Ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando, il 28 novembre 2007, si tenne un importante incontro politico al ministero della Pubblica Istruzione tra Mariangela Bastico, vice dell’allora ministro Giuseppe Fioroni, del secondo Governo Prodi, con le organizzazioni di categoria e confederali sulla riorganizzazione degli Ifts-Its-Pon. Il 17 dicembre 2008 furono poi emanate le prime osservazioni inerenti agli allora Atti regolamentari del ministero dell’Istruzione, che configurarono l’istituto dell’Istruzione tecnica superiore (Its), a cui oggi corrispondono atti di approvazione legislativa, quindi di rango primario, proposti dal ministro dell’Istruzione e dal Consiglio dei ministri, col disegno di legge di approvazione al Senato, dopo la Camera, dal titolo “Ridefinizione della missione e dell’organizzazione del sistema di Istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” e la Documentazione della Camera. Un disegno di legge che tra pochissimo tornerà alla Camera per modificazioni migliorative concordate da tutti i gruppi parlamentari e i sindacati.
La sostituzione della natura degli atti è significativa, e non è poco, per interpretare la forza che di per sé è riservata a questo strumento: rigenerato e ricostruito, in maniera ponderata e che può esprimersi bene nel ruolo che occuperà nella produzione dei processi di apprendimento e nella capacità di creare vere e proprie riforme educative.
Ma alla Camera, il 20 luglio 2021, veniva proposto, e approvato quasi all’unanimità, da parte del Gruppo misto, “L’alternativa”, un testo unificato delle iniziali proposte di legge nn. 544-2387-2692-2868-2946-3014-A. Quindi, già un grande sforzo operato dal Governo, con in testa il premier Draghi, che nella presentazione del Pnrr ha individuato l’Its rinnovato (Academy) come la soluzione di gravi problemi riguardanti i giovani e la formazione permanente e ricorrente. Quindi Governo e Parlamento, saldi nell’azione assieme alle imprese e ai sindacati dei lavoratori, operano affinché questo strumento possa avere ricadute ampie e determinanti per il Paese.
Pur tuttavia, proprio per calibrare ciò che è avvenuto nel corso del tempo, riandando a considerare retrospettivamente il “riordino regolamentare del 2008 dell’istruzione e formazione tecnica superiore”, seguendo il sindacato Flc-Cgil e considerando il preambolo alle sue critiche, si trattava originariamente di un progetto di ampio respiro che prevedeva: grandi progetti di innovazione industriale in ben precise aree tecnologiche considerate strategiche per lo sviluppo dell’Italia; incentivi alle imprese che investivano in tali aree tecnologiche; politiche formative connesse finalizzate ad assicurare, con continuità, l’offerta di tecnici superiori a livello post-secondario in relazione alle aree tecnologiche; un governo nazionale delle politiche di sviluppo industriale e tecnologico che, riguardo agli Its, significava avere come soggetto pubblico di riferimento una scuola secondaria di II grado con indirizzi tecnici o professionali; la partecipazione diretta delle Università, degli Enti di Ricerca e delle strutture formative accreditate dalla Regione per l’alta formazione; un forte coinvolgimento delle parti sociali che significava la costruzione di luoghi di confronto vero e la valorizzazione anche nei contratti collettivi nazionali delle figure di tecnico superiore.
Per converso, in sintonia con la lente del sindacato, sono emersi, via via nel tempo, anche difetti, negatività e fallimenti in capo al periodo che si pone a confronto, ma che, a mio avviso, anche senza usare quella lente ci sono, ma non sono imputabili tanto a ciò di cui si discute, cioè al fallimento della rete degli Its, bensì allo sfondo economico di quel periodo e ai malfunzionanti meccanismi a cui si agganciavano i diversi mondi produttivi, che non brillavano in efficienza e, quindi, non erano abbastanza saldi nel finanziare i processi di formazione (del tipo: Sono l’impresa che ti formo e ti assumo).
Andando poi a zoomare gli Its come “settore” e come “sistema”, si trattava comunque di piccole e non certo numerose realtà, concentrate al Nord-Centro. Mi chiedo allora: perché tacere della circostanza che il succedersi nel tempo di numerosi Governi ha raramente mantenuto la formula ministeriale unica per l’area comprendente tutti i processi educativi, come, invece, nel caso del secondo governo Prodi, che ha dato sì i primi natali alla riforma, ma con risultati deboli, come si è detto, da un lato per la sua base giuridico-istituzionale (consegnata a governi che prevedevano due ministeri a gestire i processi educativi) e, dall’altro, per un contesto economico allora affatto favorevole.
A prescindere da quest’ultima osservazione, il sindacato con molta nitidezza ha però interpretato la realtà dei fenomeni e le loro connotazioni che andava vivendo: a partire dal sostanziale fallimento di quella politica (deludente realizzazione dei progetti nazionali, incentivi dati a pioggia attraverso lo strumento piuttosto arcaico del clic day, forte regionalizzazione delle politiche di sviluppo industriale e tecnologico) si è sviluppato il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore di questi anni, i cui percorsi formativi, al di là delle roboanti dichiarazioni di tanti politici, continuano ad essere residuali.
All’interno di questo contesto, l’esperienza dei molto poco numerosi Its ha sviluppato ulteriori processi ancora oggi di portata negativa: autoreferenzialità delle Regioni nella programmazione; autoreferenzialità delle Fondazioni legate ad imprese importanti e a territori con un sistema produttivo forte; proliferazione di Fondazioni; nessuna definizione dei livelli di qualificazione nazionale del personale impegnato nelle attività degli Its; nessun contratto di riferimento per coloro che lavorano negli Its; coinvolgimento sempre più limitato o di facciata delle organizzazioni sindacali; strapotere delle imprese; forte riduzione del ruolo dell’istituto scolastico di riferimento; forte accentramento dei poteri all’interno della governance degli Its con l’istituzione di figure monocratiche quali il direttore/segretario generale.
Ancora prima della riunione del 21 luglio 2021 la Flc Cgil torna a chiedere l’apertura di un reale confronto con il ministero dell’Istruzione e con il Parlamento, affinché vi sia un profondo cambio di rotta sulla formazione tecnica superiore, orientata verso il rafforzamento della dimensione nazionale e della governance pubblica, strettamente connessa con le politiche di ricerca, sviluppo e innovazione del Paese. In tale contesto il sindacato è stato attivo a contribuire con idee e proposte.
Speriamo che gli Its nascano ed entrino in funzione massicciamente, riescano ad attirare numerose scelte da parte degli studenti e possano provocare celermente gli effetti positivi, in maniera da non più accentuare, bensì per quanto possibile equilibrare la crescita dell’occupazione nelle aree del Paese che vanno a diversa velocità, a partire dall’Unità d’Italia, nonostante tutti i freni posti nel tempo per cercare di evitare gli squilibri eccessivi. Bisogna ridurre velocemente il primato italiano in Europa e nell’Ocse sul numero di giovani senza istruzione e senza lavoro (Neet).
È troppo tardi, viste le incongruenze, trascinatesi soprattutto nell’ultimo decennio, della nostra piramide della popolazione, con previsioni perniciose sugli squilibri finanziari del nostro Paese, aggravate dalle conseguenze della pandemia. I giovani “lascino la casa” e si assicurino le istruzioni e il lavoro, così come è auspicabile che venga intaccato anche l’altro primato negativo dell’Italia, riguardante la platea ampia dei disoccupati.
La nascita degli Its va assicurata senza che sia stravolta dal turbinio dei “ritocchi” del Pnrr, legati alla necessità di difendersi dall’inflazione, scatenata dall’aumento dei prezzi di petrolio e gas e dalla penuria delle materie prime.
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