Il Liceo “Ernesto Pascal” è una scuola impostata sul metodo Dada (didattica per ambienti di apprendimento) per cui è del tutto naturale che siano i nostri studenti a muoversi e a vivere spazi e contesto con una maturità di azione sempre maggiore, man mano che crescono. Li vedo percorrere i corridoi di questa grande scuola che ospita 1.382 studenti, con un ordine e un’allegria che ha sempre qualcosa di sorprendente. Scherzosamente, al cambio dell’ora, diciamo che parte il “Facite ammujna”. Nella descrizione del falso storico contenuto nel Regolamento della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, il presunto comando recitava più o meno così “All’ordine Facite Ammujna tutti chilli che stanno a prora vann’a poppa e chilli che stann a poppa vanno a prora… chi nun tene niente a ffà, s’aremeni a ‘cca e a ‘ll’à”.  Si racconta che, miracolosamente, accadeva tutti fossero ai propri posti al momento opportuno, così stupisce il fatto che i ragazzi, se si affida loro una responsabilità, svoltano sempre nel verso giusto, aiutati dai grandi, e sempre con maggiore precisione. Metaforicamente la sfida dell’orientamento rinnovato in senso formativo coincide, per noi, con il facite ammujna. Per più variabili. Coincide, cioè, con il passaggio da una modalità informativa – cosa farò da grande – ad una, appunto, formativa – cosa farò di grande. Siamo partiti dagli strumenti, per capirne la reale utilità e sfuggire alla logica dell’adempimento.



Lo strumento più significativo nella dialettica del “cosa farò di grande” è l’e-Portfolio, che accompagna gli studenti (ma anche le loro famiglie) consentendo loro uno sguardo complessivo sul proprio percorso di studio ma anche personale, così ciascuno può focalizzare le competenze via via sviluppate, i punti di forza e debolezza e compiere scelte consapevoli. L’e-Portfolio ha la funzione di permettere allo studente di avere uno sguardo d’insieme sulle attività svolte nel corso degli anni in ambito scolastico (tra cui i PCTO e i progetti di ampliamento dell’offerta formativa) ed extrascolastico ma, specialmente, su come (e se) esse abbiano contribuito allo sviluppo delle proprie competenze.



A guardare lontano si tratta di una forma di auto-valutazione anche per la scuola e per le sue progettualità formative, nell’intento di non tirar fuori il ragazzo dalla propria aula ma di rendere il lavoro collettivo della classe sempre più coinvolgente. Di risolvere la dicotomia tra ciò che è interessante per la persona e ciò che si deve fare per il curricolo. Infatti, una specifica parte dell’e-Portfolio è dedicata all’espressione, da parte dello studente, delle proprie riflessioni sul percorso svolto e sulle prospettive future, effettuata tenendo conto di quanto riportato nelle altre parti. Questo percorso di auto-riflessione guidata, con il supporto del proprio tutor, sfocia nella creazione di un prodotto che egli ritiene particolarmente rappresentativo dei progressi e delle competenze acquisite, motivando criticamente il perché lo ritenga il proprio “capolavoro”.



Ci è sembrato questo un vero punto di svolta – nel linguaggio e nel percorso – per evitare una logica di frammentazione a cui la stessa scuola è sottoposta da una miriade di sollecitazioni formative cui è chiamata a rispondere in ossequio al suo compito educativo che, ormai, ha sempre più il vestito di baluardo all’emergenza sociale in cui siamo immersi.

Per questo mi incanto guardando questi “capolavori” su due gambe che popolano ogni momento delle mie lunghe giornate, mentre si muovono dentro scuola. E al di là della suggestione metaforica, appare evidente che siamo sempre più a un bivio vocazionale: lavorare perché siano capolavori o produrre capolavori. Il piano di orientamento su cui abbiamo a lungo lavorato in fase progettuale (ora siamo in piena realizzazione) consiste in una vera operazione culturale e non solo metodologica e neppure psicologica. Sullo sfondo emerge l’urgenza di fissare le competenze per la vita. Siamo partiti dal bisogno di affrontare un contesto educativo e culturale in cui siamo immersi insieme ai nostri ragazzi, caratterizzato dal cambio di paradigma che qualifica il modello di economia e di società contemporanea.

Insomma, se si vuole davvero costruire un rinnovato sistema di orientamento (cosa farò di grande) e non meramente fondato su opzioni e informazioni che riguardano i nostri ragazzi dopo il tempo della scuola (cosa farò da grande) occorre ingaggiare gli insegnanti e i genitori, le agenzie del territorio, i testimoni dell’impegno e della cultura di un contesto polisemico, in interventi formativi non episodici. In questa prospettiva ha senso il protagonismo dello studente, chiamato, in prima persona a contribuire, con idee e impegno reale, a una progettualità integrata, coerente e condivisa, che è parte sostanziale del successo formativo di tutti e di ciascuno. Sarà per questo che canticchiano in continuazione il ritornello di Viceversa (Gabbani), la canzone che abbiamo scelto come colonna sonora di questo anno scolastico, mentre cambiano aula?

”Se dovessimo spiegare in pochissime parole il complesso meccanismo che governa l’armonia del nostro amore, basterebbe solamente dire … anime purissime in sporchissimi difetti, fragili combinazioni tra ragione ed emozioni, solitudini e condivisioni…”. Unici, speciali.

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