Qualcuno mi ha chiesto una volta a cosa non rinuncerei tra le tante attività che svolgo in classe con i miei alunni di scuola primaria. Non ho avuto alcuna esitazione a rispondere: la lettura integrale di un libro bello. Nella scuola dove lavoro non l’abbiamo interrotta nemmeno nel periodo di lockdown, durante la discussa eppur provvidenziale Dad. È un momento speciale, un appuntamento settimanale atteso e desiderato dai bambini, anche se richiede la loro attenzione e il loro impegno.



Di conferme ne ho avute tante. Quella che più mi è rimasta impressa riguarda una classe quinta dove stavamo leggendo la Divina Commedia Pocket. L’ora successiva era quella di educazione motoria e quando il maestro bussava alla porta, tutti mettevano via i quaderni per avviarsi velocemente in palestra, com’è giusto che sia. Una volta però, eravamo al sesto o settimo capitolo, quando il maestro ha bussato si è alzato un coro di: “Nooo…”. Dante preferito a ginnastica, e da bambini di 10 anni! Occorre capire perché.



È da quindici anni ormai che, con le colleghe, scegliamo un testo da leggere in classe durante l’anno. Lo stesso libro per classi parallele, così da poter condividere l’ipotesi di lavoro all’inizio e in itinere. Alcuni titoli: Pinocchio, le Fiabe di Andersen, Il leone la strega e l’armadio, Il mago di Oz, l’Odissea, Magellano, La Divina Commedia Pocket …. E tanti altri. Preferiamo i cosiddetti “classici”, quelle storie che raccontano l’Avventura con la A maiuscola, il viaggio della vita alla scoperta del perché vale la pena.

Quest’anno ad esempio nelle classi prime si legge Emil, nelle seconde La regina delle nevi, nelle terze Pinocchio, nelle quarte L’epopea di Gilgamesh e nelle quinte La Divina Commedia Pocket. Non è una lettura relegata alla fine di un’ora di lezione, per intrattenere, perché si sa, ai bambini piace ascoltare le storie. No. È un tempo stabilito settimanalmente, in cui non solo si ascolta, si disegna, si impara a conoscere le parole nuove, ma soprattutto ci si immedesima con il protagonista, si prova a paragonarsi con ciò che vive e si dialoga scambiandosi riflessioni, pensieri, domande.



La maestra a volte lancia delle domande. Ad esempio a una classe seconda la maestra che legge Pinocchio chiede: “Se voi foste quel pezzo di legno, con chi vorreste andare, con Geppetto o Mastro Ciliegia? Perché?”. La maggior parte ha risposto: “Con Geppetto! È molto più bello fare il burattino, girare il mondo … Vorrei fare cose belle, che triste diventare la gamba di un tavolo!”. La maestra sintetizza: “È proprio vero bambini, tutti noi siamo fatti per cose belle e grandi!”. La maestra poi: “È sempre sorprendente come le osservazioni dei bambini superino quello che avevo pensato io. In quel momento scopro anche io qualcosa di nuovo per me”.

Forse il segreto sta proprio qui: la maestra in quel momento è in attesa di scoprire qualcosa insieme ai suoi alunni, anche quelli di classe prima. Un’altra maestra dice: “In quell’ora tutti alzano la mano per intervenire. Non c’è la preoccupazione della performance. Ognuno ha qualcosa da dire ed è curioso di ciò che diranno i compagni e alla fine la maestra”.

Sì, perché la sintesi finale della maestra, che parte dalle parole dei bambini, fa sentire la stima che lei ha nei loro confronti, la stima del loro pensiero che arricchisce tutti, anche lei stessa. Così la comprensione del testo, oggetto di grande preoccupazione visti i risultati Invalsi, avviene in modo attivo. Sono i bambini stessi che hanno l’esigenza di andare alla ricerca del significato profondo di ciò che si legge. “Perché Gilgamesh cerca il segreto della vita? Tanto il suo amico è morto, non può farlo rivivere” chiede una bambina. L’insegnante rilancia alla classe, quarta primaria: “Voi cosa dite?”. Un compagno risponde: “Perché la sua vita non aveva più senso, aveva perso il gusto di vivere ed era molto triste. Cercava quello!”. Il dialogo è continuato e sono emerse le loro esperienze di tristezza, da chi cercano aiuto, come ne vengono fuori.

C’è una grande ricchezza che emerge dai dialoghi e che non va perduta. Ciascuno infatti ha un quaderno dove si scrivono brevi riassunti dei capitoli, competenza importante per la lingua italiana e lo studio, dove si illustrano le scene più significative con tecniche pittoriche diverse e dove le riflessioni personali e le sintesi vengono registrate.

A seconda del testo scelto vengono coinvolte altre discipline. Penso alla geografia con Magellano o l’Odissea, oppure la storia con Gilgamesh. Ma soprattutto questa proposta di lavoro offre la possibilità di educare ad un uso consapevole del linguaggio, competenza trasversale ad ogni disciplina e alla costruzione del pensiero critico che deve, e può, iniziare fin da piccoli.

Ecco, si potrebbe continuare, per documentare che ciò che accade attraverso la lettura di un libro “bello”, quando l’adulto si mette in gioco nel suscitare domande e riflessioni piuttosto che dare spiegazioni, è l’accendersi dell’interesse per la scoperta. Accompagnare i bambini ad usare il loro pensiero per affrontare la conoscenza della realtà chiede a noi adulti la disponibilità a lasciarci interpellare da ciò che accade. Non c’è dubbio: è un’esperienza irrinunciabile.

Per info: librofondativo.blog

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