti, si sono adoperate per mettere in atto in qualche modo la didattica a distanza. Questo è stato più facile in alcune scuole più attrezzate e con risorse professionali più adeguate alla contingenza e, sicuramente, è più possibile per gli studenti delle superiori che per gli alunni di primaria o della scuola dell’infanzia. Ma tutte le scuole si sono attivate in qualche modo. Tutti i docenti e tutto il personale stanno cercando di adattarsi a questa emergenza che è soprattutto di tipo sanitario. L’emergenza coronavirus sta portando molte scuole a sperimentare nuovi sistemi che possano far proseguire in qualche modo l’attività didattica tramite il digitale.
Trattandosi di una situazione assolutamente inedita, le scuole stanno provando a organizzarsi innanzi tutto utilizzando il registro elettronico come cloud computing per inviare agli studenti dispense, mappe concettuali, link, ausili didattici e altro. Resta che il coronavirus ci ha messo di fronte, improvvisamente, a un nuovo mondo. L’escalation del contagio condiziona il ritmo delle reazioni al cambiamento cui tutti siamo chiamati. E alcuni convinzioni e scenari all’improvviso diventano attuali: tra questi l’educazione digitale non è più un’opzione, ma una necessità.
Il ministero ha predisposto una pagina online dedicata alle informazioni per i soggetti interessati sulla gestione del coronavirus. Una sezione è dedicata in particolare alla didattica a distanza, che si configura come un ambiente di lavoro in progress per supportare le scuole. Da questa sezione è possibile accedere a: strumenti di cooperazione, scambio di buone pratiche e gemellaggi fra scuole, webinar di formazione, contenuti multimediali per lo studio, piattaforme certificate, anche ai sensi delle norme di tutela della privacy, per la didattica a distanza. Anche la Provincia autonoma di Trento, che ha competenze specifiche sulla scuola, si è adeguata alle norme nazionali, pur fornendo il necessario supporto alle scuole anche attraverso indicazioni operative gestionali. Gli applicativi gestionali e le piattaforme per la didattica a distanza sono tanti e quindi non si configura affatto un problema di risorse disponibili per le scuole.
Piuttosto si pongono altre problematiche. Assodato che la didattica a distanza è obbligatoria, la gestione degli adempimenti connessi non è affatto scontata. Ecco alcune questioni. Come si può verificare che tutti i docenti effettuano la didattica a distanza? È legittimo chiedere ai docenti la firma quotidiana sul registro elettronico, secondo il proprio orario di servizio?
Credo che la risposta non possa essere imperativa, e che gli insegnanti, preparando e inviando materiali online, registrando lezioni, proponendo attività, stiano portando avanti una meritoria azione formativa legata al solo senso etico. Senza però alcun obbligo contrattuale. E c’è da considerare anche quella quota, seppur marginale, di docenti non informatizzati che non sono in grado di attuare la didattica online per mancanza di cognizioni informatiche e telematiche. Inoltre, non tutte le scuole sono dotate delle necessarie attrezzature informatiche e delle infrastrutture di rete.
Ma per evitare assembramenti negli ambienti scolastici gli insegnanti, come tutti gli altri cittadini, spesso restano a casa e realizzano la didattica a distanza utilizzando gli apparati privati, quasi sempre attraverso i propri smartphone e, per gestire il peso dei file digitali, sono costretti a implementare nuovi gigabyte. Ovviamente, a loro spese. Va anche detto che difficilmente nelle scuole sono stati attivati corsi di formazione dedicati alla didattica a distanza. Solo sull’utilizzo del registro elettronico e ausilio della tecnologia multimediale.
Certamente la didattica a distanza concorre a garantire il diritto all’apprendimento degli studenti e potrà rendere più agevole la validità dell’anno scolastico. Ma come si può fare a validare la didattica a distanza e a validarne gli apprendimenti?
Innanzitutto si pone il problema degli studenti che non riescono a ricevere e fruire dei materiali inviati dai docenti. È il caso dei tanti studenti che appartengono a famiglie indigenti, spesso straniere, che non posseggono computer, né tantomeno connessioni alla rete web.
Un problema che merita una riflessione e di essere affrontato con ulteriori strumenti normativi è la valutazione degli studenti. Verranno fatte valutazioni online, utilizzando piattaforme e strumenti tecnologici sicuri e certificati? Quando sono attendibili queste valutazioni? Che cosa accadrà al ritorno in classe? Gli alunni saranno sottoposti a batterie di prove di verifica per accertarne gli apprendimenti? Che cosa sarà degli studenti che non hanno risposto alle indicazioni dei loro docenti, che non si sono presentati alle lezioni interattive, che non hanno prodotto le ricerche e svolto le verifiche richieste? Gli studenti che non hanno effettuato in modo sufficiente i compiti assegnati potranno vedersi assegnato un voto negativo, magari dopo non avere appreso la lezione online perché in quel momento c’è stato un blackout alla connessione internet? E gli alunni con bisogni educativi speciali?
Il Dpcm prescrive la didattica a distanza “avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità”. Che si fa? Dario Ianes ha indicato alcune strategie per fare in modo che anche gli alunni con disabilità partecipino alla scuola “digitale”: assistenti a domicilio, piccoli nuclei di studio, ponte con le famiglie, materiale personalizzato e feedback continui. Ma lancia un allarme: “la didattica a distanza aumenta le diseguaglianze. Va bene per tamponare un’emergenza, ma la scuola non è solo apprendimento, è soprattutto relazione. E l’inclusione degli studenti disabili, soprattutto, ha bisogno di questa relazione”. E continua: “è bene ricordare che la scuola non è solo addestramento apprenditivo; se devo solo imparare nozioni, mi basta accendere il computer e studiare il materiale messo a disposizione dall’insegnante. I quiz per la patente posso farli anche a casa, ma per imparare a guidare devo andare in macchina, con l’istruttore accanto e il traffico vero intorno a me. La vera competenza si costruisce solo nei contesti reali”.
Le riflessioni di Ianes, a mio avviso, rappresentano un riferimento importante e spero che possano attraversare compiutamente la comunità scolastica. Sono convinto che la scuola della Repubblica debba essere prioritariamente inclusiva. Apprendimento e partecipazione sono “un binomio inscindibile come la doppia elica del Dna”. La partecipazione può realizzarsi solo a scuola in un contesto di apprendimento privilegiato e cooperativo tra pari. La didattica a distanza può essere una soluzione eccezionale e temporanea. La scuola è molto più di questo.
Mi auguro che al più presto l’emergenza sanitaria sia superata e si possa tornare alla normalità delle relazioni sociali e che la scuola ritorni a essere luogo di incontro, di relazione e di costruzione viva del sapere.