“Per educare un figlio ci vuole un villaggio!” Con questo proverbio africano Papa Francesco ha chiuso l’incontro del 10 maggio 2014 rivolto al mondo della scuola e, con un incontro che riproponeva la medesima saggezza, il Meeting di Rimini ha concluso la sua 45esima edizione presentando due ospiti di eccezione, Sister Zeph, vincitrice del premio miglior insegnante al mondo nel 2023 e Rose Busingye, responsabile del Meeting Point di Kampala, due donne che hanno fatto dell’educazione una missione di vita.
Anche in Arena Cdo si è voluto dedicare spazio ai temi educativi: Cdo Opere Educative-FOE, l’Associazione Culturale Rischio Educativo, Diesse e Disal insieme a Famiglie per l’accoglienza hanno proposto un incontro con a tema Patti educativi e alleanze: la famiglia vive la scuola.
Sono intervenuti Silvio Cattarina, fondatore di Centri e Comunità di accoglienza dove accoglie storie di dolore legate alle dipendenze, luoghi guardati oggi come modelli di interesse per i risultati inattesi e traboccanti di nuova speranza, Maria Paola Iaquinta e Angelo Lucio Rossi, due dirigenti scolastici di scuole statali, la prima a Catania, in un quartiere “ghetto” dove la criminalità coinvolge molti ragazzi già nei primi anni scolari e dove il tasso di dispersione scolastica è tra i più elevati, e il secondo che opera a Milano nel quartiere periferico di Quarto Oggiaro. Infine Rossano Santuari, vicepresidente di Famiglie per l’Accoglienza, che ha raccontato come scuola e famiglia, se alleati nell’educazione dei ragazzi, possono promuovere un “patto”, termine che riprendendo l’etimologia di pax, pacis, indica il desiderio di collaborare nel tentativo di trovare un allineamento che guarda al fine di uno scopo comune.
Constatando la complessità delle società contemporanee, attraversata da continui cambiamenti e molteplici crisi che hanno generato trasformazioni non solo culturali ma anche antropologiche, si sente, sempre più, la necessità di una nuova narrazione.
Tanti luoghi che nel passato hanno svolto un ruolo educativo non esistono quasi più, la famiglia è lasciata sempre più sola nel suo primario compito educativo, la società della performance implode, i ragazzi, già dai primi anni di vita, sono affascinati dall’iperconnessione e dalla cultura del tutto-subito e a buon mercato, disagio e fragilità sembrano contraddistinguere le nuove generazioni.
“Il vero problema non sono le fragilità, ma saper vivere. (…), i più poveri sono i genitori, gli insegnanti e i dirigenti scolastici, spesso anche genitori”, che avendo a cuore i propri ragazzi sono soli nel trasmettere il valore della vita e del bene, così Silvio Cattarina ha introdotto il suo contributo al dibattito. “Non sapere più da dove si viene e dove si va, non sapere qual è la propria casa, non sapere cosa sia il bene, questo è il vero dolore di oggi (…). I genitori vivono l’incapacità di educare come un giudizio di condanna, si sentono squalificati nel loro compito primario e ammettere questo dolore non è facile, per questo attaccano, minacciano…”.
Se trovano invece ambiti, scuole in particolare, come testimoniava Rossano Santuari dove, “mettendo al centro il ragazzo e il suo bisogno, si condivide, si vive un confronto e anche una correzione reciproca, questo genera alleanze così genitori e insegnanti non si sentono più inciampo l’uno per l’altro”.
Accettare questa povertà comune è il primo passo di un cambiamento e le scuole diventano luoghi in cui riallacciare il patto educativo: rimettersi insieme per poter comunicare che l’attesa che si dibatte nel cuore dell’uomo, la promessa che rende inquieti, l’attesa di un bene che sembra impossibile non è un inganno. Si può ricominciare ad avere speranza, ma questa speranza deve poter essere incontrata. Allora sboccia la fantasia, la creatività: chiedere agli studenti di venire accompagnati dai propri genitori non è più una minaccia quando ad attenderli è una gita scolastica insieme per conoscere le bellezze mai viste del proprio territorio, organizzare per le famiglie caffè letterari, cineforum per riflettere su temi significativi fa nascere nei genitori il desiderio, proprio in quel cantiere “sgarrupato” di Catania, di chiedere una scuola media per i propri figli, in controtendenza con la dispersione che imperversa.
O ancora, vedere la nascita di un’associazione di genitori che diventa protagonista nella proposta dell’offerta formativa della scuola manifestando un profondo interesse per la scuola dei propri figli, genera nei figli che li guardano un nuovo impeto di impegno e di speranza; adottare un patto con gli anziani, con contratti a costo zero, reclutandoli a collaborare alla vita della scuola, offre loro l’occasione di restituire quello che hanno ricevuto nella vita, come esperienza e competenza, come sta accadendo a Quarto Oggiaro, dove si sta riattualizzando il principio di sussidiarietà cogliendo con sorpresa i primi frutti.
Racconti così restituiscono al mondo della scuola la voglia di continuare a costruirla come spazio che rigenera il tessuto sociale, legami che costruiscono, relazioni significative.
L’alleanza tra tutte le componenti della persona: lo studio e la vita; tra le generazioni; tra docenti, studenti, famiglie e società civile che con coraggio rimette al centro la persona riconsegna modi nuovi di intendere la relazione con le persone e con la realtà, la cultura, l’economia, la politica, la crescita e il progresso; temi che Papa Francesco ha riproposto con il Patto educativo globale, invitando ciascuno ad essere protagonista di questa alleanza e a farsi carico di un impegno personale e comunitario.
Le scuole sono, in questo momento storico, il più formidabile luogo di aggregazione. Le famiglie sempre di più desiderano partecipare alla vita della scuola e quando le famiglie trovano spazio e possono coinvolgersi la scuola si fa meglio, cioè la scuola oltre che essere una scuola diventa luogo per il quartiere, e per il territorio.
Sono anche ambiti nei quali per ragazzi e famiglie può accadere l’incontro con un’umanità diversa e la sorpresa di un “di più” inaspettato: una diversità umana che emerge nel modo di stare davanti ai bisogni e quando questo accade e viene riconosciuto, diventa una domanda sull’origine di questa diversità.
In questo senso le scuole sono anche luoghi di missione, intesa proprio come missione cristiana. Il primo luogo di missione è là dove avviene l’educazione, fin dai livelli che riguardano i più giovani.
È veramente un compito storico quello della scuola, in un momento in cui tutto sta cambiando e in cui non solo l’umanità, ma anche la Chiesa si trova ad affrontare grosse sfide e profonde crisi.
Proprio questo rende ancora più urgente offrire luoghi come quelli delle associazioni che hanno promosso l’incontro dove far emergere esperienze positive che mostrino alleanze educative in atto e come queste alleanze possano essere un contributo significativo per accompagnare i giovani ad affrontare tutte le sfide che la contemporaneità pone.
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