In un precedente intervento avevamo sottolineato come il presidente del Veneto si fosse distinto dichiarando di aver già predisposto un elenco di interventi, quasi 25 miliardi, da attuarsi nell’ambito del Recovery fund. Non vi è dubbio che la dichiarazione volesse rispolverare la questione dell’autonomia e del federalismo. Avevamo, altresì, sottolineato come il Mezzogiorno fosse stato alla finestra. Ne è la prova l’assenza di un feedback di quale fosse stato l’esito del  tavolo di confronto promosso a ottobre 2020 da De Luca con gli altri presidenti di Regione del Meridione. Si potrebbe sostenere, dunque, che l’attivismo mostrato dai Presidenti di Regione abbia garantito loro la rielezione a ottobre 2020. Dopo c’è stato un inabissamento per quasi tutto il 2021. Nessuno di loro, come argomentato da Ernesto Galli della Loggia, ha mai fatto il salto a leader nazionale, anzi qualcuno si è ritirato a fare il Presidente di Regione. Oggi ci troviamo a registrare l’ennesimo flop nel rapporto Pnrr e Sud acclarato dalla mancanza di progetti per la riqualificazione urbana con conseguenza che il Mezzogiorno perderà un miliardo. Il ministro Giovannini nel confermare ammette che il “rischio esiste, alla fine del 2022 faremo i conti delle somme non spese e le rimoduleremo”.



Il Sud spesso si caratterizza per la mancanza di progetti. Nei giorni scorsi è stata più volte rilanciata la notizia che un affresco trafugato a Ercolano nel 1995 verrà restituito all’Italia. Il sindaco di Ercolano si è affrettato a rivendicarlo senza chiarire cosa ne voglia fare per cui è facile ipotizzare che andrà in qualche scantinato.



È sempre più chiaro, dunque, che il Pnrr non riverserà i benefici auspicati e ciò è colpa del pessimo stato della macchina burocratica del Sud dopo decenni di tagli al personale e assunzioni clientelari. È inevitabile osservare che le differenze tra Nord e Sud sono espressi anche da una diversa concezione dell’economia. Il Nord è più orientato al mercato dimostrato dalla maggiore diffusione di aziende, mentre il Sud si ferma ad autoincensare una macchina burocratica figlia dell’assistenzialismo che ha poco a che fare con l’economia di mercato. Il Sud deve interrogarsi sul perché cresce la macchina burocratica e di pari passo cresce l’inefficienza della stessa mentre non cresce, anzi è soffocata dalla burocrazia, la diffusione del tessuto aziendale. È incontestabile che la burocrazia meridionale sia incapace di assecondare lo sviluppo rimanendo legata ai no senza ragione che non implicano alcuna assunzione di responsabilità. Ad aprile 2021, l’economista Lucrezia Reichlin ebbe modo di usare parole critiche verso le “Zone economiche speciali”. Avemmo modo di sottolineare come la normativa delle Zes andasse rivista in profondità se le si vuol fare “ripartire” e come dovesse essere necessario integrare la loro riforma allargandola al riordino delle Aree di sviluppo industriale in quanto centri di potere e, dunque, ostacolo per le aziende. I richiami sono caduti nel vuoto.



La recrudescenza della pandemia di questi giorni ha ridato vigore all’attivismo dei Presidenti di Regione. Il Presidente De Luca ancora una volta ha voluto anticipare tutti chiudendo le scuole. Se la sua azione si fosse fermata qui avrebbe trovato consensi avendo fatto leva sulla salute dei ragazzi rendendo difficile argomentare come la crescita dei contagi sia avvenuta durante la chiusura delle scuole, durante il periodo in cui ha adottato provvedimenti di limitazione della movida, ecc. Cosa c’è dietro l’attivismo del Presidente De Luca? Vuole essere protagonista in prima persona o vuole porsi alla testa di un nuovo meridionalismo?

Al momento può solo osservarsi che la sua azione sta creando un vivace dibattito. Tutti parlano della chiusura delle scuole e pochi sottolineano che in Campania in questi giorni è stata adottata una seconda ordinanza con la quale sono stati rinviati (annullati) gli interventi sanitari non urgenti. Quest’ultimo intervento non è banale perché agisce anch’esso sul diritto alla salute dei campani. Il rinvio avviene dopo che nel secondo semestre del 2021 i campani hanno pagato da soli le cure essendo andati esauriti i tetti dell’assistenza sanitaria. Per cui avremo che nel 2021 molti non si sono curati per “ragioni” economiche e ora continueranno a non potersi curare perché tutto il sistema sanitario campano sta diventando Covid oriented. In sostanza dedicando altri posti letto e terapie intensive alla lotta al Covid sottraendoli ad altre destinazioni si riducono gli indici di occupazione. Nessun intervento strutturale in due anni è stato fatto moti ospedali sono stati abbandonati e nessun rendiconto è stato fornito per dimostrare come siano state utilizzate le risorse arrivate.

In linea di principio come padre di adolescente sono combattuto sul tema delle chiusure delle scuole. Il contrasto interiore si divide tra la preoccupazione per la salute dei ragazzi e la preoccupazione per la loro formazione. Dopo De Luca anche altri presidenti di regione spingono perché sia il CTS a pronunciarsi mentre sono propositivi a “imporre” un protocollo unico alle ASL affinché il calcio non si fermi. Poi è il turno dei presidi e dei sindacati che chiedono la chiusura delle scuole. D’accordo chiudiamo le scuole, ma perché nessuno propone che sia prolungato l’anno scolastico in modo che i giorni persi ora possano essere recuperati tra giugno e agosto?

Il filosofo Galimberti qualche giorno fa ha dichiarato che dal suo osservatorio trova conferma che i ragazzi sono disposti anche ripetere l’anno pur di non perdere una chance. La scelta di lasciare aperte le scuole da giugno ad agosto non comporterebbe costi in quanto le scuole “rimangono” comunque aperte e la scelta sarebbe in linea con un senso di unità nazionale.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI